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 2008  aprile 04 Venerdì calendario

Lettere. DENARO TEDESCO A BOLZANO. Corriere della Sera 4 aprile 2008 Il settimanale tedesco Der Spiegel rivela che la Germania, all’insaputa dell’Italia, ha finanziato con milioni di marchi i sudtirolesi di lingua tedesca dal 1969 al ’76, quindi anche nel periodo degli attentati separatisti in Alto Adige

Lettere. DENARO TEDESCO A BOLZANO. Corriere della Sera 4 aprile 2008 Il settimanale tedesco Der Spiegel rivela che la Germania, all’insaputa dell’Italia, ha finanziato con milioni di marchi i sudtirolesi di lingua tedesca dal 1969 al ’76, quindi anche nel periodo degli attentati separatisti in Alto Adige. Ciò quale propaggine o reviviscenza del pangermanesimo o quale tardivo risarcimento morale per la politica di Adolf Hitler. Ricordo che questi si era accordato nel 1939 con Benito Mussolini affinché i sudtirolesi interessati a restare tedeschi tornassero nel Reich (all’epoca comprendente anche l’Austria dopo l’Anschluss del 1938) oppure si rassegnassero a restare in Italia come italiani. Eppure l’Italia e la Germania erano alleati nella Nato e membri della Comunità Europea. Sorprendente, soprattutto pensando ai Cancellieri di quegli anni, Willy Brandt, Walter Scheel ed Helmut Schmidt. Lucio Di Nisio dinilu@hotmail.it Caro Di Nisio, Secondo il settimanale tedesco, i finanziamenti della Repubblica federale ammonterebbero all’equivalente di oltre dieci milioni di euro. Ma furono versati fra il 1969 e il ’76, vale a dire nella fase in cui il problema alto-altesino sembrava finalmente risolto. Le ricordo che nel novembre del 1969, dopo trattative segrete iniziate prima della metà degli anni Sessanta, i ministri degli Esteri dell’Italia e dell’Austria (Aldo Moro e Kurt Waldheim) firmarono a Copenaghen l’accordo con cui venne adottato un «pacchetto» di misure destinate a realizzare pienamente il bilinguismo della regione e l’autonomia della provincia di Bolzano. Vi furono ancora dispute interpretative e accuse al governo italiano per la lentezza con cui stava rispettando i suoi impegni. Ma il processo a Georg Klotz, Alois Larcher e Karl Ausserer, nel marzo del 1969, aveva chiuso la fase peggiore degli attentati e delle imprese terroristiche. I finanziamenti della Repubblica federale, quindi, non servirono a fomentare velleità secessioniste, ma probabilmente a rafforzare economicamente la Svp (Süditiroler Volskpartei) nel momento in cui si preparava a trarre il maggior vantaggio possibile dal pacchetto concordato con il governo italiano. Vi furono anche intenzioni politiche e qualche nostalgia per il pangermanesimo della Grande Germania? Sappiamo che Konrad Adenauer conservò in alcune branche della pubblica amministrazione un certo numero di esponenti del vecchio regime. Ma anche l’Italia, dopo la fine della guerra, adottò la stessa linea. Adenauer e De Gasperi avevano un impeccabile pedigree democratico, ma erano convinti che la continuità dello Stato e della pubblica amministrazione fossero necessari alla ricostruzione dei loro Paesi. certamente possibile, quindi, che nella psicologia di qualche alto funzionario, quando scriveva decreti di spesa per il sostegno delle attività culturali della Svp in Alto Adige, si nascondesse un segreto compiacimento nazionalista. Ed è possibile che qualcuno a Bonn provasse sentimenti di ammirazione per quei Volksdeutsche (tedeschi di stirpe) al di là del Brennero che difendevano un’isola germanica in territorio italiano. Ma non credo, salvo prova contraria, che i finanziamenti tedeschi rispondessero a una strategia anti-italiana del governo federale. Non dimentichi infine, caro Di Nisio, che la Germania non ha mai smesso di fare una politica linguistica. Anziché accettare passivamente l’egemonia dell’inglese, ha attratto studenti stranieri nelle sue università, ha difeso l’uso del tedesco nelle organizzazioni internazionali, ha costruito una buona rete di istituzioni culturali tedesche all’estero. Nella legge finanziaria del 2008 gli stanziamenti per le scuole tedesche nel mondo sono passati da 178 a 225,5 milioni di euro. Questi sforzi hanno dato complessivamente buoni risultati. Secondo un centro studi (il «Laboratoire européen d’anticipation politique - Europe 2020»), le cinque maggiori tendenze linguistiche dei prossimi anni saranno: la rinascita del francese, la fine dell’anglo- americano come lingua egemonica della modernità, l’uso crescente del russo nell’Europa centro-orientale, la crescita a livello internazionale dello spagnolo. Dell’italiano nemmeno l’ombra. Sergio Romano