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 2008  febbraio 06 Mercoledì calendario

Daniele Ricomincio da 30 «E riformo la band con cui ho iniziato». Corriere della Sera 6 febbraio 2008

Daniele Ricomincio da 30 «E riformo la band con cui ho iniziato». Corriere della Sera 6 febbraio 2008. ROMA – Due foto. Con gli stessi personaggi e un mucchio di tempo trascorso tra il primo e il secondo scatto. «E io sono l’unico ad avere i capelli bianchi», sorride Pino Daniele dopo essere riuscito finalmente a «sottrarsi» ai flash. «Il fatto è che a me non va di fare la star», spiega Pino mentre afferra la sua chitarra e si avvia verso l’uscita dello studio fotografico. Pose, obbiettivi, luci, effetti speciali: niente di più distante dal «mascalzone latino». Ma questa volta il gioco vale la candela perché il messaggio alla gente deve arrivare forte e chiaro: Pino Daniele torna a suonare con quel gruppo che nel lontano 1981 radunò in piazza del Plebiscito, a Napoli, circa duecentomila persone. Succederà a luglio, allo stadio San Paolo, con il concerto «Vai mo’ 2008» (dopo il 10 febbraio sarà attivo un omonimo sito internet). Ma non è tutto qui: insieme con Tullio De Piscopo, Tony Esposito, James Senese, Rino Zurzolo e Joe Amoruso, l’«uomo in blues» è tornato in sala per registrare tre cd con il meglio della sua storia musicale: da «Terra mia» a «Che Dio ti benedica», da «Napule è» a «Yes I know my way», da «’Na tazzulella ’e cafè» a «’O scarrafone». L’album (nei negozi a maggio, ma anticipato da un singolo in radio da aprile) conterrà quattro inediti (anche in napoletano) e inoltre vedrà la collaborazione di Al Di Meola e Chiara Civello. Titolo del cofanetto? «"Ricomincio da 30"». Chiaro riferimento a... «Massimo Troisi. Quest’anno festeggio trent’anni di carriera e voglio dedicarli al mio amico». Scusi, ma quando cantava «Je so’ pazzo» era una sorta di outing? «Perché?». Ma come, per anni ha detto che la stagione del «neapolitan power» era finita, che non avrebbe avuto più senso tornare con il vecchio gruppo (colpa anche di attriti e dissapori), che non aveva più voglia di comporre in napoletano... E adesso? «Allora sì, so’ pazzo». Meno sinteticamente? «Mi piace l’idea di fare qualcosa di positivo, di rimescolare un po’ le carte, di ripercorrere la mia storia e dimostrare che si possono mettere in piedi eventi che non hanno nulla a che vedere con il marketing». Però sarà difficile tenere alla larga l’effetto nostalgia. «Se qualcuno sentirà questo sentimento, libero di provarlo. A me quest’operazione serve a ben altro». Si può dire? «Certo. Innanzi tutto a darmi la forza di non abbassare mai la guardia. E poi ho una gran voglia di lasciare ai miei figli, soprattutto ai tre più piccoli, qualcosa di importante». Già, perché loro non hanno l’età per ricordarsi del papà che riempiva piazza del Plebiscito con il suo supergruppo. E vivendo a Roma, sanno poco anche di Napoli... «Ecco, tra un po’ arriva la domanda sulla monnezza». Impossibile non fargliela: lei è napoletano e già trent’anni fa cantava «Napule è ’na carta sporca e nisciuno se ne importa». «Aver composto quella canzone non è mica un vanto. Sarebbe stato più bello scrivere "Napule è ’na carta dorata..."». Resta il fatto che la città è sull’orlo del collasso. «Ma io che posso fare! Sono solo un musicista. Se qualcuno mi dicesse: "Pino, se vai a suonare gratis in piazza del Plebiscito per una settimana di seguito risolviamo il problema", non ci penserei su due volte e mi precipiterei a Napoli».  vero, lei può fare ben poco per il disastro dell’immondizia, però altri avrebbero potuto evitare questo scempio. «Alt, non incominciamo con la storia che la colpa è di Bassolino o della Iervolino ». Allora di chi è? «Io so solo che i commissari che si sono avvicendati sono stati nominati sia da Berlusconi che da Prodi. E poi in questa vicenda non va dimenticato un particolare importante: le persone che protestavano per la realizzazione degli inceneritori sono le stesse che oggi si vedono in tv che si oppongono alla riapertura delle discariche. Basta fare due conti...». Qual è la cosa che più detesta di Napoli? «La scarsa volontà dei napoletani di aiutarsi tra di loro e l’incapacità di ribellarsi in modo costruttivo allo stato delle cose: non ho mai amato gli arruffapopoli o quelli che danno la colpa al destino». Se la sente di dare un giudizio sul governo che è andato a casa? «Il fatto è che non mi riconosco più in questa sinistra». Che fa, sterza a destra? «Questo è impossibile, perché le mie radici non le abbandono. Di certo non mi sento un comunista. Mi definirei un socialista che non guarda più ai partiti ma alle persone». E in questo momento chi le piace? «Bobo Craxi. Ogni tanto ci vediamo, è un grande intenditore di musica. Lo vedrei bene come ministro della cultura». Torniamo al suo mestiere: cos’è che le ha fatto venir voglia di tornare a scrivere in napoletano? «Il nuovo film di Alessandro Siani, La seconda volta non si scorda mai, di cui ho scritto la colonna sonora. Alessandro è bravo, e anche Elisabetta Canalis che recita con lui non sfigura». Siani le ricorda Troisi? «Purtroppo il paragone sarà la sua croce, ma lui deve guardare avanti». Perché tiene tanto alla sua fama di antipatico? Scherzando con il pubblico, lo ha ribadito anche durante un suo recente concerto al teatro Smeraldo di Milano. «Un po’ perché è il mio carattere, e un po’ perché ho sempre combattuto lo stereotipo del napoletano fanfarone e simpatico a tutti i costi». C’è un brano che non è mai presente nei suoi show, «T’aggia vede’ morta» (Ti devo vedere morta): come mai? «Il testo è di Massimo (Troisi, ndr). Ricordo perfettamente che eravamo in macchina e lui buttò giù le parole. Non riesco proprio a cantarlo, la malinconia mi strozzerebbe le parole in gola». Pasquale Elia