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 2008  febbraio 05 Martedì calendario

IL SENO UN PROBLEMA DA CANCELLARE

Grazia 5 febbraio 2008. Cécile è nata in un villaggio cristiano del Camerun, affacciato sul golfo di Guinea. Quando era ancora molto piccola la sua famiglia si è trasferita in città, a Douala. Oggi ha 28 anni e vive in Italia. sposata e mamma di una bambina. La pratica del ”repassage”, cioè dello ”stiramento” del seno, non l’ha vissuta sulla sua pelle. Ne ha avuto lo stesso, però, un’esperienza diretta. «La mia vicina di casa lo faceva a sua figlia Tine e io ho assistito diverse volte. La portava in bagno e le massaggiava il petto con una pietra calda. Per non scottarsi la teneva con un fazzoletto. Tine allora aveva 11 anni. Ricordo i suoi occhi pieni di lacrime. Ma dalla bocca non usciva un gemito: mostrare di essere forte rappresentava per lei un punto d’onore». A Cécile sfuggiva il senso dell’operazione. Chiese lumi a sua madre: «La bambina sta crescendo troppo in fretta e la mamma crede che massaggiarla in quel modo serva a farla rallentare. Così gli uomini, almeno per un po’, la lasceranno in pace». Era una misura preventiva anti stupro e anti matrimonio precoce. Per fortuna di Cécile, sua madre aveva credenze diverse. La scorsa estate Cécile è tornata a Douala, nel suo quartiere, e ha rivisto Tine, divenuta nel frattempo una ragazza madre. Ha pensato: «La misura preventiva non è bastata a tenerla lontana dai guai». Le ragazze madri, in Camerun, vengono chiamate ”tantines”, ”ziette”. Sono considerate donne di secondo piano e di ultima scelta. Spesso, per sopravvivere, sono costrette a prostituirsi. Tine, però, non sembrava così mal messa. Ammise di avere avuto momenti difficili, ma adesso, spiegò a Cécile, le cose andavano meglio: stava lavorando con altre ”tantines” a un progetto per le donne. Da un lato, cercavano di sensibilizzare le adolescenti su temi come la contraccezione e la protezione dall’Aids, dall’altro, parlavano alle madri affinché provassero a fare un po’ di educazione sessuale alle figlie e dimenticassero il repassage: quella pratica era dolorosa, lasciava spesso segni indelebili sul corpo e sull’anima ma, soprattutto, era inutile. Tine, ”ripassata” e piallata, era rimasta incinta a 14 anni. Il repassage nelle sue varianti (la fasciatura del seno, per esempio) si ritrova anche in Nigeria, Guinea Equatoriale, Ciad, ma in Camerun è particolarmente diffuso, soprattutto nel Sud cristiano. Secondo un’inchiesta realizzata dalla organizzazione umanitaria Gtz, il 36% circa delle donne di questo Paese lo subisce nel corso della vita. Nel 24% dei casi ciò avviene nell’età della pubertà (come per Tine). Ma c’è un 12% che riceve (o chiede) il trattamento dopo il parto, nella convinzione che ciò serva ad avere latte più abbondante e migliore. Le credenze tradizionali meritano, in genere, una grande considerazione. Ma non è questo il caso. Il professor Anderson Doh, chirurgo oncologo e direttore dell’Ospedale ginecologico di Yaoundé, sconsiglia vivamente la pratica. «Il seno è ricco di tessuto connettivo. Una stimolazione continua, con oggetti caldi e pesanti, soprattutto in una fase delicata come quella dello sviluppo, può causare danni seri». Può essere un fattore di rischio per il tumore. Senza contare il dolore provocato dalle scottature e dagli ascessi. C’è chi ha accostato il repassage alle più conosciute mgf (modificazioni genitali femminili: infibulazione, escissione e pratiche simili). Ma il paragone non regge. «Le mgf, discutibili e detestabili finché si vuole, rappresentano a tutti gli effetti un rito di passaggio e possono essere collocate tra le pratiche destinate alla ”costruzione sociale” del corpo, cioè agli interventi che servono a rimarcare l’appartenenza a un determinato gruppo etnico», osserva l’antropologo camerunese Flavien Ndonko. «Non a caso sono precedute da una preparazione codificata e vengono seguite da una festa a cui partecipa tutta la comunità». Il background del repassage è completamente diverso. «In alcuni villaggi rurali si usava per contrastare una malattia infantile, che si pensava collegata alla scarsa qualità del latte materno, o per correggere un’eventuale asimmetria nel seno delle ragazze, che era considerata un grave difetto estetico. Era un rimedio da esercitare con la massima riservatezza, non una tradizione. Negli ultimi cinquant’anni, man mano che la gente abbandonava la campagna e si trasferiva in città, si è trasformato in un espediente difensivo prevalentemente urbano. La vita a Douala o Yaoundé non è sicura come quella del villaggio. Il sostegno, e il controllo, esercitato dalla comunità si affievolisce fino a scomparire. Per le ragazze aumentano i pericoli. Uno sviluppo precoce rappresenta un catalizzatore del rischio. E il repassage si presenta come una soluzione a portata di mano». Torniamo alle ”ziette”. Nel 2001 l’organizzazione umanitaria Gtz ha pensato di coinvolgere le ragazze madri nella campagna contro i matrimoni precoci (diffusissimi) e le malattie sessuali. L’intuizione di partenza è stata che, per ottenere risultati in un campo così delicato, ci volevano mediatori preparati, ma vicini linguisticamente e culturalmente agli interlocutori. Le ”tantines”, debitamente formate, sarebbero state perfette. Questo significava, inoltre, dar loro un riconoscimento e un ruolo, aiutarle a ritrovare fiducia in se stesse. «Quando sono rimasta incinta, pensavo che tutto fosse perduto», racconta Myriam, una ”tantine” di 20 anni. «Per la vergogna, ma anche perché non avrei saputo come pagare, ho abbandonato la scuola. Poi ho saputo di questo progetto e ho chiesto di partecipare. Ho fatto il mio apprendistato. Mi sono sentita utile. Sono tornata a scuola». «Sono stata in televisione a parlare del progetto», aggiunge Madeleine Songo, altra ”zietta”. «Da allora i miei vicini e i miei stessi genitori hanno un’altra considerazione di me». Le ”tantines” fanno formazione e counseling. Vanno a parlare nelle scuole. Raccontano la loro esperienza. Spiegano che certi problemi si possono evitare. Nel 2005 è nato un coordinamento di ”tantines” che ha preso il nome di Renata: Réseau national des associations de tantines. Ne fanno parte più di 140 associazioni, per un totale di oltre 7.000 donne. Lo scorso anno Renata è sceso in campo contro il repassage. « ancora presto per fare un bilancio complessivo», dice Flavien Ndonko. «Ma un primo risultato lo abbiamo ottenuto. Il muro di silenzio che avvolgeva questa pratica ha incominciato a cadere. Era un muro fatto sostanzialmente di ignoranza, non di cattiveria. Ciò che vorremmo ora è che il governo mettesse fuori legge la pratica». Ed è possibile che ciò accada presto.
Miriam Touré