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 2007  marzo 14 Mercoledì calendario

SCIMONE Spiro Messina 27 aprile 1964. Regista. Attore. Commediografo. Con il dramma comico La festa è diventato il sesto italiano a entrare nel repertorio della Comédie française dopo Goldoni, Pirandello, D’Annunzio, Fo e Pasolini (prima il 13 marzo 2007 al Théâtre du Vieux Colombier, una delle tre sale occupate dalla Comédie Française, la più sperimentale, quella che, non ”costretta” a Molière e Racine come la ”Salle Richelieu”, si permette innovazioni e scoperte) • «[

SCIMONE Spiro Messina 27 aprile 1964. Regista. Attore. Commediografo. Con il dramma comico La festa è diventato il sesto italiano a entrare nel repertorio della Comédie française dopo Goldoni, Pirandello, D’Annunzio, Fo e Pasolini (prima il 13 marzo 2007 al Théâtre du Vieux Colombier, una delle tre sale occupate dalla Comédie Française, la più sperimentale, quella che, non ”costretta” a Molière e Racine come la ”Salle Richelieu”, si permette innovazioni e scoperte) • «[...] 42 anni e quindici di carriera come attore, sempre assieme a Francesco Sframeli (soprattutto nella trilogia scespiriana di Carlo Cecchi al teatro Garibaldi di Palermo): cinque pièce al suo attivo pubblicate in Italia (per la Ubulibri) e in Francia (per L’Arche), Spagna e Portogallo, Spiro Scimone è uno dei rari autori validi del nostro teatro contemporaneo. La consacrazione parigina aggiunge un tassello a una carriera internazionale già di rispetto che, attualmente, in Francia, divide con Romeo Castellucci, con Pippo Delbono e con Emma Dante. ”Quando sono entrato in sala” dice Scimone alla fine della rappresentazione, ”ho cercato di fare finta che fosse la prima volta che vedevo La festa. In parte era vero: non ho mai visto un mio lavoro recitato da altri. Quella del regista Galin Stoev è una messa in scena molto diversa dalla nostra. Anche perché nel ruolo della madre sono sempre stato io”. Il padre e la madre sono seduti quasi sul proscenio. Dietro a loro due piccole stanze con muri trasparenti: la cucina e il bagno. Il figlio è un attore di stazza XXL, bravissimo, di inquietante presenza. Va in scena la claustrofobia familiare, i discorsi da millenni sempre uguali: il cibo, i ricordi, le raccomandazioni, le ossessioni, i sogni infranti. Il rapporto malsano tra madre e figlio, quello rassegnato tra padre e madre. Un atto unico come una commedia crudele. Il pubblico ride spesso, ma un’angoscia sottile si fa strada, lentamente. Alla fine l’applauso è liberatorio. ”Sono contento della loro recitazione distaccata, contento che non abbiano fatto la parodia, la caricatura della famiglia italiana” dice Scimone (che al momento è in tournée in Italia con Bar e con la nuova pièce La busta). ”Durante lo spettacolo ho pensato alla fortuna che abbiamo avuto Sframeli e io di avere un maestro come Carlo Cecchi; ho pensato alla disastrosa situazione teatrale italiana e a noi che non siamo mai stati invitati in uno stabile, tranne che a Roma e in un paio di altre città; ho pensato ai giovani autori e agli attori che iniziano adesso, e a tutti i problemi che li attendono”» (Laura Putti, ”la Repubblica” 15/3/2007) • «[...] il sapore della parlata messinese che ha reso ”unici” testi come Nunzio interpretati dall’autore e da Francesco Sframeli, coppia beckettiana diretta da Carlo Cecchi, o La busta [...] La lingua usata [...] da Scimone è un italiano con dialoghi brevissimi, battute di poche parole, un uso musicale, quasi jazzistico, della frase. [...]» ( cla. p., ”Corriere della Sera” 14/3/2007).