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 2007  febbraio 07 Mercoledì calendario

Visto dalla sala di regia, un programma è molto diverso che in tv. Ogni telecamera è un occhio che inquadra un particolare, dietro a quei tanti sguardi c’è una mente che scompone e ricostruisce a tempo record, aggressiva o sottile, tradizionale o trasgressiva

Visto dalla sala di regia, un programma è molto diverso che in tv. Ogni telecamera è un occhio che inquadra un particolare, dietro a quei tanti sguardi c’è una mente che scompone e ricostruisce a tempo record, aggressiva o sottile, tradizionale o trasgressiva. E’ il regista che fa la fortuna del conduttore, eppure è spesso ignoto, al contrario di quanto accade al cinema. Tranne qualche eccezione. Come Paolo Beldì, cinquantenne novarese, trasformato in divo proprio dai suoi conduttori. La Ventura che nel bel mezzo di Quelli che il calcio... lo evoca: «Paolooooo». O Fabio Fazio al Festival di Sanremo che lo faceva inquadrare di continuo. Beldì nasce come comico radiofonico e il gusto per la battuta non l’ha mai perso, è sua persino «Non lo sapessi ma lo so» di Drive in. Migliaia di ore di regia alle spalle, ha lavorato con Ricci e Gino & Michele, Paolo Rossi, la Gialappa’s e Celentano. Stasera firma l’ultima puntata di Stiamo lavorando per noi con Cochi e Renato. Un programma, cito testuale, «realizzato per colpa di Paolo Beldì». Cos’è, Beldì, mette le mani avanti? «Beh, in Rai erano tutti talmente preoccupati che non funzionasse... Io invece ero fiducioso, sono due grandi, siamo tutti figli di quella comicità strampalata e surreale. Anche il tour teatrale va bene, ma questa per la Rai è un’aggravante, persino con Paolo Rossi nicchiavano ”è troppo teatrale...” e adesso chi lo schioda più dal video?» Lei sa prevedere cosa funzionerà in tv? «Una volta sì, adesso non si capisce più niente. C’è un degrado culturale imbarazzante». Ma come? Proprio ora che la Rai si propone di fare più servizio pubblico? «Io non ho mai fatto programmi impegnati, sono un regista di varietà, ma lo stile è importante soprattutto per la tv leggera: se il programma è informativo, il contenuto fa premio, nel varietà la confezione è fondamentale». Ce l’ha con qualcuno in particolare? Quest’anno tutti se la prendono con la «Buona Domenica» di Paola Perego, l’anno scorso ce l’avevano con la «Domenica in» di Mara Venier. «La Perego l’ho scoperta io a un provino e la trovo simpaticissima, mi è altrettanto simpatica la Venier. Non ce l’ho con le persone, sono certi tipi di programma che non mi vanno giù» Mi lasci indovinare... i reality? «Quelli. Imbarazzanti. Il primo Grande Fratello era un esperimento, anche Boccaccio in fondo aveva rinchiuso in una casa un pugno di giovani a raccontar storie. Ma gli altri, per carità. come per la musica, io sono nato con il rock, il liscio non lo capisco». Beh, se alza la palla sul rock la domanda è obbligata: lei è anche e soprattutto il regista di Celentano, da «Svalutation» a «Rockpolitik». «Celentano è una delle perversioni della mia vita, insieme a Totò, ai Beatles e al ragionier Fantozzi. Avrei pagato non so cosa per essere giovane in quella Milano del Santa Tecla, tra Celentano, Jannacci, Giorgio Gaber... ». Ha detto di Celentano che è «un perfetto incrocio tra una scimmia e un uomo bellissimo. Fa impazzire le donne». Anche i direttori di rete? Come ha vissuto il caso «Rockpolitik»-Del Noce? «E’ stato un gran divertimento. La mia prima intenzione è dar fastidio al potere. Evidentemente sono fortunato - o sono scemo - perché riesco sempre a trovarmi dove c’è qualche problema. Ho anche detto molti no...» Però a Sanremo non è riuscito a dire no «Non lo volevo fare e non lo dico per civetteria. Figurati se mi lasceranno lavorare, mi dicevo. Ma c’era il mio fratellino Fabio Fazio, con lui è come trovarsi tra ex compagni di liceo, alla fine c’è sempre uno che tira fuori la chitarra e intona Michelle ma belle» L’edizione dell’anno scorso con Panariello invece è stata assai criticata... «Perché Giorgio è un signore, si è tirato indietro per lasciar spazio alle canzoni e ha pagato di persona». Adesso con Baudo non ci saranno problemi, lui non si tira indietro di sicuro. «Giusto così, giusto che torni, ci vanno i corsi e ricorsi anche in tv». Troppo buono. Adesso mi dirà che le piace anche Maria De Filippi. «Bravissima: un genere diverso dal mio, ma mi piacerebbe confrontarmi, riscriverla con la mia grammatica». L’altra donna forte della tv è la «sua» Simona Ventura. «Simona è l’amica eccentrica, un po’ pazza, culturalmente molto diversa da me ma irresistibile: non per niente sono stato fra i primi a notarla». Con Ricci avete lavorato ai tempi di «Matrioska». Le piace sempre la tv che fa? «Sì. Condivido in pieno il suo teppismo televisivo». Con chi non la vedremo mai in tv? «Con l’orchestra Casadei. E poi con Celentano... gli faccio da regista ma alla fine vuole apparire solo lui».