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 2007  febbraio 07 Mercoledì calendario

Da questa settimana, il presidente cinese Hu Jintao sarà impegnato in una visita di dodici giorni in diversi Paesi dell’Africa e dell’Oceano indiano

Da questa settimana, il presidente cinese Hu Jintao sarà impegnato in una visita di dodici giorni in diversi Paesi dell’Africa e dell’Oceano indiano. Perché? Perché vuole perlustrare i nuovi asset stranieri del Celeste Impero. E cioè le miniere, e i fornitori degli immensi quantitativi di risorse naturali che gli occorrono per sostenere la sua straordinaria crescita economica. Di qui il diffuso timore, tra gli occidentali, che la Cina possa "conquistare" l’Africa e, in misura minore, l’America Latina. Timore infondato. La verità, infatti, è probabilmente un’altra. l’Africa che sta conquistando la politica estera cinese. O, almeno, la costringerà a cambiare. La paura di un colpo di mano cinese è venuta a galla per la prima volta lo scorso autunno, quando i Primi ministri di un nugolo di Paesi africani si sono riuniti, a Pechino, nel primo summit che ha fatto incontrare gli esportatori di risorse naturali con il loro nuovo cliente numero uno e presunto amico. Un meeting del genere – non poteva essere altrimenti – ha dato nell’occhio. In una cornice più che mai pittoresca, il vertice ha fornito ai leader africani la preziosa opportunità di scagliare aspre critiche contro gli ex padroni coloniali dell’Occidente, consacrando inequivocabilmente la Cina quale autentico gigante mondiale del prossimo futuro, e non semplicemente potenza regionale asiatica. E l’amore tra Cina e Africa è parso reciproco: la prima offre alla seconda prestiti e sovvenzioni senza alcuna clausola politica a margine, smarcandosi dai biechi europei e americani. Non tutte le paure, però, sono ingiustificate. La crescente ricchezza della Cina fa sì che un Paese il quale, fino a ieri l’altro, era tra i principali beneficiari degli aiuti internazionali si sta ora affermando come donatore. E, ancor più rapidamente, come potente investitore. Le imprese cinesi, infatti, dispongono di ingenti capitali e la domanda di petrolio, rame, stagno, minerali di ferro e innumerevoli altre materie prime cresce di giorno in giorno. Non basta. Gli aiuti e i prestiti elargiti neutralizzano il tentativo intrapreso da Banca mondiale e altri organismi assistenziali in Occidente di fare leva sui finanziamenti per incoraggiare una migliore forma di governo. Ma pensare che, per queste ragioni, la Cina stia "conquistando" l’Africa è troppo semplicistico oltreché fuorviante. Per tre ragioni. Primo, la Cina non è la sola ad approdare sul suolo africano come nuovo donatore e investitore: l’India sta facendo la stessa cosa e con obiettivi identici, oltre a quello di assicurarsi che il dominio dell’Impero Celeste non divenga eccessivo. Hu Jintao, a onore del vero, visiterà anche le isole Seychelles, dove la Cina non ha un forte business né interessi finanziari. Ma è chiaro che il presidente non ci andrà per fare pesca subacquea: Cina e India fanno a gara per conquistarsi l’amicizia delle Seychelles, al fine di assicurare l’accesso delle loro navi da guerra ai porti delle isole. Secondo, l’impegno cinese in Africa, sebbene piuttosto recente, ha già innescato un effetto boomerang. Nello Zambia, per dirne una, sono scoppiate proteste contro le società cinesi che gestiscono e investono nelle miniere, perché, a quanto si dice, gli standard di sicurezza sono insufficienti e i lavoratori trattati in modo inaccettabile. Peggio, in altre parole, di quanto avvenga nelle multinazionali giapponesi e occidentali. Di qui le accuse, scagliate dai critici, di sfruttare l’Africa come fosse una nuova colonia. La terza ragione è legata alla seconda. Ossia, la Cina sta scoprendo che la sua sempre più incisiva presenza in Africa la costringe a ripensare la sua politica estera tout court. Per la gran parte degli ultimi venti anni, la Cina ha deliberatamente adottato un basso profilo, salvo con l’Asia orientale. Ha cercato di tenersi fuori dalle questioni controverse; si è nascosta – pensando fosse il modo migliore per risolvere i problemi – dietro alle Nazioni Unite e ha riasserito a ogni piè sospinto quello che è il suo principio-chiave, ossia la non interferenza nella sovranità degli altri Paesi. In Africa, però, si vede costretta a cambiare completamente approccio. Quando uno Stato, o le sue imprese e società, iniziano a possedere importanti attività – quali sono le miniere – in altri Paesi, i suoi interessi a livello di politica estera cambiano. Talvolta è tentato di intromettersi nelle questioni afferenti alla sovranità del Paese ospitante, o potrebbe sentirsi nell’obbligo di farlo, laddove i suoi interessi siano messi a repentaglio. quanto sta sperimentando la Cina. Che, inevitabilmente, ora è anche sotto i riflettori dell’ opinione pubblica internazionale sulle questioni africane. Le Nazioni Unite intendono dispiegare una forza di peacekeeping in Darfur, nel Sudan, ma l’opposizione del governo sudanese non desiste. La Cina ha dichiarato di appoggiare l’Onu. Ma sul piatto ci sono anche gli importanti investimenti nel Paese, per questo non vuole inimicarsi il governo sudanese. intrappolata nelle sue stesse contraddizioni. Non ha ancora provveduto a risolverle, ma prima o poi dovrà farlo. Benvenuta nella realtà, Cina.