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 2007  febbraio 06 Martedì calendario

CERETTI

CERETTI Adolfo Milano 2 novembre 1955. Criminologo • «[...] Docente alla facoltà di Giurisprudenza dell’università Milano-Bicocca, [...] si è occupato di alcuni delitti di ”ordinaria follia”, cioè maturati non in ambienti della criminalità organizzata, che tanto hanno sconvolto l’opinione pubbblica. stato perito del gip nel processo per il massacro di Novi Ligure e di parte civile, per la famiglia di Alenya Bortolotto, 26 anni, straziata, una notte del luglio 2002 da Ruggero Jucker, imprenditore della Milanobene. Non solo. Negli ultimi anni Ceretti è impegnato a sperimentare sul territorio un nuovo e ancora poco conosciuto modello di giustizia nato dal conclamato fallimento delle risposte solo repressive al crimine. Tecnicamente si chiama ”giustizia riparatoria e della mediazione”. Coordinatore scientifico del centro per la Mediazione penale di Milano in pochi anni e in mancanza ancora di una normativa Adolfo Ceretti è riuscito a coinvolgere in un’esperienza così innovativa alcune cittadine dell’infinito ed alienante hinterland milanese più un centro a Pavia. Risultato: centinaia di casi trattati su segnalazioni di sindaci e magistrati fino a interventi su intere comunità, come a Concorezzo, dove dopo uno stupro di gruppo su una minorenne il professor Ceretti ha coinvolto nella mediazione 60 famiglie. [...] ”[...] tutta la ricerca criminologica degli ultimi quarant’anni ci dimostra che le persone affette da disturbi mentali anche gravi non commettono reati più violenti delle persone normali [...] un caso che abbiamo trattato. In una cascina ristrutturata, molto simile a quella di via Diaz, va ad abitare una signora del Marocco. All’inizio i vicini - lui calabrese, lei brianzola che vivevano in quel posto da trent’anni- l’accolgono con curiosità e gentilezze varie. Ma un certo giorno - come abbiamo ricostruito - inizia tra loro una guerra senza confini, dapprima a colpi di spazzatura lasciata in cortile. Poi, il cane della signora finisce ”accidentalmente’ schiacciato dall’auto del vicino. Partono denunce reciproche; viene innalzata una rete metallica - un muro - per non vedere più la ”marocchina’. Per fortuna, in questo caso, il giudice di pace ci ha chiesto d’intervenire e siamo riusciti a neutralizzare in tempo il conflitto [...] quello che mi colpisce è che questi fatti accadono più che nei condomini nelle cascine ristrutturate. Luoghi che erano contrassegnati da piccole ritualità dove l’arrivo di persone con abitudini diverse genera incertezze” [...] ha fatto incontrare la mamma di un bambino di sei anni e il pedofilo che l’aveva violentato. Perchè quella madre ha voluto parlare con il carnefice? ”Aveva bisogno di capire da dove era venuta quella terribile violenza. Voleva sapere: ed è questa la domanda che ci viene fatta dopo ogni crimine. Dolore, rabbia, sconforto. molto complicato, difficile venire in contatto con il male. La violenza produce traumi terribili; è come se il tempo si bloccasse su quel fatto. Diventa un pensiero fisso. E parliamo di persone che non si possono certo permettere un’analista da duecento euro a seduta! [...] Il carcere ci deve essere ma non basta e non serve a responsabilizzare il colpevole. Noi mediatori non parliamo più di responsabilità verso un reato ma di responsabilità verso qualcuno. Per il colpevole la vittima è ”cosificata’, resa un oggetto; fino a quando non riuscirà a vedere nella sua vittima una persona, a capire il suo dolore, non riuscirà a sentirsi responsabile del suo crimine. Perché dovremmo scommettere sulla giustizia riparativa? Tutte le esperienze straniere, dall’Austria agli Usa, dimostrano che ha una grande forza preventiva. Noi, per ora, abbiamo solo ricerche sui minori. Confortanti. Abbiamo studiato due campioni di ragazzi della stessa età, con la stessa provenienza sociale e con le stesse imputazioni; uno ha fatto mediazione, l’altro no. Ebbene dopo cinque anni, tra i ragazzi che avevano fatto un percorso di mediazione, i recidivi erano la metà degli altri”» (Chiara Beria di Argentine, ”La Stampa” 6/2/2007).