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 2006  luglio 25 Martedì calendario

Senato, i numeri incerti del cambio di maggioranza. Corriere della Sera 25 luglio 2006. Roma. Fantapolitica, certo

Senato, i numeri incerti del cambio di maggioranza. Corriere della Sera 25 luglio 2006. Roma. Fantapolitica, certo. Eppure dietro il muro delle smentite ufficiali, è l’argomento toccato nelle chiacchiere di Palazzo quando si va al sodo. Specie al Senato dove quel vantaggio di tre soli voti tiene il centrosinistra ogni giorno con il fiato sospeso. Allargare la maggioranza, quindi. Ma come? Ad analizzare i numeri l’operazione sembra più difficile di quanto sembri. Anche per gli effetti a catena che uno spostamento da una parte all’altra potrebbe innescare. UDC PER PRC – Lo scambio secco fra Rifondazione e Udc è l’ipotesi che circola da più tempo. Eppure, dati alla mano, sarebbe un suicidio politico: il centrosinistra guadagnerebbe sì i 21 senatori centristi ma perderebbe i 27 di Rifondazione comunista. Alla fine scenderebbe da 159 a 153 seggi, ben al di sotto dei 162 necessari per governare con tranquillità e senza doversi affidare ogni volta ai senatori a vita. Per avere senso l’operazione dovrebbe spostare verso l’Unione qualche altro inquilino della Casa delle libertà. UDC E NUOVA DC – Se oltre a quelli dell’Udc dovessero migrare anche i dieci senatori della Nuova Dc, la maggioranza oltre al Prc potrebbe perdere anche Verdi e Pdci e arriverebbe a quota 152 senatori, sempre al di sotto della soglia di sopravvivenza. «Chi di noi dovesse imboccare questa strada sarebbe fuori dal partito», minaccia il capogruppo della Nuova Dc al Senato, Mauro Cutrufo. E non è l’unico motivo che rende rischiosa l’operazione. Basterebbe che questa iniezione di centro andasse di traverso anche a qualche senatore della sinistra Ds – ipotesi tutt’altro che remota – per mettere ancora più a rischio la barca. SOLO I FOLLINIANI – Per numero di spostamenti è lo scenario minimo. Con il centrosinistra passerebbe il dissidente Marco Follini (che ha sempre smentito e che continuerà a farlo) più i suoi fedelissimi Massimo Fantola, Luigi Maninetti e Lorenzo Nedo Poli, anche loro pronti a negare tutto. In stabilità l’Unione ci guadagnerebbe pochissimo, salendo da 159 a 163 senatori. Ma sarebbe minore il rischio dei malumori interni e nella maggioranza potrebbe resterebbe tutta la sinistra radicale. Non è un caso che dalle parti di Rifondazione l’ipotesi sia vista tutto sommato bene: «Non ci vedrei nulla di male se – spiega Giovanni Russo Spena, capogruppo del partito di Bertinotti – dopo la crisi del berlusconismo alcuni pezzi dell’opposizione che stimo cercassero un diverso collocamento. Altra cosa è se dovesse cambiare il quadro politico». AN E UDC – In questo caso i movimenti sarebbero ben più corposi. A far parte della maggioranza entrerebbero sia l’Udc che Alleanza nazionale, per un totale di 62 senatori. A sbattere la porta, però, sarebbe non solo Rifondazione ma anche Verdi e Comunisti italiani, per un totale di 38 senatori. A guardare i numeri la stabilità sarebbe assicurata con 183 seggi, ben al di sopra del livello di sicurezza. Ma è una strada percorribile? «Politicamente – dice il capogruppo di An al Senato Altero Matteoli – non avrebbe alcun senso. Perché un partito della Cdl dovrebbe tenere in piedi un’armata Brancaleone che ogni giorno registra un insuccesso? Se la maggioranza non regge la cosa migliore è tornare al voto. Vinceremo solo a patto di rifiutare le lusinghe del centrosinistra». FI E ULIVO – l’ipotesi che trasformerebbe di più la maggioranza rispetto ad oggi. Al Senato il grande centro conterebbe su 181 senatori: 70 di Forza Italia, 101 dell’Ulivo, più i 10 della nuova Dc. Gli altri 134 – in assenza di fughe da un parte o dall’altra – finirebbero all’opposizione. «Sarebbe la via maestra – dice il capogruppo della Dc Mauro Cutrufo – e noi saremmo prontissimi ad entrare anche perché siamo stati i primi a parlarne. In Germania, del resto, la Grosse koalition l’hanno fatta democristiani e socialdemocratici, no?». Lorenzo Salvia