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 2006  marzo 20 Lunedì calendario

La macchina per fare il caffè espresso

In Italia si cominciò a bere il caffè fin dal diciassettesimo secolo, ma una vera e propria macchina da caffè non-fu inventata fino all’unità nazionale del 1860. Le prime macchine italiane brevettate portarono soltanto modeste aggiunte, che non potevano essere adattate su vasta scala. Fra i primi fabbricanti a depositare un brevetto italiano ci fu Giovanni Toselli, che aveva disegnato curiose locomotive-giocattolo per fare il caffè all’epoca del Secondo Impero (intorno appunto al 1860). I produttori (sia nazionali, sia esteri) si diedero da fare per costruire macchine analoghe, ma il guizzo di genialità scarseggiava. L’idea giusta provenne da una parola: espresso. Sinonimo di velocità, si adattava perfettamente al nuovo modello di vita che si prospettava al cittadino. Il caffè si sorseggiava in treno, al bar in tutta fretta e sempre meno tra le mura domestiche. Occorreva una macchina che sapesse ricavare dall’aromatica miscela non soltanto sapori e profumi, ma anche l’essenza di un concetto. Il colpo di genio giunse a un milanese, Luigi Bezzera. Era il 1901 quando Bezzera realizzò la sua invenzione, presentata cinque anni dopo alla prima Fiera Internazionale di Milano. Il marchingegno fu chiamato ”Tipo gigante con doppio rubinetto”. Ogni tazza veniva preparata individualmente e la macchina era dotata di una valvola di sicurezza e di un manometro posti sulla sommità. La società fu subito rilevata da Desiderio Pavoni. L’avanzato modello del 1906 (’Ideale”) poteva servire 150 caffè in un’ora. Miglioramenti si ebbero nel 1909, con la ”Victoria Arduino”, fabbricata da Pier Teresio Arduino di Torino. Verso il 1920 le nostre macchine avevano già conquistato il mercato europeo e statunitense.