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 2002  marzo 08 Venerdì calendario

La tv spenta è una tortura peggiore del carcere, la Repubblica, venerdì 8 marzo 2002 Washington. Togliete la vita a un uomo, ma in nome della legge, non toglietegli il televisore

La tv spenta è una tortura peggiore del carcere, la Repubblica, venerdì 8 marzo 2002 Washington. Togliete la vita a un uomo, ma in nome della legge, non toglietegli il televisore. è lecito friggerlo, gassarlo, avvelenarlo, seppellirlo in una cella per la vita, ma non si puó negargli il diritto naturale e inalienabile con il quale ogni figlio di Dio ormai viene al mondo: il diritto di guardare la televisione. La giustizia americana, quella che trova perfettamente accettabile, costituzionale e non crudele la pena di morte, è intervenuta per salvare un uomo da un destino peggiore della forca, da una condanna a dieci mesi di arresti domiciliari con proibizione di accendere la tv. «Privare un cittadino del diritto di assistere alle trasmissioni televisive costituisce tortura» ha sentenziato a Manhattan un giudice di appello che evidentemente non ha mai visto Sanremo. Edward Bello, un signore di 60 anni, è l’imputato che il tribunale di prima istanza aveva spietatamente condannato ai dieci mesi di astinenza tv per «dargli modo di compiere una riflessione introspettiva silenziosa sugli errori della sua vita», dunque per fare l’opposto di quello che la televisione commerciale, il chewing gum per gli occhi, invita a fare. Come criminale, Bello non è granché. è un delinquentello di serie B che in 60 anni ha accumulato una lunga fedina di reati minori, furtarelli nei supermarket, scasso di distributori automatici di bevande, risse, modeste truffe, uso di carte di credito altrui. Qualche stereo e autoradio. Tra le pieghe della legge e di un sistema giudiziario che vuole evitare il sovraffollamento di carceri dove già si accatastano un milione e mezzo di americani, Edward era sempre riuscito a evitare la detenzione. Anche quando, nel dicembre 2001, era stato arrestato per l’ennesima volta (imputazione: furto di carte di credito) il giudice Alvin Hellerstein del tribunale di Manhattan lo aveva condannato soltanto a 10 mesi di arresti domiciliari. Ma senza tv. «Lei mi deve promettere, sul suo onore, di non guardare la tv per la durata della sua pena» aveva martellato il giudice sulla sua scrivania, aggiungendo, in un giusto soprassalto di diffidenza, che se gli incaricati del tribunale lo avessero sorpreso a guardare la tv, la pena si sarebbe trasformata in carcerazione. «Glielo prometto». Al signor Bello la condanna era sembrata tollerabile, anche perché possedeva in casa un televisore vecchio stile, di quelli occultati dentro eleganti mobiletti bar stile impero che avrebbe potuto guardare sotto banco, ma non parve accettabile ai suoi difensori, un gruppo di avvocati d’ufficio freschi di università che decisero di divertirsi un po’. Composero una petizione d’appello che avrebbe commosso Thomas Jefferson con la sua vis costituzionale: «Privare un cittadino del diritto di guardare la tv, soprattutto in un momento storico grave come questo, con una guerra in corso e i destini della nazione a repentaglio, è una violazione dei suoi diritti costituzionali e naturali e costituisce punizione crudele e bizzarra, come esplicitamente vietato dalla Costituzione americana nell’ottavo emendamento». Nessuno aveva proibito a Edward Bello di leggere i giornali per informarsi sui destini della nazione, ma, in una sentenza che suona condanna anche per chi lavora nella carta stampata, la Corte d’Appello ha accolto la tesi dei difensori: senza la tv, un uomo è mutilato dei propri diritti naturali all’informazione e alla cultura in scatola. Gli venga restituito subito il privilegio catodico, ha ordinato il giudice di seconda istanza, e il televisore si è riacceso. «Io avrei anche potuto fare a meno della tv per dieci mesi - ha detto il signor Bello - ma sono contento per mia moglie che non sta bene di salute e vive con me, dunque sarebbe stata condannata a uscire di casa per guardare i suoi programmi preferiti». Che sono? Naturalmente «documentari sugli animali, cartoni, dibattiti politici, rievocazioni di storia». Mai che qualcuno ammetta di guardare film porno. E forse è stata proprio la pietà per la moglie ad avere indotto la Corte d’Appello a bloccare la crudele tortura imposta dal magistrato di prima istanza. «Non so come passare la giornata, qui nella casa di campagna dove viviamo e la tv è l’ unica cosa che mi rimane. Siamo onesti - ha spiegato la signora Bello al ”New York Times” - la televisione è ormai il nostro cordone ombelicale con il mondo. Senza la televisione ci sembra non esistere». Ha ragione. Siamo onesti. Senza la televisione ci sembra di non esistere e la giurisprudenza ha accolto il principio che non c’è vita, fuori dal teleschermo. Non esiste mondo che non passi per il tubo catodico e negare a una persona il mondo in scatola è peggio che negargli la vita. La forca è accettabile e umano castigo, afferma la Corte Suprema. Il televisore spento è barbarie. «Video ergo sum» ha commentato il critico televisivo del ”Washington Post”, Tom Shales «che tristezza». Ora, resta aperto il problema della condanna per Edward Bello, salvato in extremis dalla sentenza di tele morte imposta dal giacobino catodico di prima istanza. Rischia di vedersi commutata la pena in carcerazione e di essere spedito in galera a scontare quei dieci mesi. Ma in carcere potrà guardare tutta la tv che vorrà e dunque i suoi diritti di video cittadino saranno rispettati. Sulla legge ci possono essere forti dubbi, ma la Tv deve essere uguale per tutti. Vittorio Zucconi