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 2002  marzo 21 Giovedì calendario

Una specie protetta dalla retorica, Sette, 21 marzo 2002  difficile a volte liberarsi dal sospetto che, per chissà quale misterioso motivo, l’Italia abbia una particolare, intima, vocazione al sogno, all’allucinazione, alla separazione radicale delle sue parole dalla sua realtà

Una specie protetta dalla retorica, Sette, 21 marzo 2002  difficile a volte liberarsi dal sospetto che, per chissà quale misterioso motivo, l’Italia abbia una particolare, intima, vocazione al sogno, all’allucinazione, alla separazione radicale delle sue parole dalla sua realtà. Ci sono categorie di fenomeni, per esempio, più spesso di persone, di cui il nostro discorso pubblico ha la tendenza irresistibile a dare descrizioni idilliache, benevole, accattivanti o, se proprio non è possibile, perlomeno indulgenti quanto basta. E altre categorie, invece, di cui sembra quasi sia vietato parlare in termini positivi: che per esempio ha mai sentito nominare gli impiegati pubblici se non per deprecarne qualche vera o supposta magagna? Tra le categorie di cui è buona norma nella Penisola parlare bene spiccano i «giovani». Designati appunto così, come entità collettiva, evocata perlopiù in comizi, talk show televisivi, articoli di giornali e - non c’è neppure bisogno di dirlo - inaugurazioni di anni scolastici. Cosa dice l’Italia dei suoi giovani? Cosa pensa che bisogna dirne? Ma ovvio: naturalmente che i giovani sono preoccupati e indignati per le tante cose cattive che succedono nel mondo, che vorrebbero studiare ma che quasi sempre autorità scolastiche insensibili glielo rendono difficile, che sono per antonomasia trascurati dai padri e dalle madri, dagli assessori e dai ministri, dal governo, insomma da tutti; che sono vittime innocenti del materialismo, della sexofobia, della violenza, del consumismo, del conformismo della nostra società, e chi più ne ha più ne metta. Eccetera, eccetera.  attraverso il riecheggiare continuo di questi discorsi che nel discorso pubblico nazionale si è ormai da anni stabilmente insediata la categoria dei «giovani»: categoria che dopo quella delle «donne» - la quale si attesta tuttora in buona posizione ma con qualche segno di cedimento - è assurta al rango paradigmatico di categoria positiva, insieme deprivilegiata e pensosa per eccellenza, a gruppo sociale e indicativo delle grandi aspirazioni collettive, sensibile per antonomasia ai massimi bisogni dell’umanità. «I giovani? I giovani sono con noi!», esclamano pieni di compiacimento a ogni minima occasione gli esponenti di questo o quel ”Forum” di questo o quel partito [...] alla ricerca di qualche indizio che la storia starebbe marciando al loro fianco. Molto probabilmente la storia invece sta andando da tutt’altra parte, chissà quale. Comunque, per ciò che riguarda l’Italia, se non la storia di sicuro la realtà è diversa, molto diversa da quella che piace dipingere agli adoratori per partito preso dei giovani. Ce ne ha dato una conferma qualche settimana fa una ricerca promossa dal Consorzio Italiano per il riciclaggio dell’acciaio su un campione di oltre duemila giovani tra i 14 e i 21 anni: ricerca naturalmente pressoché ignorata dai mass-media. Cosa risulta di essa? Semplicemente che i ragazzi e le ragazze del nostro Paese sono, in Europa, quelli che inquinano di più e i più insensibili ad alcune regole elementari della civile convivenza. Per esempio il 47% di essi ha ammesso di «sgassare» e accelerare con la moto o con l’auto al semaforo (media Ue: 28,5%), il 61% getta la gomma da masticare per terra (media Ue: 38%), il 73% infine lascia aperto il rubinetto dell’acqua anche quando non ne fa un uso diretto (Ue: 52%). Sono dati abbastanza impressionanti che collimano alla perfezione, peraltro, con altri ancora del medesimo sondaggio. Secondo i quali il 56% dei giovani italiani quando viaggia getta i rifiuti dal finestrino dell’auto o del treno, il 71% butta l’olio della frittura nel lavandino, il 62% lascia le bottiglie vuote sulla spiaggia e, per finire, ben l’84% di chi usa auto o motorini li lascia con il motore acceso durante la sosta. Come si vede, non c’è da stare molto allegri. Ma molto probabile che il quadro dell’educazione civica - e dunque dei valori etici e sociali - dei giovani italiani sia a un dipresso analogo a quello degli adulti. Verosimilmente i cittadini in erba non sono né molto migliori né molto peggiori dei loro genitori e dei loro nonni: quello che è diverso è solo il genere e la dose retorica che gli viene applicata. Ernesto Galli della Loggia