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 2003  dicembre 18 Giovedì calendario

L’arte di Isabelle Camille von Krupp, o il rigore della truffa, L’espresso, 18/12/2003 L’epilogo è da antologia della commedia all’italiana

L’arte di Isabelle Camille von Krupp, o il rigore della truffa, L’espresso, 18/12/2003 L’epilogo è da antologia della commedia all’italiana. Uno scorcio di Steno, al suo meglio. Il maresciallo in divisa, i tre bidonati - una bella donna e due ragazzi - che salgono quatti le scale, in fila indiana, bussano alla porta della suite Giunone, la più cara al terzo piano del residence Velabro, 269 euro al giorno con vista sul Colle Palatino. E lei, la truffatrice, più sedicente che seducente contessa Isabelle Camille von Krupp, in jeans e golfino di cashemere, che invece di collassare alla Sarah Bernhardt, gemito impercettibile e mano sulla fronte, ha il colpo di genio alla Tina Pica: «Ah, finalmente i carabinieri, sono stata io a chiamarvi». E quando la situazione precipita, perché il maresciallo Fioravanti non è tipo che si lascia smontare facile, ecco la scena madre: «Invoco l’immunità diplomatica. Adesso chiamo il mio amico Azeglio e sono guai grossi per tutti voi, vi faccio arrestare, vi faccio cacciare tutti... Voi non sapete chi sono io», formidabile e quanto mai pertinente esempio di lapsus umoristico. Chi sia lei, infatti, non lo sa nessuno, e forse a questo punto non lo sa più nemmeno lei, nella vertigine pirandelliana dei nomi e dunque delle identità, uno, nessuno, centomila, spesi in 10 anni d’imprese malandrine. Si sa invece che la contessa o chi per lei, al momento del fermo aveva 15 euro in tasca. Che s’era imbarcata il giorno prima da Milano sulla sua Mercedes extralusso, lascito involontario dell’Avis, in compagnia di una svizzera conosciuta da poche ore e reclutata come autista. Si sa che non ha pagato nemmeno il pedaggio. «Sono ambasciatrice Onu, speditemi il conto a casa», ha detto perentoria al casellante, sfoderando il documento che ha ingannato tutti, ma non il ruspante maresciallo della stazione Bravetta. Che l’ha liquidata, la patacca, con una brutale finezza linguistica: «Pura fantasia informatica». Nel paese di mandolini, pizza e Totò truffa che vende la Fontana di Trevi all’americano gonzo e il portafoglio ce l’ha sempre nel cruscotto della Jaguar, la contessa o chi per lei merita un posto di tutto rilievo. [...] Dopo il breve passaggio a Rebibbia, è già tornata in circolazione, la fraulein, in attesa di sentenza con l’accusa a carico di truffa aggravata, uso di atto falso e sostituzione di persona. Potrebbe capitare prima o poi nel vostro negozio o ristorante, il passo altero alla Marlene, lo sguardo magnetico, che sbarca da una limousine con autista in livrea incorporato e un mazzo delle sue bufale cartacee [...]. O potrebbe presentarsi al telefono con la sua voce ipnotica, i toni da diktat militare, arrotati al punto giusto per una che dice e magari crede di essere la discendente di una dinastia tedesca che ha costruito un impero fabbricando cannoni prussiani a tiro rapido, prima di diventare i numeri uno dell’acciaio inossidabile. «Pronto, sono Isabelle Camille von Krupp». Si presentò così anche quella sera del 25 ottobre la contessa inossidabile al centralino di Palazzo Velabro, prestigioso residence nel cuore del Foro Romano frequentato da diplomatici, a due passi dalla Fao. «Non mi era mai capitato in quasi 10 anni un bidone dei genere», racconta Paola Favale, general manager del Velabro: «Una signora molto determinata, ma non così imponente come descrivono i giornali. Un caso psichiatrico? Se di follia si tratta, è una follia che ha del metodo. Sapeva con precisione cosa voleva. Ho sospettato di lei dal primo giorno. Non lasciava mance e le sue carte grondavano di timbri e di firme [...]». Qualcosa ha lasciato, la contessa, indumenti personali, una vestaglia di seta in lavanderia, ma difficilmente tornerà a prenderseli. Dovrebbe saldare prima un conto di 7 mila euro. A distanza di giorni ne parla affascinato il maggiore Cosimo Fiore, della stazione dei carabinieri di Trastevere: «Non ha mai mostrato un segno di debolezza. Ha continuato a sbraitare anche in caserma mentre lasciava le impronte. Parlava al cellulare e chiedeva di Kofi Annan o di Gifuni al Quirinale. Devo ammettere che qualche dubbio ci è venuto. E se stessimo prendendo un granchio colossale? Una così andrebbe premiata, altro che. La creatività, il perfezionismo nei dettagli, un genio nato per delinquere». Come Frank Abagnale, l’uomo più ricercato d’America negli anni ’60, l’artista della truffa e delle mille identità interpretato da DiCaprio nel film Prova a prendermi. C’è del metodo. La scuola dei travestitismi, anche molto Stanislavski, molto Actors Studio, l’arte dell’immedesimazione come fuga estrema della psiche. Isabelle Camille von Hohenzollern-Hessen, Zu Sachsen, Weimar, Brandeburg, von Krupp, Thyssen. Almeno una dozzina di personalità. Un delirio persino poetico per quanto votato a inventarsi una vita al di là dei destini fissati. Condizionali e dubitativi si sprecano nel suo caso. Un’identità tutta da vagliare. Registrata, pare, all’anagrafe come Emanuela Rosa Rita Dei Bei, verosimilmente romana, un fantomatico padre tedesco, una figlia, pare, e una famiglia che avrebbe avviato nei suoi confronti una pratica di interdizione. Si dice che sia al momento sotto tutela presso un avvocato di Milano [...] che le passa un mensile per lo stretto necessario. Giura di avere 48 anni, in realtà sono 55, molto ben portati. In una decina di anni di attività ha truffato centinaia di persone, tra Chiasso e Roma, per milioni di euro, prima d’inciampare nella sagoma tutta d’un pezzo di un carabiniere d’altri tempi, che sembra evaso da un fotogramma di Pane, amore e fantasia e di due tignosi fratelli, Stefano e Roberto Gianesi, noleggiatori di professione, agganciati e truffati dalla nobildonna, insieme a un amico che vende computer. «Ho bisogno di una Mercedes con autista». La solita telefonata che non ammette repliche, la richiesta di preventivo e, a seguire, il fax su carta intestata dove si spaccia per la presidentessa di una holding bancaria facente capo alla Deutsche Bank. «Ci sembrava un’eccentrica, parlava di un ex marito Manfred che le mandava influssi negativi dal suo jet. Ma le informazioni su di lei erano rassicuranti [...]». Decisivo il floppy disk trovato nella sua borsetta. Un archivio impressionante con tutti i dati di gran parte delle truffe consumate negli ultimi anni. Si va dalla falsa fideiussione a favore della Bmw di Roma per 35 mila 285,68 euro con tanto di Abi e Cab, da parte di tale Isabelle Sender von Hohenzollern-Hessen, incassabile in data 10.11.2003, da Francoforte, con tanto di distinti saluti e codice del funzionario, al debito di 300 euro in una farmacia di Roma. Conti di ristoranti da 2 mila 500 euro. Colpite in serie gioiellerie e pelliccerie. Gran parte delle truffe servivano a garantire un tenore di vita degno di una contessa erede dei Krupp. [...] E pensare che sarebbe bastato digitare i nomi «Camille» e «Krupp» in un qualsiasi motore di ricerca. Per trovare traccia di una lettera alla procura della Deutsche Bank romana che denunciava la falsaria. Prima di spostarsi a Roma, la Fregoli bidonista aveva fatto terra bruciata a Milano, dove si era via via spacciata per una contessa tedesca, un’ambasciatrice danese, la figlia di un console belga e la legale rappresentante della Krupp, a nome della quale ha fatto acquisti di ogni tipo, finché la multinazionale ha deciso di denunciarla. Sarebbe risultata anche una perquisizione con tanto di sequestro di timbri e documenti sospetti in un suo appartamento milanese a corso Sempione, dove lei giocava a fare la nobile impegnata nell’alta finanza. «Un misunderstanding», spiegò allora sprezzante. Giancarlo Dotto