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 2003  giugno 01 Domenica calendario

Cenare (male) a l’Altro luogo: il sincretismo filosofico di un ristorante milanese semivuoto, Il Sole-24 Ore, 01/06/2003 L’Altro-luogo di Aimo e Nadia, è in piazza della Repubblica, al piano-giardino dell’hotel Duca di Milano, albergo che, accanto al Principe di Savoia, sembrerebbe quello brutto, e invece vanta una facciata di Aldo Rossi

Cenare (male) a l’Altro luogo: il sincretismo filosofico di un ristorante milanese semivuoto, Il Sole-24 Ore, 01/06/2003 L’Altro-luogo di Aimo e Nadia, è in piazza della Repubblica, al piano-giardino dell’hotel Duca di Milano, albergo che, accanto al Principe di Savoia, sembrerebbe quello brutto, e invece vanta una facciata di Aldo Rossi. Bisognerà prenotare? Cerchi il numero di telefono sul sito Internet del ristorante; da un’operazione di solito assai rapida, nasce invece un inatteso percorso a ostacoli – sintattici, filosofici, di arte e scienza – che lascia annichiliti. Dopo venti minuti di su e giù, di clicca a destra e a manca, dimentico ormai del tuo appetito sano e naturale, ti trovi irretito in un percorso di pittura più informe che informale, e in una sovraesposizione straniante, da teatro dell’assurdo, di concetti quanto mai astrusi: «Asistema in-Assenza», cioè, secondo la spiegazione di certo Massimo Ferrari, «manca un piano alla realtà che solitamente viviamo: lo abbiamo chiamato Assenza. Una rete astratta e a-complessa alla base di un nuovo sapere: un intero universo bucato nel mezzo (a mo’ di curiosa ciambella)». Tutto chiaro? Mah! Che c’entra quest’arzigogolio da intelligentoni col metter qualcosa sotto i denti? Tentiamo un’interpretazione: Aimo e Nadia Moroni sono proprietari e gestori di uno dei più rinomati e stellati ristoranti italiani. Qualche anno fa, per estrosità finora inespressa, o forse per assecondare i gusti della figlia, affidano la progettazione e il restyling del proprio ristorante a Massimo Ferrari, uno che nel suo curriculum allegato al sito di Aimo e Nadia si presenta come artista e scienziato e musicista, medico, insegnante di seminari sull’in-Assenza, filosofo e scrittore di teatro e narrativa e poemi. I due, sempre più convinti, decidono di aprire un nuovo ristorante per la figlia Stefania e lo riaffidano al Ferrari che «progetta nel modo artistico-scientifico secondo il metodo del raddoppio in-Assenza l’Altro Luogo». Un vero prodigio, un novello Leonardo, che però fa venire in mente fenomeni più recenti, qualcosa a metà tra Massimo Fagioli e Armando Verdiglione. Tuttavia nel mondo degli oroscopi forniti col telegiornale è superfluo sconcertarsi, e così mi decido a fare anche quest’esperienza. «C’è bisogno di prenotare?», m’informo. «No, stasera niente gruppi». E infatti l’Altro-luogo soffre un po’ di in-Assenza. Alle 9 e 15 sono l’unica cliente, in una sala dall’eleganza newyorkese, probabilmente quella cui aspirava il ristorante Cracco-Peck, che invece ha creato nel sottosuolo un simil show room Gucci. Tavoli ben distanziati, bellissime sedie-poltrona, e facciata in vetro rivolta alla veranda e alle piante del giardino di fronte. Gli interni sono impeccabili: l’illuminazione è tenue ma permette di leggere il menu e guardare cosa ti mettono nel piatto; la boiserie giocata sui toni dell’argento e del marrone è assai elegante. In questo stile classico e senza fronzoli, rassicurante, dilagano le opere del suddetto artista. Un pastiche di action painting con urlo di Munch e qualcosa alla Bacon. Chi ama la contaminazione dei generi, qui trova la sua tazza di te. Musica da camera, coperta dal continuo scalpiccio di camerieri. Non siamo stati a contarli, ma abbiamo ascoltato il loro gran daffare nell’attraversare continuamente in lungo e in largo il locale. Dove andranno? Apparentemente vagano senza meta, senza piatti né tovaglioli. è sollecito chi ti serve l’aperitivo (champagne Blanc de Blanc), ma si attarda chi ti dovrebbe portare un piattino di alici marinate ad accompagnarlo: e un quarto d’ora con un bicchiere di champagne sotto il naso non lo lasci passare senza prima averlo svuotato. Per quanto quasi sola (nel frattempo è arrivata una coppia, lui italico, lei slaveggiante e ordina Coca Cola), con la sala che pullula di gente vestita da cameriere, il servizio è assai lento. E, soprattutto, i piatti arrivano appena tiepidi, come se qualcuno li avesse portati a piedi per le scale da una cucina posta al dodicesimo piano. Lo sgombro crudo in carpione mi ricorda l’unica cosa mangiabile che ci fosse a Helsinky; il cameriere interrogato su che razza di pesce sia il suro va in confusione e farfuglia che è di carne bianca, «ma di che mare?» insisti, «di che specie?». La faraona è fredda e la cotoletta milanese è la cosa più buona che viene servita, a dimostrazione di come in questi locali – di cucina con frase sapienziale a commento - sia sempre meglio ordinare le cose più elementari (nel menu, sotto la descrizione della faraona, è scritto in corsivo: «Forme e temperature: possibili declinazioni»; e sotto la lasagna: «Le dolcezze della terra. Sottili vibrazioni interne»). Comunque, a portare un po’ di animazione e coprire la tenue musica e lo scalpiccio clappete-clappete del personale, arriva infine una comitiva. Capitanata da Marrazzo, il conduttore di Mi manda Rai 3. Una sola donna con una decina di maschi, e una voce sopra tutte, ininterrotta, quella del giornalista. Devi condurre la tua trasmissione, sfiatarti per contenere litigi e controversie: almeno quando vai al ristorante con colleghi approfittane e mangia, rilassati e lascia un po’ di corda ai commensali. Macché, Marrazzo si incaponisce in un monologo fatto di: «è una truffa in realtà!», e: «Il cittadino ha il dovere di... ». Concludiamo con una citazione dal sito di Aimo e Nadia che ci spiega la filosofia del locale: «Agli ospiti e ai cibi, ché il luogo di Aimo e Nadia possa daccapo generarsi, pronti a dar luogo a una sintesi vuota di spazio e di tempo mai prima d’ora esistita (Raddoppio in-assenza). Ovunque essi sarebbero apportatori delle leggi di loro dominio idoneo alla trasformazione attiva e vuota e della vita (-morte) e dello spazio (-tempo) con essa interagente, in accordo con i principi della de-materializzazione astratta, ovvero del darsi del campo vuoto, del nulla generatore astratto in-assenza». Conto sui 70 euro a testa, testa che esce confusa dal sincretismo artistico, filosofico, gastronomico. Camilla Baresani