Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  novembre 15 Martedì calendario

I giapponesi si scambiano bonsai di albicocco, i cinesi fanno sfilare in strada un dragone d’oro lungo sessanta metri, gli scozzesi si rimpinzano di pecora e rognone e gli italiani di lenticchie e cotechino

I giapponesi si scambiano bonsai di albicocco, i cinesi fanno sfilare in strada un dragone d’oro lungo sessanta metri, gli scozzesi si rimpinzano di pecora e rognone e gli italiani di lenticchie e cotechino. Quasi tutto il mondo celebra il Capodanno: un giorno fuori del tempo, ricco di euforia godereccia e in cui tutto – o quasi - è permesso. Ma quando e come è nata l’abitudine di salutare l’anno nuovo? Massimo Canevacci, professore di Antropologia Culturale alla Sapienza di Roma, spiega: «Gli antichi, che più di noi erano legati alle stagioni dall’agricoltura, con Capodanno celebravano l’anno che stava per nascere, inteso come vera e propria rinascita della terra, che dopo un lungo inverno stava per dare i suoi frutti. Per secoli la concezione del tempo è stata ciclica e questa ciclicità ha permesso di stabilire, per convenzione, delle date che potessero simboleggiare una fine e un inizio. A mezzanotte del 31 dicembre», continua il professore «l’anno vecchio moriva, ma quello nuovo non era ancora nato. In un certo senso il tempo era sospeso. Proprio questa ”illusione di sospensione” dava modo alle popolazioni di sentirsi libere di ballare, cantare, mangiare a volontà. In certi casi, gli schiavi potevano addirittura insultare i padroni. Nella società di oggi l’individualità ha preso il posto della collettività, e il rito ha perso molto del suo significato. Rimangono degli accenni, come l’uso dei fuochi d’artificio. Il rumore, infatti, simboleggia l’uccisione dell’anno passato e, allo stesso tempo, i colori dei fuochi gli danno una dimensione ludica». Perché proprio il primo gennaio? «Il nostro calendario», spiega Guido Cossard, docente di Fisica, archeoastronomo e autore del libro Storia e riti del Capodanno (Rizzoli, 18,59 euro), «è diretto discendente di quello usato dai romani, dal quale derivano anche i nomi dei giorni della settimana e dei mesi. All’inizio nell’antica Roma si festeggiava l’anno nuovo nel tardo marzo, ma ogni imperatore poteva manomettere il calendario a proprio piacimento. Fu Giulio Cesare (nel 46 a.C.) a stabilire l’inizio dell’anno il primo di gennaio e a creare quello che ancora oggi è conosciuto come il calendario Giuliano». «Il primo gennaio, inoltre, aveva una valenza sia dal punto di vista politico che da quello religioso. Era la data scelta dai consoli romani per la chiusura e la riapertura dell’anno amministrativo e poi era il giorno dedicato a Giano, il sacro dio bifronte (da cui anche il nome del mese, gennaio). Tale divinità si diceva avesse due facce e due fronti: l’una rivolta indietro verso il passato, l’altra verso il futuro. Ecco perché Giano era considerato il dio dei passaggi e delle porte, degli inizi e dei termini». «In Mesopotamia, già dai remoti giorni del Secondo millennio», continua Cossard, «si trovano origini del Capodanno. I mesopotamici credevano che l’universo fosse nato dopo una lotta fra il dio Marduk e la dea del caos Tiamat. La vittoria andò a Marduk, il quale impose l’ordine sul caos. Ogni anno la sua impresa era commemorata dall’arrivo delle piogge portatrici di vita. Il re rappresentava l’ordine, ma per circa undici giorni egli si faceva da parte. In quel periodo, perciò, la popolazione ricreava il caos bevendo vino e commettendo oscenità. Numerosi erano anche i riti di esorcismo per scacciare gli spiriti maligni che turbavano l’armonia». Si trovano cenni alla celebrazione del Capodanno anche tra gli antichi egizi. «Qui la protagonista era Hathor, la dea dell’amore e della gioia. Divenuta in seguito la regina dei morti, li aiutava a raggiungere il cielo con una scala. Il giorno di Capodanno, anniversario della sua nascita, era celebrato con grandi feste. Prima dell’alba le sacerdotesse portavano fuori dal tempio l’immagine di Hathor per esporla ai raggi del sole nascente. Il tripudio che seguiva era un pretesto per darsi a una vera orgia allietata da canti e vino in quantità. In Grecia invece, intorno al 600 a.C., si comincia a rappresentare Capodanno con la figura di un bimbo appena nato. Il neonato era il simbolo dell’annuale rinascita di Dioniso, dio del vino». E oggi cosa succede nel mondo? «In Brasile, il 31 dicembre, migliaia di persone si riversano sulle rive del mare per rendere omaggio alla dea delle acque e della vita Jemanja», dice Canevacci. «Si vestono di bianco (simbolo di purezza), gettano in acqua fiori e poi, dopo aver offerto alle sacerdotesse un sigaro e un bicchierino di cachaça, le interrogano sul futuro». In Messico, il primo gennaio di ogni anno, migliaia di persone visitano ”la colonna della vita” nelle rovine dell’antica città maya di Mitla. Qui, per capire quanto resta da vivere alla gente, si svolge un curioso rituale: un individuo circonda la colonna in pietra con le braccia, un altro misura con le dita quanto spazio resta fra le mani tese del compagno. A ogni dito corrisponde un anno di vita della persona che abbraccia la colonna. In Cina il Capodanno si festeggia con un grande corteo e un lunghissimo dragone d’oro di oltre sessanta metri. Tutto intorno c’è molto rumore: gong, tamburi, cimbali e mortaretti. La gente veste di rosso (il colore che simboleggia allegria e fortuna). Sul drago sono rappresentati tutti gli animali più importanti della mitologia cinese: il cammello, il cervo, il serpente, lo sparviero, la rana, il pesce. Anche in Giappone l’anno inizia il primo gennaio. Qui la gente si scambia regali, ad esempio bonsai di albicocco che significano felicità. A Capodanno, i santuari giapponesi sono affollati di persone che acquistano le hama-ya, freccette portafortuna, e oroscopi scritti su striscioline di carta. Una volta letti, si appendono ai rami degli alberi davanti ai templi. A metà gennaio, tutte le decorazioni usate per festeggiare, rami, piante e bambole di cartapesta, vengono bruciate: solo così ci si assicura fortuna e prosperità. In Giappone, inoltre, è comune preoccuparsi molto del primo sogno fatto per l’anno nuovo, perché si pensa che riveli ciò che accadrà durante l’anno a venire. Per assicurarsi un bel sogno i giapponesi comprano amuleti e speciali foglietti su cui è scritta la buona sorte. Ma anche in Europa sopravvivono usanze curiose. In molti paesi germanici, a mezzanotte, si getta nell’acqua stagno fuso. Poi, guardando la forma che si crea e la sua ombra, tutti cercano di indovinare cosa ha in serbo l’anno nuovo. In Gran Bretagna, la prima persona a mettere piede in casa a Capodanno deve essere un uomo giovane, sano, prestante e con i capelli scuri, che rechi con sé carbone, soldi, pane e sale, ovvero i simboli della ricchezza. In Scozia per l’anno nuovo, detto Hogmanay, le case vengono pulite a fondo (un antico rituale di purificazione) e si bruciano rami di ginepro, usanza che aveva lo scopo di rimuovere germi. Il cibo tradizionale è l’haggis, corposa pietanza a base di stomaco di pecora, fegato, avena, grasso di rognone, pepe e cipolla, accompagnata da formaggio e whisky. Il 31 dicembre, però, non è festa ovunque. Per milioni di persone, è un giorno dei tanti. «La divisione del tempo è frutto di una convenzione», racconta Cossard, «e non stupisce che gli uomini, che non si mettono d’accordo sulle questioni importanti, continuino a segnare lo scorrere del tempo in modo differente». Tutti i calendari prendono il via da un avvenimento particolarmente rilevante, capace di segnare uno spartiacque fra la situazione precedente e quella successiva. La nascita di Cristo segna l’avvio del calendario gregoriano, quello da noi usato. Prima (e anche dopo) l’affermazione dell’era cristiana il conteggio degli anni prendeva il via da altri avvenimenti: se i greci antichi utilizzavano come anno base quello della prima Olimpiade (il nostro 776 a.C.), i romani partivano invece dalla data della fondazione della loro città (753 a.C.). Ancora: i cinesi confuciani fanno partire il calendario dalla nascita di Confucio (551 a.C.), mentre gli antichi giapponesi identificavano l’anno zero con il 660 a.C., anno della fondazione dell’impero giapponese da parte del re Jimmutenno. Il 29 agosto 284 segna invece l’inizio del calendario copto (ancora oggi utilizzato in Etiopia): è la data simbolo dell’impero di Diocleziano.