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 2005  novembre 15 Martedì calendario

L’Australia Zoo di Beerwah, nel Queensland, può vantare tra i suoi ospiti una vera e propria celebrità

L’Australia Zoo di Beerwah, nel Queensland, può vantare tra i suoi ospiti una vera e propria celebrità. Si chiama Harriet, è una tartaruga gigante delle Galapagos e ha 173 anni, festeggiati recentemente con un dessert a base di fiori di ibiscus. Età venerabilissima che ne fa l’animale vivente più vecchio del mondo, parola di Guinness World Records. Ma Harriet è ancora più famosa per un altro motivo: imbarcata nel 1835 durante il celebre viaggio scientifico del brigantino Beagle, è stata nientemeno che l’animale domestico di Charles Darwin, proprio negli anni in cui il naturalista inglese formulava la sua teoria dell’evoluzione. Almeno questo racconta la leggenda. Così c’è chi, come il micro-paleontologo inglese Paul Chambers, ha deciso di vederci più chiaro, cercando di capire se questa storia, tanto affascinante da sembrare finta, sia invece supportata da fonti attendibili. Ma quali sono queste fonti? Prima di tutto la lettera che Ed Loveday, uno storico in pensione nel Queensland, scrisse al giornale locale nel 1994, descrivendo tre tartarughe giganti che aveva visto nel 1920 nei Brisbane Botanical Gardens, sempre in Australia. Tartarughe che, si diceva, erano un dono di metà Ottocento di John Wickham, un compagno di viaggio di Darwin. Che Harriet fosse una di quelle tre tartarughe è convinzione di Scott Thomson, un erpetologo australiano, che ha provato l’effettiva provenienza della tartaruga dai Brisbane Botanical Gardens. Un altro elemento è stato aggiunto da David Fleay, un naturalista che ha ospitato Harriet nel suo giardino zoologico nella fase di passaggio tra i Brisbane Botanical Gardens e l’Australia Zoo. Fleay (che peraltro sosteneva che Harriet fosse femmina, nonostante il nome derivante dal maschile Harry) aveva avuto informazioni certe sulla presenza dell’animale a Brisbane verso il 1870, ma nella città australiana Chambers non ha potuto trovare conferme precedenti al 1893, anno in cui gli archivi locali furono devastati da un’inondazione. Né ha avuto maggior fortuna a Sydney o alla British Library di Londra cercando notizie su John Wickham. Ma naturalmente la fonte principale rimanevano i diari di bordo e gli scritti dello stesso Darwin, che durante la sosta alle Galapagos rimase indubbiamente affascinato dalle tartarughe giganti. Seguendo i costumi locali, se ne cibò in abbondanza, bevendone anche l’urina («dal sapore leggermente amaro») direttamente dalla loro vescica. Ma, ovviamente, il suo era un interesse soprattutto scientifico: a San Salvador ne prelevò un giovane esemplare da tenere con sé, un altro fu raccolto dal suo servitore Syms Covington a Santa Maria, e altri due furono prelevati all’Isola Española dal capitano del Beagle Robert Fitz Roy, che nel suo diario ne annotò la crescita in maniera quasi maniacale. Se Harriet era una di queste quattro tartarughe, diventava interessante scoprire quale fosse stato il loro destino dopo che il Beagle attraccò definitivamente nel bacino inglese di Plymouth (ottobre 1836). Quel che è certo è che da quel momento Darwin cita molto raramente le tartarughe nei suoi scritti, ad esempio in un inventario dei beni del Beagle attualmente conservato nella biblioteca dell’Università di Cambridge. Pare francamente difficile che la sua nuova vita, fatta di frequenti viaggi e di visite a parenti e colleghi per tutta l’Inghilterra, fosse conciliabile con la presenza di una tartaruga. più probabile che l’animale sia stato affidato al fedele Covington, che visse a bordo del Beagle fino alla vigilia di Natale di quello stesso anno, salvo poi sbarcarne con tutta la collezione di animali selvatici di Darwin. All’inizio del 1837 le tartarughe tornarono protagoniste dei pensieri del naturalista: il governatore delle Galapagos si era vantato con lui di poter stabilire l’isola di provenienza di una tartaruga semplicemente dalla forma della corazza. Così Darwin iniziò a pensare che lo sviluppo di nuove specie di piante e animali potesse dipendere dall’isolamento su isole di nuova formazione come le Galapagos. Sapendo che le quattro tartarughe erano state raccolte in tre isole diverse, le portò all’esperto di rettili del British Museum John Gray nella speranza che potesse individuare differenze specifiche tra gli animali e quindi avvalorare le sue tesi. La visita fu però infruttuosa e per formulare la sua teoria dell’evoluzione Darwin si servì, com’è noto, dei fringuelli che aveva catturato alle Galapagos. Ma che fine avevano fatto le nostre quattro amiche? Secondo i documenti degli zoo inglesi, nessun esemplare di tartaruga gigante importato nell’Ottocento sopravvisse più di qualche anno, probabilmente a causa del freddo. Certamente gli esemplari del capitano Fitz Roy morirono nel marzo 1837. Se Harriet è realmente stata la tartaruga di Darwin, dev’essere quindi rimasta con lui almeno fino al 1841, anno in cui venne affidata a Wickham e quindi portata in Australia. Si tenga però presente che proprio nel marzo 1837 Darwin si stabilì a Londra a casa del fratello, un alto palazzo in Great Marlborough Street con un piccolo giardino, certamente l’ultimo posto dove ospitare una tartaruga delle Galapagos (diventata ormai ”gigante”) nei gelidi mesi invernali. Oltretutto nei suoi scritti del periodo le tartarughe non vengono mai nominate. Tranne una volta, nel 1874, ed è un’affermazione che aiuta più a confondere le idee che a chiarirle. Alla precisa domanda di Albert Günther, curatore della sezione zoologica del British Museum con una passione sfrenata per le tartarughe giganti, Darwin rispose che dalle Galapagos non aveva personalmente importato nessuna tartaruga. Lo avevano fatto alcuni suoi compagni di viaggio, ma ricordava vagamente che gli animali fossero poi stati affidati alle istituzioni militari inglesi. Non è chiaro perché Darwin contraddicesse totalmente i suoi stessi appunti di viaggio, ma certamente se ne può dedurre che il suo rapporto con le tartarughe fu breve e superficiale. Oltretutto gli archivi delle istituzioni militari beneficiarie della presunta donazione non menzionano alcuna tartaruga. Come accennato, alla soluzione del mistero non dà alcun contributo la scarsa documentazione su John Wickham, che avrebbe portato in Australia la tartaruga consegnatagli da Darwin a Londra nel 1841. In quell’anno Wickham era in Australia a fare rilevazioni topografiche per la marina. E anche le sue lettere e il suo nome nel censimento del 1841 fanno pensare che non lasciò mai Sydney. Lo stesso Darwin conferma nei suoi appunti che rivide per la prima volta l’amico dai tempi del Beagle soltanto in occasione di una riunione organizzata a Londra nel 1862 da un vecchio compagno comune. Quando la ricerca sembrava entrata in un vicolo cieco, Thomson ha informato Chambers che nel 1998 Scott Davis, un ricercatore della Texas A&M University, aveva sottoposto Harriet a un test del Dna senza poi renderne noti i risultati. Ma Chambers, bravo e fortunato, è riuscito a scovarli nella tesi di uno degli studenti di Davis, dove si afferma che Harriet è una geochelone nigra porteri, una sottospecie rintracciabile esclusivamente nell’isola Santa Cruz delle Galapagos. Se da una parte questo conferma la teoria darwiniana (che cioè ogni isola dell’arcipelago aveva la sua sottospecie di tartaruga gigante), dall’altra dimostrerebbe che Harriet non era una delle quattro tartarughe imbarcate sul Beagle, provenienti dalle isole Española, Santa Maria e San Salvador, ma non da Santa Cruz. Thomson, però, non si è rassegnato: gli abitanti di Santa Maria, ha fatto notare, si recavano regolarmente nelle isole circostanti per catturare tartarughe da mangiare. Non è quindi impossibile che Darwin abbia raccolto a Santa Maria una tartaruga importata da Santa Cruz invece di una sottospecie locale. A questa tesi si oppone Frank Sulloway, storico della scienza all’University of California di Berkeley ed esperto delle tartarughe delle Galapagos e della spedizione del Beagle. Secondo lui la maggior parte delle tartarughe destinate alla nutrizione provenivano da San Salvador, isola ricca del sale naturale usato per conservare la carne, mentre Santa Cruz, impenetrabile e povera di acqua potabile, difficilmente poteva rappresentare una meta interessante per gli abitanti di Santa Maria. Sembra quindi improbabile che Harriet e Darwin si siano realmente incontrati, ma questo non vuol dire che la tartaruga non sia realmente ultracentenaria. I famosi test genetici hanno infatti evidenziato differenze sostanziali tra il Dna di Harriet e quello delle tartarughe che vivono attualmente a Santa Cruz. La causa sarebbe l’abbattimento indiscriminato e pressoché totale delle tartarughe giganti dell’isola negli anni immediatamente successivi alla visita di Darwin del 1835. Harriet sarebbe quindi l’unico esemplare della vecchia sottospecie sfuggito alla strage, non grazie a Darwin, ma probabilmente a una baleniera di passaggio dalle Galapagos con destinazione Australia (e questo non sarebbe un caso isolato). Se questa fosse l’ipotesi corretta, Harriet avrebbe almeno 169 anni e potrebbe continuare a comparire legittimamente sulle pagine del Guinness World Records. Quanto all’incontro con Darwin, è possibile che Harriet abbia effettivamente visto il Beagle veleggiare al largo di Santa Cruz, ma abbia solo sfiorato l’appuntamento con la storia.