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 2005  novembre 15 Martedì calendario

In difesa degli interventi sui patrimoni genetici

Il codice genetico, con poche minime eccezioni, è identico in tutte le creature viventi su questo pianeta: dai batteri solforosi alle sequoie giganti, dai funghi agli esseri umani. Tutte le creature viventi, almeno sul nostro globo, sono ”fatte” allo stesso modo. Le conseguenze sono sorprendenti. Ciò significa che un sottoprogramma del software (un gene è proprio questo) può essere copiato da una specie e passato in un’altra specie, dove lavorerà esattamente nel modo in cui lavorava nella specie originaria. Questa è la ragione per cui il famoso gene ”anticongelamento”, originariamente evolutosi nel pesce artico, può proteggere un pomodoro dai danni del gelo. Allo stesso modo un programmatore della Nasa che vuole un andamento a radice quadrata definita per il sistema operativo del suo missile potrebbe importarne uno da un foglio elettronico finanziario. Una radice quadrata è una radice quadrata. Un programma per calcolarla funzionerà per un missile spaziale allo stesso modo che in un progetto finanziario. Che dire, allora, della viscerale ostilità, crescente fino all’avversione, contro tutte queste importazioni ”transgeniche”? Sospetto che essa discenda da un fraintendimento pre-Watson/Crick. Certamente, recita l’attraente ma erroneo ragionamento, un gene anticongelamento che proviene da un pesce deve arrivare con un ”aroma” di pesce! Certamente, è ”innaturale” inserire il gene di un pesce, da sempre ”destinato” a lavorare solo in un pesce, nell’ambiente estraneo di una cellula di pomodoro! Eppure, nessuno pensa che una radice quadrata porti con sé un ”aroma finanziario” quando viene trasferita nel sistema operativo di un missile. La stessa idea dell’”aroma”, in questo senso, non è solo sbagliata; ma è sbagliata in modo profondo e interessante. A tal proposito, è un pensiero rasserenante che la maggior parte dei giovani di oggi, i quali comprendono il software del computer meglio dei loro vecchi, dovrebbe istantaneamente afferrare questo punto. L’attuale luddismo nei confronti dell’ingegneria genetica potrebbe morire di morte naturale nel momento in cui la generazione che non sa niente di computer sarà sorpassata. Non vi è dunque nulla, proprio nulla, di fondato nelle apprensioni del principe Carlo, di lord Melchett e dei loro amici? Non andrei così lontano, anche se certamente vi è in loro una certa confusione. L’analogia con la radice quadrata potrebbe non essere corretta dal seguente punto di vista. Che cosa accadrebbe se ciò di cui ha bisogno il programma operativo del missile non fosse una radice quadrata, ma un’altra funzione che non è letteralmente identica all’equivalente finanziario? Supponiamo che essa sia sufficientemente simile, in modo che l’andamento principale possa effettivamente essere preso in prestito, ma che continui a richiedere un aggiustamento nel dettaglio. In tal caso è possibile che, se importiamo il sottoprogramma così com’è, il funzionamento del missile mostri delle irregolarità. Tornando alla biologia, i geni, pur essendo effettivamente sottoprogrammi isolati di un software digitale, non sono isolati nei loro effetti sullo sviluppo dell’organismo, dato che qui essi interagiscono con il loro ambiente, incluso fondamentalmente l’ambiente fornito dagli altri geni. Il gene anticongelamento potrebbe dipendere, per produrre un effetto ottimale, dall’interazione con altri geni presenti nel pesce. Catapultato nell’ambiente genetico estraneo di un pomodoro, esso potrebbe non funzionare adeguatamente, fino a che non sia reso idoneo (il che può essere fatto) a mescolarsi con i geni esistenti del pomodoro. Ciò significa che esistono ragioni da ambo i lati della questione e che abbiamo bisogno di pervenire a un giudizio ponderato. Gli ingegneri genetici hanno ragione sul fatto che possiamo risparmiare tempo e fatica ascendendo lungo i crinali dei milioni di anni di ”ricerca e sviluppo” che ha impiegato la selezione naturale darwiniana per sviluppare l’anticongelamento biologico (o qualsiasi cosa si stia cercando). Ma anche gli uccelli del malaugurio avrebbero qualche ragione, se ammorbidissero la loro posizione convertendo l’emozionale e viscerale avversione in un razionale argomento a favore di test di sicurezza rigorosi. Nessuno scienziato rispettabile si opporrebbe a un simile argomento. (Richard Dawkins, ”Il cappellaio del diavolo”, Cortina 2004).