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 2005  novembre 14 Lunedì calendario

Come se il nostro pianeta fosse scivolato a ritroso nel tempo per miliardi di anni. In un territorio dove regna la desolazione, ogni cosa è color arancione e il vento ruggisce con voce aliena, mai udita da essere umano

Come se il nostro pianeta fosse scivolato a ritroso nel tempo per miliardi di anni. In un territorio dove regna la desolazione, ogni cosa è color arancione e il vento ruggisce con voce aliena, mai udita da essere umano. L’aria è satura di densa atmosfera, una nebbia così fitta che pare impenetrabile. Dietro la cortina, ci sono forse fiumi e laghi di metano: difficile dirlo con certezza, anche se le sbiaditissime foto paiono rivelare agli esperti chissà quali sorprese. Ma non c’è alcun viaggio nel tempo, perché il paesaggio gelido e secco che ci appare non giunge dal passato della Terra, ma da Titano, la luna più grande di Saturno. Il 14 gennaio scorso, alle 17.19 ora italiana, la sonda Huygens ha penetrato l’atmosfera del satellite, atterrando senza danni sulla superficie, dopo un viaggio durato sette anni attraverso il sistema solare, a bordo del veicolo spaziale Cassini. «Un successo tecnologico e scientifico al di là delle aspettative», dichiara Marcello Corradini, coordinatore delle missioni del sistema solare dell’Agenzia spaziale europea (Esa). L’entusiasmo è tutt’altro che fuori luogo. La collaborazione tra Esa, Agenzia spaziale italiana (Asi) e la Nasa ha davvero condotto a un traguardo che sembrava insperato, soprattutto ricordando la sfortunata missione della sonda ”Beagle 2”, perduta su Marte esattamente un anno fa. Ora, invece, il successo: uno degli oggetti astronomici più misteriosi del nostro sistema solare è stato finalmente violato. La sonda Huygens ha cominciato la trasmissione dei dati all’orbiter Cassini quattro minuti dopo l’inizio della discesa, continuando a trasmettere finché Cassini è rimasto al di sopra dell’orizzonte di Titano. Alle 11.25 del 15 gennaio, ora italiana, il radiotelescopio di Green Bank, in West Virginia (Usa), ha ricevuto un debole ma inequivocabile segnale radio proveniente dalla luna. L’impatto è stato meno violento di quanto si pensasse: il suolo di Titano è simile all’argilla bagnata. Non da comune acqua, naturalmente, ma con ogni probabilità da idrocarburi allo stato liquido. Secondo la più ottimistica delle ipotesi, Huygens doveva sopravvivere 30 minuti. Invece, è riuscita a trasmettere per oltre due ore, inviandoci circa 350 fotografie dell’oggetto celeste più lontano mai esplorato dall’umanità. Le immagini scattate durante la discesa forse non vinceranno alcun premio per la loro nitidezza ma, a detta degli esperti - per quanto opache e in bianco e nero - sono fantastiche per la quantità d’informazioni che riproducono. C’è un massiccio montuoso sulla superficie della luna, percorso da una rete di fiumi con tanto di affluenti. Forse s’intravede qualche lago. «Al momento, Titano è l’unico luogo dell’universo che conosciamo, dopo la Terra, ad avere una geologia attiva», ha commentato Marcello Corradini. Il vento ha raffiche che raggiungono i 400 chilometri, la temperatura arriva a -180°: sempre che ce ne sia, inutile sperare di trovare acqua ”normale”. Piuttosto etano e metano liquidi. Per il 93 per cento, l’atmosfera è composta da azoto, come la nostra. Il resto è metano. Sembra la Terra miliardi di anni fa, a parte il gelo implacabile. Poi Huygens atterra, ed ecco la prima fotografia a colori del satellite: il cielo di Titano è arancione pallido, a causa delle reazioni chimiche che avvengono nell’atmosfera, satura di idrocarburi. E poi sassi, tanti sassi rotondi fino all’orizzonte. «Ma non sono rocce», precisa Martin Tomasko, dell’Università di Tucson (Arizona), responsabile dell’elaborazione delle riprese fotografiche. «Sono palle di ghiaccio d’acqua, di metano e forse d’azoto». I più grandi hanno le dimensioni di una noce di cocco, altri di un’arancia, altri ancora non superano i 3-4 centimetri. Rocce così levigate fanno pensare a un fenomeno erosivo. «Sì, apparentemente il loro aspetto fa pensare allo scorrimento di un liquido, ma di certo questo liquido non è acqua», dice Enrico Flamini, responsabile dell’Asi per l’esplorazione del sistema solare. Il mistero non ha ancora fine.