Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  novembre 14 Lunedì calendario

«Mascherandosi anche solo per qualche settimana, si aveva la possibilità di evadere dalla propria vita» dice il professor Bernardi

«Mascherandosi anche solo per qualche settimana, si aveva la possibilità di evadere dalla propria vita» dice il professor Bernardi. «Oltretutto, chi si travestiva non si limitava a indossare i panni di un altro, ma ne scimmiottava il comportamento, enfatizzandone vizi e difetti fisici. Gli ultimi, all’improvviso e provvisoriamente, prendevano il posto dei primi. Chi stava in basso nella scala sociale aveva finalmente la possibilità di rifarsi delle angherie subite e di prendersi gioco dei suoi superiori. Si celebravano tutti quei valori esclusi dall’ascesi cristiana come il mangiare, la carnalità, la sessualità, il mascheramento, la follia, lo spreco, l’aggressività» continua Bernardi. «Spesso questi valori non rimanevano nell’ambito del puro divertimento, ma sfociavano in risse, in zuffe. Mascherati, e quindi irriconoscibili, si poteva prendere a botte chi era stato arrogante o esternare finalmente tutto il proprio risentimento, lanciando addosso ai passanti sassi e uova marce che hanno nei nostri coriandoli e nelle stelle filanti i più lontani eredi. Del resto, ancora oggi, ci sono località in cui i coriandoli non bastano, come a Ivrea (Torino), dove il martedì grasso si festeggia a suon di arance tirate ai carri allegorici. E, nella realtà più movimentate e disagiate, ci sono adolescenti che alle stelle filanti preferiscono bombolette spray da indirizzare verso signore impellicciate. Fino al Seicento, il Carnevale fu davvero vissuto in mezzo alla violenza: c’è chi, come lo scrittore Opicino de Canistris, nel Trecento, parla delle bataliole di Pavia, battaglie a colpi di bastoni o armi di legno e scudi. Le maschere si scagliavano sui passanti con palloncini fatti con la vescica di maiale. Violenze sessuali e stupri erano un frequente corollario ai festeggiamenti, così come l’irruzione nelle case private, il saccheggio, i pestaggi, le derisioni e ogni sorta di eccesso collettivo e individuale». Fino ad arrivare a veri e propri fatti di sangue che hanno trovato pretesti e copertura dietro l’anonimato delle maschere. Piccole rivolte locali, delitti su commissione o vendette sanguinose di singoli o gruppi sociali emarginati contro i potenti del luogo, sono stati tutt’altro che infrequenti, in un mondo al contrario portato alle estreme conseguenze.