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 2005  settembre 07 Mercoledì calendario

De Mattia, l’uomo ombra di Fazio che viene dal Pci. Corriere della Sera 07/09/2005. Roma. Ricorda Antonio Bellocchio: «Angelo De Mattia? Era un compagno

De Mattia, l’uomo ombra di Fazio che viene dal Pci. Corriere della Sera 07/09/2005. Roma. Ricorda Antonio Bellocchio: «Angelo De Mattia? Era un compagno. Che fosse cattolico, non me ne sono mai accorto». Ex deputato Pci, Bellocchio ha vissuto il periodo a cavallo fra la fine degli anni Ottanta e Tangentopoli praticamente in simbiosi con l’attuale segretario particolare del cattolicissimo Antonio Fazio. O meglio, la sua potentissima eminenza grigia. Ma come De Mattia sia arrivato a tanto nemmeno lui lo sa. E in Banca d’Italia, dove ormai i suoi nemici non si contano più, continuano inutilmente a chiederselo. Chi non è ancora in pensione se lo ricorda giovane sindacalista dell’Unione, il sindacato di Bankitalia legato alla Cgil. Giovane e ambizioso impiegato, arrivato in via Nazionale da Vallo della Lucania, e autore di una strepitosa carriera nel sindacato: culminata, nel 1983, con la carica di segretario generale aggiunto della Fisac Cgil. Comunista, De Mattia non era noto per essere un moderato. «Pci Banca d’Italia, cellula della quarta internazionale»: nel partito c’era chi all’epoca parlava di lui in questi termini. Legato a Sergio Garavini, che sarebbe poi stato il primo segretario di Rifondazione comunista, a un certo punto preferì scrivere sul Manifesto piuttosto che sull’Unità. La sua collaborazione con il quotidiano comunista durò 12 anni e 379 articolesse. Ancora non mandava, come oggi, lettere al Financial Times in risposta ai caustici articoli del quotidiano inglese. Erano gli anni in cui, dal sindacato, De Mattia aveva avviato la scalata nel partito. Ma per Gianfranco Polillo, oggi capo di gabinetto del ministro del Programma Stefano Caldoro, tutto era cominciato molto prima, con l’epurazione da parte di Enrico Berlinguer, con il sostegno attivo di Franco Rodano e Tonino Tatò, del gruppo dei riformisti di Giorgio Amendola, che aveva in mano l’ufficio economico del partito. «Tutto», racconta Polillo, all’epoca giovane amendoliano, «passò nelle mani di Luciano Barca e dei cattocomunisti». Arrivarono Piercarlo Padoan, ora al Fmi, e Giovanni Manghetti, in seguito presidente dell’Isvap, che faceva l’ufficiale di collegamento con Bankitalia. E spuntò anche De Mattia, in seguito collaboratore di Giuseppe D’Alema, il padre di Massimo. Finché il dipartimento economico non toccò ad Alfredo Reichlin. Di tempo ne è passato a sufficienza e Manghetti non ha voglia di rivangare un passato doloroso. Se non per dire che ha ormai concesso «un cristiano perdono» a De Mattia, che un giorno gli giocò un brutto scherzo. Quale? Gli fece le scarpe, prendendo il suo posto come responsabile credito del Pci. Ma siccome tutto a un certo punto deve finire, e De Mattia non era riuscito a coronare il sogno di fare il deputato, ritornò a tempo pieno in Bankitalia. Nel frattempo era stato trasferito dalla segreteria della Vigilanza all’Organizzazione. E senza volerlo si trovò sulla via di Damasco. Dove fu inevitabilmente folgorato. Fazio, diventato governatore, gli chiese una mano per riorganizzare gli uffici. Da quel momento i due furono inseparabili. De Mattia diventò l’unica interfaccia del governatore con l’esterno. Prese in mano le redini delle relazioni esterne e soprattutto dei rapporti con i politici. Naturalmente i più fedeli, come Luigi Grillo, Ivo Tarolli, Riccardo Pedrizzi. I suoi nemici gli attribuiscono un potere immenso. Di cui probabilmente lui stesso è perfettamente conscio. Almeno se è vero, come ha rivelato un giorno Maria Angiolillo, che De Mattia avrebbe a lungo insistito per essere ammesso al salotto, il suo, più esclusivo di Roma. Di certo c’è che Fazio lo ha nominato funzionario generale e progettava per lui un ingresso nel direttorio. Magari dopo averlo nominato capo della Vigilanza: mossa che però a quanto pare non riuscì perché Giulio Tremonti, allora superministro, si mise di traverso. Nel 1999, quando c’era in ballo il Quirinale, ci furono 100 parlamentari ex Dc che votarono contro Ciampi. Fazio prese 4 voti, ma si dice che fosse stato convinto (da De Mattia) della possibilità di farcela lui a salire sul Colle, grazie all’appoggio degli ex Dc, se Ciampi avesse fallito. Forse solo malignità. Al Quirinale, però, sarebbe stato costretto a esporre le bandiere dell’Italia e dell’Unione europea che, come hanno già denunciato i sindacati, la Banca d’Italia chissà perché non espone tutti i giorni, come invece prevede la legge. E avrebbe dovuto presenziare al tradizionale ricevimento del 2 giugno, festa della Repubblica: appuntamento che invece, ogni anno, Fazio diserta. Con il consenso, evidentemente, del fido Angelo. Sergio Rizzo