Federico Rampini, "la Repubblica" 29/8/2004, 29 agosto 2004
Cina. Tra le circa 6.500 lingue del mondo c’è anche il Nushu, parlato in Cina, provincia dello Hunan, da tre donne: Yang Huanyi di 94 anni, He Yanxin e He Jinhua di 64
Cina. Tra le circa 6.500 lingue del mondo c’è anche il Nushu, parlato in Cina, provincia dello Hunan, da tre donne: Yang Huanyi di 94 anni, He Yanxin e He Jinhua di 64. Che siano donne le ultime superstiti non è strano: il Nushu è una lingua inventata 1.500 anni fa dalle spose che volevano comunicare tra di loro e a cui non veniva mai insegnato il cinese classico (o mandarino). Delle analfabete, cioè, che superarono la loro condizione fabbricandosi una lingua prima scritta e poi anche parlata. Proibita ancora ai tempi di Mao, può, adesso che sta per estinguersi, circolare. qualcosa, nonostante tutto, perché due linguiste cinesi (Zhao Ljming e Gong Zhebing) e due giapponesi (Toshiyuki Obata e Orie Endo) si sono messe a studiarla e a ricostruirne la storia. Si è capito questo: che le donne la usavano in segreto, di nascosto dai mariti, e che scrivevano sempre in versi riversando tutte le loro pene sul libro del cuore che ricevevano il giorno delle nozze nel momento in cui lasciavano la casa dei genitori per raggiungere quella del marito. Per esempio: «Le mie cognate mi disprezzano / da mangiare ho solo un po’ di crusca / con dell’acqua per farne una minestra / mi costringono a fare tutto il lavoro domestico / ma il mio stomaco è vuoto». Oppure: «Mi dimentica per andare alle bische / ne ho abbastanza di soffrire / quando mi picchia e non posso fuggire / ho cercato di impiccarmi / ma gli zii mi hanno riportato in vita». Teniamo presente che sono parole di mille anni fa. In un’altra poesia, la protagonista è così disperata da parlare di sé in terza persona: «Questa donna dal destino spregevole, essere inutile, nata dalla parte sbagliata». Il Nushu consisteva in 1.500 caratteri che traducevano in simboli i suoni della lingua locale.