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 2005  agosto 21 Domenica calendario

Greta Garbo. La Repubblica 21/08/2005. Cento anni fa, il 18 settembre del 1905, nasceva Greta Garbo

Greta Garbo. La Repubblica 21/08/2005. Cento anni fa, il 18 settembre del 1905, nasceva Greta Garbo. Cosa resta di lei? L´inaccessibilità di una diva senza uguali consacrata alla solitudine. La sua fuga da tutto e da tutti: dal successo, dalla ribalta, da Hollywood, dagli amori anche ambigui, dalla curiosità morbosa della gente nello spiare la decadenza. Nessuna è stata più bella ed emozionante di lei, nessuna ha irradiato tanto magnetismo, nessuna ha saputo assorbire la luce così. Gli spettatori ammiravano soggiogati i primi piani di quel viso enigmatico, l´economia e la sobrietà dei gesti, l´eleganza androgina e sensuale, l´interiorità degli sguardi, il mistero, l´abbandono, il predominio sul maschio, l´alone di malinconia. Non una donna di carne e sangue ma una dea, l´apparizione di una bellezza platonica, disincarnata e pura, tanto che Fellini la definirà intimorito «sacra come la Messa». La Garbo, disse, «mi ha sempre provocato una grande soggezione per il suo volto solenne da imperatrice monaca che incuteva grande rispetto». Un volto, lo definirà Roland Barthes, «di neve e solitudine». La malia del nome è merito del suo pigmalione, Mauritz Stiller, negli anni Venti il più grande regista svedese. lui che ha saputo intravedere nella ragazzotta un po´ goffa ma molto malleabile, commessa ai grandi magazzini, la qualità della diva se non della Divina. lui che la plasma (dirà dopo la rottura: «Non trattatela come una creatura umana, non lo è, trattatela come plastilina»). lui che le dà i libri giusti da leggere (leggerà sempre pochissimo Greta Lovisa Gustaffson, titolo di studio la quinta elementare). lui che le insegna a trattare con degnazione, poi sarà disprezzo, i giornalisti. E anche a camminare, a muoversi, a recitare. lui che le scava le guance e il profilo imponendole di perdere dieci chili e le trova quel nome d´arte rapido e fatato che sia «moderno, elegante, breve, internazionale». Il prodotto è pronto per essere lanciato sul mercato e il successo arriva immediatamente, prima in Svezia, con il film di quattro ore La saga di Gosta Berling, poi a Hollywood, dove il sodalizio fra «la Bella e la Bestia», così chiamavano Stiller e la meravigliosa diciannovenne Greta, si liquefà rapidamente. Hollywood vuole lei ma non lui, che oltretutto ha cattivo carattere e litiga quasi subito con la Metro Goldwyn Mayer. Dalla California, odiata per il troppo sole, per il chiasso, per i ritmi frenetici, appare subito lontanissima a Greta la sua infanzia di privazioni nei bassifondi di Stoccolma, il padre spazzino alcolista morto quando lei aveva quattordici anni, la madre lavandaia, le privazioni se non addirittura la fame, il primo impiego in un negozio di barbiere dove, poco più che bambina, insaponava la faccia ai clienti. La Mgm le impone un ulteriore dimagrimento: via, con altri dieci chili, ogni residuo di carnalità. La rapidità con cui Garbo scala la vetta della fama e viene osannata come l´attrice più fascinosa di tutti i tempi è vertiginosa. con La carne e il diavolo, il suo quarto film, del ’27, insolito melodramma con finale misogino, che Greta Garbo passa alla storia del cinema consacrandosi come icona di magnetismo erotico. Indimenticabile, per i cultori, la scena in cui, accostandosi all´Eucarestia, sceglie di bere dal calice proprio nel punto esatto in cui l´amante ha appena bevuto e che ha lasciato umido delle sue labbra. subito chiaro che, indipendentemente dal ruolo e dal personaggio, è lei a condurre il gioco amoroso, distillato in quei baci leggendari in cui l´uomo è quasi sempre steso sotto i lei, prima che il codice Hays imponga i suoi veti in nome della morale. In tutto ha girato ventisette film, dieci dei quali muti. Nel passaggio al sonoro, avvenuto con Anna Christie nel 1930, il mondo ha trattenuto il respiro. «Garbo talks!» era lo slogan di un battage pubblicitario imponente. «Garbo parla!». Già, ma come parla? Con una voce che fa centro come e più del suo viso e del suo sguardo: calda, bassa, sensuale, modulata con sapienza. Non amava i suoi film, Greta Garbo, salvandone tutt´al più un paio, giudicherà le sue eroine anguste, odierà il suo lavoro: «Detesto questa professione, che mi procura solo sofferenza», scriverà a un´amica in Svezia. Ma i suoi film sono un trionfo via l´altro, che fanno di lei l´attrice più pagata di Hollywood: mai una donna ha avuto simili compensi, 250mila dollari a film, con un record assoluto per Anna Karenina. Curiosamente, pur avendo ottenuto quattro volte la nomination, non vinse mai l´Oscar. E quando, nel 1955, gliene fu tardivamente tributato uno alla carriera, ormai autoreclusa la Garbo non solo non andò a ritirarlo, ma non mandò neppure due righe di ringraziamento. Passare dal muto al sonoro fu per lei meno traumatizzante che passare dal tragico al comico, dal dramma alla commedia. Il suo penultimo film, Ninotchka («Garbo ride!», annunciava la pubblicità) non fu accolto bene. E ancora meno bene fu accolto Non tradirmi con me, di Cukor, stroncato dai critici che giudicarono la Garbo incapace di una recitazione leggera e brillante. Tanto bastò: nello stesso anno - era il 1941 - Greta Garbo mise la parola fine alla sua carriera, fece calare il sipario. Esigente, perfezionista, abituata all´adorazione, non gradì quel granello in meno di incenso. O forse stava, più semplicemente, aspettando il pretesto per poter levare il disturbo uscendo da una carriera che lei giudicava effimera. E uscendone a testa alta, allo zenit della propria bellezza radiante, con quel viso di neve e solitudine non ancora intaccato dagli insulti degli anni. Anche se lei si sentiva addosso l´ossessione del passare del tempo, in un´epoca, che oggi appare preistoria, in cui la chirurgia plastica era solo agli albori: «La mia fortuna era fondata sulla mia giovinezza, sull´apparire levigata - dirà -. stato davvero un bene che io mi sia fermata in tempo... Sono invecchiata in fretta. Succede in America». Un´autoeclissi. Aveva trentasei anni quando ruppe lo specchio. Vivrà ancora quasi mezzo secolo in fuga da se stessa, dal cinema, dalla vetrina, dagli sguardi indiscreti. Muore il giorno di Pasqua del 1990, a ottantacinque anni, senza mai essere tornata davanti alla macchina da presa. Eppure il suo diniego, per lo meno all´inizio, non fu granitico. Per anni prese seriamente in considerazione proposte e copioni, pur stracciandoli poi tutti. Per anni il suo corteggiatore e quasi sposo Cecil Beaton la spronò a tornare al lavoro «altrimenti la tua vita sarà una lunga morte». La cercarono Jean Cocteau, Ingmar Bergman, Luchino Visconti. Andò molto vicino a recitare di nuovo con Cukor, quasi convinta da Tennessee Williams, autore della sceneggiatura. « bellissima! Ma non per me. Date la parte a Joan Crawford». I ruoli che le sarebbero interessati davvero, e che nessuno le ha mai offerto, sembravano plasmati sulla sua androginia, come quello di Dorian Gray per esempio, che sognava di interpretare, o di George Eliot. Fu lei a sollecitare Aldous Huxley a scrivere un soggetto sulla vita del Poverello d´Assisi: la parte che voleva per sé non era però quella di Santa Chiara, bensì quella di San Francesco. Non se ne fece nulla. Altro mito da sfatare è la reclusione della Divina. Le maglie erano strette, ma non strettissime. Si autorecluse e si murò viva rispetto al mondo del cinema, continuando tuttavia a vivere, viaggiare (sempre sotto nomi falsi), frequentare la sua piccola facoltosa colonia di amici internazionali la cui ricchezza, spesso, le consentiva fosse pienamente e lussuosamente rispettata la sua privacy. Da New York a Londra, a Parigi, alle nevi e ai boschi dell´Engadina alle crociere nel Mediterraneo. Dunque non un´eremita. Onassis (del quale la Garbo dirà che aveva una barca troppo corta per le sue passeggiate) la definì «una donna semplice che non conosce il calcolo». Per Winston Churchill Greta Garbo «è la donna più interessante di tutti i tempi». Le infinite biografie non autorizzate la tratteggiano invece come una donna avida, egoista, lunatica, diffidente. La sua riservatezza è stata spesso scambiata per superbia. «Sognavo di essere un giorno padrona della mia vita», disse quando annunciò il ritiro. E chissà se alla fine c´è riuscita. Il mondo, non solo quello del cinema, si prepara a commemorarla non senza qualche imbarazzo di fronte alla sua statura così fuori scala: una figura di diva assoluta che non ha avuto né imitatrici né colleghe degne di venirle, neppure lontanamente, accostate. Una figura, per gli esperti di moda, di look e di tendenze, che non potrebbe essere più moderna e attuale. Hollywood si è già tolto il pensiero con una serata dal titolo Centennial Tribute che si è svolta con congruo anticipo il 7 aprile scorso, organizzata dalla Academy. Anche la sua città natale, in collaborazione con il Museo Nazionale di Stoccolma, ha giocato d´anticipo: si è inaugurata il 4 giugno, e resterà aperta fino al 30 settembre, la mostra di fotografie La Divina nel castello di Gripsholm. Si apre invece il 16 settembre, al Museo Postale di Stoccolma, l´esibizione di lettere, testimonianze, foto edite e inedite, oggetti d´arte, cartoline della Garbo. La mostra resterà aperta fino al 26 marzo del 2006. Verranno proiettati i suoi film più celebri e si terranno conferenze a tema. Nella settimana a cavallo del centenario i grandi magazzini Pub, dove a diciotto anni Greta Garbo faceva la commessa nel reparto abbigliamento, dedicheranno alla diva e ai suoi personaggi tutte le loro vetrine. Appositi pacchetti turistici prevedono una visita al piccolo parco di Stoccolma intitolato al suo nome e una sosta nel cimitero di Skogskyrkogarden, dove l´attrice è sepolta. Laura Laurenzi