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 2005  agosto 21 Domenica calendario

Il mistero della Terra. Repubblica 21/08/2005. La Terra: uno strano geoide, un pianeta su misura per noi umani? Collocato alla giusta distanza dal nostro Sole, in modo da non arrostirci né gelarci, come invece accade ai pianeti "fratelli" Venere e Marte, abbondantemente provvisto di acqua allo stato liquido, precondizione per l´emergere della vita e per regolare la temperatura

Il mistero della Terra. Repubblica 21/08/2005. La Terra: uno strano geoide, un pianeta su misura per noi umani? Collocato alla giusta distanza dal nostro Sole, in modo da non arrostirci né gelarci, come invece accade ai pianeti "fratelli" Venere e Marte, abbondantemente provvisto di acqua allo stato liquido, precondizione per l´emergere della vita e per regolare la temperatura. Con una fonte interna di calore (radioattivo) e una gravità regolata così bene da impedire ai gas atmosferici di sfuggire via negli spazi cosmici, e con una provvidenziale ricchezza dei materiali del cantiere astronomico che l´ha plasmata, di quelle sostanze che sono preziose non solo per l´emergere della vita, ma anche per il suo efficace mantenimento. Insomma, tutto calibrato così bene da renderlo un posto più che accogliente. E tuttavia, tutt´altro che monotono: un pianeta "vivente", in continua trasformazione, grazie alla sua struttura. A strati (un nucleo metallico pesante, un´area di magma viscoso - rocce fuse - che consente alla scorza (anzi, ai pezzi di scorza che formano i continenti) di pattinare lentamente su quell´oceano infernale, con qualche inconveniente (es. i terremoti e i paurosi fenomeni vulcanici, e a volte anche spaventose catastrofi - vedi lo tsunami) ma assicurandoci una gradevole varietà di climi e panorami. Una preziosa squadra di scienziati in tutto il mondo veglia sullo stato di salute del pianeta: terremoti, eruzioni, inquinamento atmosferico e marino, etc: in Italia il "presidio" è costituito dai circa 800 addetti dell´Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (scienziati, ricercatori, tecnici e personale vario), presieduto dal geofisico Enzo Boschi, una autorità internazionale nel campo delle dinamiche fisiche planetarie, ordinario di sismologia all´Università di Bologna. Prof. Boschi, oggi sappiamo tutto sul pianeta che ci ospita? «No. In realtà la Terra è un pianeta ancora misterioso (per citare Shaskespeare potremmo dire con Amleto che "vi sono ancora in cielo e in terra più cose di quante non ne sospetti la tua filosofia"), ossia il nostro geoide cela ancora fenomeni incomprensibili. Ma facciamo del nostro meglio, e da alcuni decenni ci siamo attrezzati per affrontare e penetrare i suoi segreti in maniera più sistematica, superando cioè la fase puramente descrittiva per cominciare ad applicare modelli matematici e tecniche di fisica attiva, grazie anche alle ricerche petrolifere, alle esplosioni sotterranee esplorative (e prima ancora sfruttando gli esperimenti nucleari sotterranei messi in atto tempo fa da Unione Sovietica e Stati Uniti) e quindi alle misure delle onde sismiche e alle diverse velocità con cui attraversano rocce di diversa composizione e struttura. Queste conoscenze del più profondo della Terra ci hanno aiutato a comprendere meglio la struttura e la composizione del nostro pianeta». Possiamo cioè oggi dire che sappiamo come in realtà è fatto il nostro pianeta? «Sì, ma in linea di massima. Grazie anche alla potente teoria della "tettonica a placche" che ci consente di riportare i fenomeni che constatiamo a un unico modello di grande forza euristica. Che ci informa che al di sopra del nucleo metallico della Terra, un gigantesco mantello magmatico di rocce fuse trascina lentissimamente nei suoi moti i pezzetti di crosta solida (i continenti), che costituiscono il mondo superficiale su cui viviamo. E così sappiamo anche che i fenomeni che si manifestano sulla superficie sono il prodotto di eventi che maturano nel profondo». Come i terremoti? «Appunto. I lentissimi spostamenti delle masse continentali galleggianti su quell´oceano di rocce fuse provocano, nelle zone di contatto tra le zolle continentali, degli enormi accumuli di energia, frutto del reciproco sfregamento e della resistenza opposta allo slittamento, che si liberano quando una faglia slitta sull´altra, provocando appunto la emissione di onde sismiche che, come sappiamo, possono anche essere di terribile intensità. E con la tettonica a placche anche la ricerca fisica classica ha dovuto approfondire settori fino a ieri trascurati, come ad esempio la meccanica delle fratture (come e perché si rompono oggetti e in quale misura la dinamica delle loro fratture è in relazione alla loro composizione)». Una fisica delle rotture sotterranee, insomma? «E´ un tema di grande portata, per il quale non possediamo una teoria autoconsistente. In realtà il fatto è che la Terra è un sistema complesso del quale ignoriamo ancora molti parametri. Ma ci stiamo lavorando. In pratica, mentre possiamo condurre esperienze rivelatrici sulla terra fluida (atmosfera ed oceani) per ciò che concerne la terra solida, cioè ciò che giace chilometri al di sotto dei nostri piedi, si profilano problemi inaccessibili all´esperienza, tranne che per la misura delle onde sismiche che trasportano informazioni importantissime sia sugli epicentri che sulla profondità delle fratture, ma di cui non possiamo "vedere" la sorgente, e quindi stabilirne i parametri ultimi». Insomma: mentre per terremoti ed altre catastrofi maturate all´interno della Terra le possibilità di previsione sono ancora modeste, sono in aumento le conoscenze sulla "terra fluida" e in particolare per i fenomeni "antropici" provocati cioè dalle attività umane. «In effetti, una delle severe difficoltà che incontriamo in questo campo, è distinguere tra effetti antropici e dinamica naturale dei fenomeni. Ad esempio, una ricerca del nostro Istituto ha potuto determinare che il 20 per cento del metano atmosferico (un gas a effetto serra) non è prodotto da attività umane, diversamente da ciò che si credeva, ma dalla Terra stessa nei suoi naturali processi. Il che ovviamente non significa che le attività antropiche siano irrilevanti, tutt´altro: ma solo che dobbiamo raffinare le nostre misure e previsioni. Specie per ciò che concerne giganteschi problemi che riguardano la salute del pianeta, ad esempio l´interazione tra l´atmosfera e gli oceani. E compiamo misure sul geomagnetismo, anche in riferimento alle attività umane». La geofisica è in gran parte, quindi, una scienza teorica? «Direi proprio di no. Certo, per alcuni fenomeni ci gioviamo molto di simulazioni al calcolatore, di modelli matematici che però utilizzano il patrimonio di conoscenze fisiche e teoriche che abbiamo accumulato, ad esempio sulla fluidodinamica per ciò che riguarda mari ed atmosfera, e anche delle conoscenze, ad esempio, sulla morfologia dei fondi oceanici: anzi, direi che grazie ai moderni strumenti di indagine, la geofisica diviene sempre più una scienza osservativa. Rispetto a mezzo secolo fa, la situazione è più chiara, ma i problemi che emergono sono più difficili. Insomma, una situazione affascinante». E per quanto riguarda l´Italia? «Siamo in grado di registrare terremoti anche di magnitudine 1, i più deboli quindi, e perciò individuare zone che possono divenire sismicamente attive, e forniamo i nostri dati alla Protezione Civile per la elaborazione delle mappe di rischio sismico». E per il vulcanesimo? «Possiamo dire con soddisfazione che per ciò che concerne i fenomeni vulcanici siamo tra i primi al mondo». Franco Prattico