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 2005  agosto 21 Domenica calendario

Delitto di Brescia 21/08/2005 - 1

«Parla chiaro il sangue: il mattatoio dei coniugi è il garage del nipote». Giornale di Brescia 21/08/2005. Incastrato. Quel sangue scovato nel garage di Guglielmo Gatti appartiene ad Aldo Donegani e Luisa De Leo. La conferma arriva dall’esame del Dna, e pesa come un macigno sulle spalle del nipote. Non a caso, gli inquirenti parlano di «prove schiaccianti» sul conto del quarantunenne, indicando nella sua autorimessa il mattatoio. Lasciando intendere che i coniugi Donegani sono stati ammazzati e poi fatti a pezzi nella villetta di via Ugolini. Sezionati proprio con quelle due cesoie recuperate mercoledì nel bosco degli orrori, nella Valle di Paisco, dove l’assassino se ne era sbarazzato. Nel giorno della verità - per l’accusa - il perimetro del puzzle criminale è pressoché completo, anche se rimane ancora da scavare. Perché, in fin dei conti, all’appello mancano due elementi non affatto secondari: il movente e soprattutto l’arma del delitto. GRANDE CRUDELT Ma andiamo con ordine. La Procura - in testa il procuratore capo Giancarlo Tarquini - ritiene di aver chiuso il cerchio, perché ogni indizio, ogni prova - anche scientifica - porta in quella casa di Sant’Anna e sul nipote delle due vittime, su Guglielmo Gatti. Il quale avrebbe fatto tutto da solo. « da escludere il coinvolgimento di altre persone anche per la natura del reato, caratterizzato da grande crudeltà e indifferenza alla vita» ha affermato il procuratore Tarquini archiviando quindi il capitolo delle complicità. La svolta sul duplice omicidio arriva quindi dal garage al civico 13 di via Ugolini, rivoltato come un guanto, per ore, dai carabinieri del Ris. Tracce ematiche sono «spuntate» in grande abbondanza sul pavimento e sulle pareti del box, ma pure nell’appartamento, pare nella vasca da bagno. Significa che la scena del crimine è quella. «Ne abbiamo la certezza, il garage è stato il mattatoio» conferma il capo della Procura bresciana. Perché là sotto «le tracce di sangue appartengono ai coniugi uccisi». Quale epilogo dell’orribile sezionamento dei cadaveri, probabilmente subito dopo il duplice omicidio. Operazione da macellaio portata a termine con quelle due cesoie ritrovate non lontano dalla strada del Vivione: la conferma, anche in questo caso, arriva dalla scienza. Dall’esame del Dna condotto su quelle macchie individuate sulle affilate lame. Si tratta anzitutto di sangue umano, e ancor più del sangue di Aldo e Luisa Donegani. Non solo, i tagli riscontrati sui resti sono compatibili con quelle «armi bianche», entrate in azione nel garage «incriminato». SOSPETTI FIN DALL’INIZIO Ma a far vacillare ancor più la posizione di Guglielmo Gatti è il ritrovamento - mercoledì mattina, nel dirupo tra la valletta del Sellero e il passo del Vivione, a ridosso della provinciale 294 che dalla Valcamonica porta all’orobica Val di Scalve - dei resti dei Donegani. Già, perché «il ritrovamento dei corpi straziati dei coniugi non è avvenuto in modo casuale, ma seguendo le tracce di Guglielmo Gatti - ha esordito il procuratore Giancarlo Tarquini affiancato da tutti gli investigatori che in questi giorni non hanno chiuso occhio -. L’aver ritrovato quei cadaveri è il frutto di una linea investigativa sulle orme del nipote», lasciando quindi intendere che fin dagli inizi i sospetti si erano concentrati sul quarantunenne. Non a caso, «dove il Gatti è stato visto (il riferimento è lungo la strada del Vivione), là ho disposto una battuta di ricerche e abbiamo trovato i corpi». Insomma, per gli inquirenti - ieri alla conferenza stampa, alla caserma «Masotti» di piazza Tebaldo Brusato, c’erano proprio tutti - il quadro è abbastanza chiaro, almeno nella sostanza. Certo, ci sono ancora interrogativi che potrebbero comunque essere ben presto colmati con i risultati necroscopici e tossicologici sui cadaveri e con quanto emergerà, al microscopio, dall’analisi di tutti quegli oggetti e campioni prelevati tanto nella villetta dei Donegani e dell’indagato quanto nel bosco degli orrori. In pista i carabinieri del Ris di Parma con il colonnello Luciano Garofano che, anche questa volta, hanno fatto la differenza. Perché la svolta - decisiva, secondo l’accusa - arriva proprio da quel sangue trovato nel box. E altre prove potrebbero arrivare anche dalla Fiat Punto di Guglielmo Gatti, spedita - insieme all’utilitaria dei Donegani - al laboratorio di Parma per essere passata alla lente d’ingrandimento. APPARENTE PERFEZIONE Un duplice omicidio tanto efferato quanto complesso. Un omicidio che sembrava perfetto? Il procuratore Giancarlo Tarquini - spalleggiato dal pm Paola Reggiani e dal colonnello Rosario Calì, comandante provinciale dei Carabinieri - parla di «un piano criminale di apparente perfezione». E rincara la dose. «Ha ucciso, ha sezionato i corpi e li ha nascosti in un posto nel quale, senza una felice intuizione investigativa, non sarebbero mai stati trovati, perché quella strada sarebbe stata chiusa tra qualche tempo». Già, il passo del Vivione in inverno si chiude. Marco Bonari