Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  agosto 22 Lunedì calendario

C’era una volta nel piccolo regno dello Swaziland, incastonato tra il Mozambico e il Sud Africa, una giovane studentessa che il re Mswati, detto «il leone», giudicava bellissima e voleva assolutamente sposare

C’era una volta nel piccolo regno dello Swaziland, incastonato tra il Mozambico e il Sud Africa, una giovane studentessa che il re Mswati, detto «il leone», giudicava bellissima e voleva assolutamente sposare. Il sovrano era nel meridiano della gloria matrimoniale, si era caricato già del fardello di undici mogli e innumerevoli «fidanzate», che facevano perdere la pazienza ai suoi consiglieri. Ma quella gagliarda di sedici anni, una testolina da bacheca, il sorriso birichino, lo aveva stregato. Eppure ci voleva un occhio acuminato per distinguerla tra ventimila vergini, per di più a seno nudo, che gli sfilano davanti ogni anno come vuole la tradizione. Il re dello Swaziland è l’ultimo sovrano assoluto dell’Africa, forse del mondo: può decidere quello che vuole, dentro e fuori il Palazzo. Il padre per esempio, il rimpianto Subhuza secondo, nei ritagli di tempo lasciati dalla conquista della indipendenza, strappata a quegli impiccioni dei boeri sudafricani, di mogli ne aveva collezionate un centinaio. Ma, come in tutte le favole, c’è un ostacolo: quattro anni fa, lo stesso re ha vietato alle ragazze di avere relazioni sessuali. Anzi, le vergini devono uscire di casa sempre indossando degli imbarazzanti «pon pon» di lana. Per distinguersi, non si sa mai. E se qualcuna viola il feroce decreto? Paga la famiglia, con l’ammenda spropositata di una mucca. I sudditi di Mswati, un milione di persone, sono affezionati, pazienti: le loro sventure sono antiche e le sanno irrimediabili. Campano con un dollaro al giorno e sono felicissimi quando il re fa un giretto in provincia, distribuendo chili di cereali a chi ha la pancia più vuota. Ma quel divieto era sembrato davvero crudele, tanto da sollevare persino una fraseologia sediziosa sulla necessità di passare finalmente a una monarchia costituzionale. Fremiti subito repressi: qui nessuno può fare lo spavaldo, criticare il sovrano è crimine di lesa maestà e costa la galera. Il divieto non era frenesia moralistica, aveva uno scopo sacrosanto: cercare di contrastare il dilagare dell’Aids che, come una maledizione, uccide il regno. Lo Swaziland, infatti, è al primo posto delle classifiche mondiali dei sieropositivi: il quaranta per cento della popolazione è vittima di questa stregoneria senza scampo. Nessuno si è mai preoccupato di fare campagne di informazione o di distribuire preservativi. Nei tempi assolutistici di Mswati secondo, si fa prima a vietare. Tra la legge e l’amore l’intimidente e regale dongiovanni non ha esitato: divieto abolito e moglie numero dodici trasferita trionfalmente a Palazzo. Tutte le ragazze del regno la ringraziano, perché in un sabba femminista, celebrato nella capitale, gli odiati «pon pon» sono stati bruciati trionfalmente. Il re, poiché ha violato la legge, ha pagato anche lui, come un suddito qualsiasi, la multa bovina. Certo che con le mogli ha modi spicci, nel bene e nel male. Ci vorrebbe un Erodoto a palazzo per descriverne splendori e miserie. La decima, anche lei adolescente, figlia di un alto dirigente dello stato, l’ha fatta prelevare a scuola dai soldati. La famiglia, borghesucci ingrati dell’onore, lo ha denunciato. Il paese, col fiato in sospeso, ha assistito allo scandalo di due giudici che bussavano alla reggia, chiedendo di controllare il consenso della ragazza. Per fortuna, anche qui, ha trionfato l’amore. stata la giovinetta innamorata a convincere il padre a rinunciare a darsi arie da Bruto. A un’altra fidanzata è andata meno bene. Il re, pentito, l’ha regalata a uno dei fratelli, che ha sessanta anni. Comunque le coccola. Mswati adora il compleanno, il suo naturalmente. celebrato come festa nazionale, colpi di cannone compresi. Ma fanno festa anche le mogli: ha regalato a ciascuna di loro una Bmw superaccessoriata. Ammontare della fattura: 820 mila euro. Per sé, ha scelto un gioiellino da rappresentanza: una Chrysler Maybach con 21 altoparlanti, televisione, frigorifero e un servizio da champagne in argento massiccio. Prezzo del bolide: 390 mila euro. Il suo sogno però è l’aereo. Lo vuole, lo desidera, lo esige. Lo aveva già prenotato: 45 milioni di euro. Lo hanno dissuaso i consiglieri: temevano che la plebaglia assaltasse il palazzo. Deve accontentarsi così di velivoli in affitto. Li usa spesso. Ogni fine settimana, con una moglie a turno, va a Dubai: politica? No, lo shopping. Purtroppo non è il folclore di un regno da operetta, è una tragedia. Il paese arranca dietro questo «Re Sole» dalle mani criminalmente bucate. I «bei tempi» di quando in Sud Africa c’era l’apartheid, sono purtroppo finiti. Grazie alle sanzioni che isolavano il potente vicino, il tabacco, la canna da zucchero, il cotone, il turismo e i casinò garantivano la ricchezza. Adesso nessuno vuole più i prodotti «made in Swaziland» e i turisti si dirigono direttamente in Sudafrica. pure scaduto l’accordo che garantiva una quota di esportazioni dell’industria tessile in Occidente. Risultato: seimila disoccupati su ventimila. Stanziamento per il prossimo genetliaco di Mswati? Un milione e mezzo di euro. Il re si diverte.