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 2005  agosto 21 Domenica calendario

RIGHEIRA Johnson

RIGHEIRA Johnson (Stefano Righi) Torino 9 settembre 1960. Cantante • «Due ragazzi sorseggiano un cocktail su una sedia a sdraio. Occhiali scuri, calzoncini, un paio di ciabatte bianche. Accanto hanno una sorta di grossa macchina da scrivere rosa shocking, di fronte uno schermo con l’immagine di una spiaggia tropicale. La copertina di Vamos a la Playa, così improbabile nel 1983, oggi sembra una scena ripresa dal vero in un qualsiasi solarium, ma la canzone dei Righeira conserva intatta quella spiazzante combinazione di musica e parole che la portò in classifica per un’estate lunghissima, da luglio a novembre. Certo, l’elettronica era stata ormai sdoganata perfino a Sanremo, dove quello stesso anno i Matia Bazar presentavano Vacanze romane e tra gli ospiti stranieri c’era Peter Gabriel con Shock The Monkey. Eppure Vamos a la Playa è un punto di svolta del pop italiano, prima ancora che uno dei più famosi tormentoni estivi: con tre milioni di copie vendute aprì la strada alla italodance, la musica da ballare prodotta negli studi di Milano, Firenze, Roma. E con la italodance entravano nel vivo gli Anni Ottanta dei vestiti aderenti e delle chiome cotonate, della Milano da bere e della voglia di divertirsi. Nel 1983 la competizione era con Gazebo: I like Chopin stazionò nella top ten più a lungo di Vamos a la Playa, ma è stato il 45 giri dei Righeira a rimanere nella memoria collettiva. “Abbiamo scritto due pezzi sull’estate: uno che invita ad andare al mare e uno che parla di quando le vacanze finiscono. Ma siamo i soli a poter vantare anche un tormentone autunnale, No tengo Dinero”, riflette sorridendo Johnson Righeira [...] Nella realtà è il signor Righi [...] “[...] agli esordi come cantante mi sono ispirato alle canzoni balneari, tanto che il mio primo 45 giri, uscito nel 1980, si chiamava Bianca surf: era un twist che anticipava il revival degli Anni 60 esploso poi con Ivan Cattaneo. Quel periodo per me era come il punk per la musica inglese, riportava la musica alle origini per partire di nuovo verso un’altra direzione. Poi, con i Kraftwerk, ho cominciato ad appassionarmi all’elettronica, ma ho sempre voluto scrivere una canzone che rimanesse nel tempo, come Sapore di mare, e così, quasi per caso, è venuta fuori Vamos a la Playa. Al primo colpo abbiamo fatto centro: oggi è un evergreen, un vero classico, anche al di là della valutazione artistica che se ne può dare”. Come mai era cantata in spagnolo? “Ci piaceva il contrasto tra una lingua caldissima e una base musicale del tutto artificiale: il nostro era un sound più teutonico che ispanico [...] Non era una canzone spensierata, si nutriva dell’ansia che c’era intorno a noi. Un messaggio vero non c’era, ma se proprio vogliamo trovarlo, allora è tutto nell’ottimismo che comunicava: le alghe sono fluorescenti, il mondo è contaminato, ma andiamo lo stesso in spiaggia, al massimo ci abbronzeremo di blu [...] I cantautori hanno rovinato la musica in Italia. Mentre noi eravamo qui con una chitarra e una poesia, negli altri Paesi si sperimentava con la musica elettronica. Secondo me non ha senso che un testo sia bello da solo: deve funzionare per la canzone, altrimenti meglio scrivere versi. Ecco perché i nostri testi erano semplicissimi, rapidi flash montati come nei film di fantascienza. I Righeira erano una proposta globale, che comprendeva musica, parole, immagini [...] Il fatto che la canzone sia ora un classico non solo in Italia, ma anche nell’America latina e in quasi tutta l’Europa dimostra che il successo è indipendente dal nostro look. In Italia, certo, la nostra immagine era dirompente, perché portava l’ironia nella new wave, popolata da personaggi lugubri e tristi. Noi eravamo divertenti, citavamo anche i Futuristi, ma sempre con un’overdose d’ironia”. Eppure non c’è traccia d’ironia nel testo de L’estate sta finendo, che nel 1985 bissò l’exploit di Vamos a la Playa, vincendo anche un Festivalbar. Come mai? “Fu scritta prima di Vamos a la Playa, ma completata solo dopo. È un canzone romantica, in cui mi ritrovo ancora oggi, ho sempre questa paura di crescere e diventare grande”. E poi? Che fine hanno fatto i Righeira, dopo Sanremo 1986 e Innamoratissimo, con cui vi piazzaste terzi? “Siamo stati travolti dal successo. Per noi era un gioco, ma in qualche mese è diventato una cosa seria, e ci siamo trovati spiazzati, non essendo abituati alla routine delle serate e dei concerti. Senza contare la scrittura: il primo disco viene dopo dieci anni di sofferenza, di pene, di esperienze, ma il secondo rappresenta solo un anno. Allora entra in gioco oltre al talento, anche il mestiere. Quello noi non lo avevamo, il talento chissà”. Poi il periodo buio, l’arresto per droga nel 1993, il carcere, l’assoluzione… “Quasi tutti i giornali diedero grande risalto alla notizia dell’arresto, mentre per l’assoluzione non hanno scritto una riga [...] Per fortuna io frequento i locali, esco la sera, vado in giro molto più di Michael, perciò con gli anni è nata la credenza che in carcere sia stato lui e non io [...]”» (Bruno Ruffilli, “La Stampa” 21/8/2005).