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 2005  agosto 21 Domenica calendario

LEUNG KWOK-HUNG Nato ad Hong Kong il 27 marzo 1956. Politico. «L’aspetto è più quello di un capo Navajo che di un hongkonghiano doc

LEUNG KWOK-HUNG Nato ad Hong Kong il 27 marzo 1956. Politico. «L’aspetto è più quello di un capo Navajo che di un hongkonghiano doc. [...] conosciuto anche come Cheung Mou o Long Hair (’capelli lunghi”) è probabilmente il personaggio politico più noto e popolare di Hong Kong. Che questa isola-vetrina del capitalismo autoritario cinese si interessi ad un trotzkista, capellone, vestito costantemente con magliette di Che Guevara, tanto da eleggerlo, con il massimo dei voti, nel suo parlamentino è un fenomeno che ha sconvolto gli osservatori. [...] figlio di una domestica che prestava servizio in una famiglia coloniale inglese è un veterano della protesta politica, iniziata sotto il governo di Sua Maestà britannica. Arrestato decine di volte (e ogni volta rasato a zero dalle autorità carcerarie), è stato considerato dalle autorità filo-cinesi un disturbatore da reprimere, ma che nel suo quasi totale isolamento non poteva causare molti danni. Leung milita nel piccolo movimento April Fifth Action, che prende il nome dalla data dell’incidente di Piazza Tien Anmen nell’aprile del 1976, con le proteste contro la Banda dei Quattro, ma anche dalla data della festa dei morti nel calendario lunare cinese (la festa di Ching Ming). Dopo aver partecipato senza successo a due elezioni come candidato al Parlamento di Hong Kong (2000) e del Consiglio Distrettuale (2003), nel settembre 2004 ha ritentato la scalata ad un seggio parlamentare e, contro tutti i pronostici, ha vinto. O meglio, ha trionfato. Ha sbaragliato gli avversari, conquistando 60.925 voti, la cifra più alta tra tutti i candidati ed il triplo dei voti che aveva ottenuto nel 2000. [...] La campagna di Leung, che vive da solo, in modo quasi monastico in un appartamento popolare di 20 metri quadrati, pagando un affitto di 115 dollari al mese, è stata povera e geniale, perfetta sintesi del personaggio umano e politico Leung. Raccoglie, a un dollaro per volta, 20 mila dollari; stravince i confronti televisivi con gli altri candidati; sa come ottenere l’attenzione dei media organizzando happening, come quando getta un casco di banane nella lussuosa limousine di un suo ricco avversario filo-Pechino, gridando ”Signor Tien, ma lei lo sa quanto costano queste al mercato?”. E poi i volantini passati di mano in mano che hanno invaso le periferie di Hong Kong, con un fumetto che raffigura Long Hair vestito con la tradizionale maglietta del Che, che con una plastica rovesciata prendeva a calci nel sedere il boss di Hong Kong, il fantoccio di Pechino Tung Chee-Wah e un altro candidato del Partito Liberale, filo Partito Comunista Cinese. Di fianco, lo slogan ”Prendi a calci la gang dei protettori dell’imperatore”. Il volantino non è affatto naif come potrebbe sembrare: ”protettori dell’imperatore” è un’antica espressione cinese per definire cortigiani, funzionari e affaristi che hanno interesse a mantenere l’imperatore al potere. Una metafora classica, ma comprensibile a tutti, che si accompagna ad altre due diversissime e moderne citazioni della cultura popolare di Hong Kong, il calcio, di cui Leung Kwok-Hung è appassionato tifoso e il kung-fu, da lui praticato in gioventù. Dunque una campagna culturalmente raffinata, un abile uso e mixaggio di linguaggi diversi che sono parte costituente del personaggio. Leung da parte sua si rivela uno straordinario affabulatore e utilizzatore dei diversi slang della sua città-isola, ma al tempo stesso parla un fluente inglese con perfetto accento ”british”. Il suo grande consenso elettorale lo ha apparentemente raccolto (a Hong Kong non esistono dati in questo senso) in modo trasversale, tra gli strati più poveri, la sua base naturale in una città che conosce il più alto indice di sperequazione economica del mondo, ma anche tra una ”middle class” frustrata e impoverita dalla fuga di aziende manifatturiere verso la Cina continentale e dalla distruzione ambientale dell’isola. E non si può negare che la personalità e il carisma di Long Hair non abbiano avuto un peso importante nel voto. ”L’ho votato - ha raccontato a ”Slate” un giovane elettore middle-class - perchè è un jing ji meng sing, una superstar della politica”. La piattaforma politica su cui Leung ha trionfato, in un posto diverso dalla Cina e da Hong Kong sarebbe la base di una appena decente democrazia: libertà di espressione, elezione di tutto il Parlamento a suffragio universale, fissazione di un salario minimo e di un orario di lavoro massimo, possibilità di contrattazione collettiva nelle aziende, tassazione delle operazioni di finanza speculativa. Con una premessa irrinunciabile: il rifiuto di dimenticare le vittime del regime di Tien Anmen, la volontà di conservare la memoria. Per Hong Kong e per Pechino sono temi inaccettabili. Ma anche per l’opposizione ”perbene” dell’isola, il cosiddetto movimento pro-democrazia, che ha la sua base sociale tra professionisti e imprenditori, dominata dall’ideologia neo-liberista,le posizioni di Leung sono anatema. Ed infatti hanno etichettato con disprezzo il fenomeno Long Hair. ”A un governo fantoccio - ha scritto uno degli esponenti pro-democrazia - corrisponde un oppositore pagliaccio”. Senza capire che proprio un ”serio pagliaccio” era quello di cui avevano bisogno ampi strati della popolazione di Hong Kong, intrappolata in quella situazione politica che la rivista ”Art Asia Pacific” ha definito un ”Teatro dell’Assurdo”. ” segno di reale sofisticazione politica - scrive la rivista - la scelta di uno splendido showman come simbolo del proprio disprezzo per il Potere. Il Teatro dell’Assurdo viene regolarmente praticato nel mondo politico di Hong Kong. Long Hair è un artista nel teatro della vita pubblica. un buffone per quelli che stanno in alto, ma un fornitore di comprensione della realtà per quelli in fondo al pozzo. Il suo attacco ai simboli - la bandiera cinese, il codice di abbigliamento dei parlamentari - sono nel mondo politico quello che Dada era per l’arte tradizionale”. Ma il trotzkysta-dadaista Leung dopo la sua vittoria elettorale non si è fatto ingoiare dal sistema. Il giorno stesso dopo il voto è andato a protestare contr i brogli elettorali davanti ai cancelli del palazzo del governo dell’isola. Versa i quattro quinti del suo stipendio di 7000 dollari mensili (’quanto guadagnavo in un anno prima di essere eletto”) al suo partito e ad altri movimenti radicali. Ha aperto il suo mandato nell’ottobre del 2004 chiedendo di modificare il giuramento da parlamentare e di aggiungere un ricordo di Tien Anmen alla formula di rito. Permesso ovviamente negato da un giudice, Leung giura e aggiunge lo stesso il ricordo dei moti dell’89, concludendo con il grido ”Lunga vita alla democrazia! Lunga vita al popolo!”. [...] Nelle settimane successive presenta mozioni per l’introduzione del salario minimo e dell’orario massimo di lavoro settimanale. Sono respinte, ma suscitano un dibattito. Inizialmente isolato e guardato con sospetto dai colleghi del Legislative Council, Leung piano piano porta una ondata di senso della realtà in dibattiti che prima erano confinati a disamina di dati statistici o agli importi delle contravvenzioni. Nel dibattito sulle case popolari porta la sua esperienza di inquilino. In quello sulla detenzione massima da applicare agli immigranti illegali descrive le condizioni delle carceri, dove è stato più volte rinchiuso. Guadagna rispetto. E lo mette a frutto. Il 17 gennaio 2005 muore Zhao Ziyang, l’ex-segretario generale del Partito Comunista Cinese, cacciato dopo Tien Anmen per aver voluto trattare con gli studenti in rivolta e vissuto per 15 anni agli arresti domiciliari. Nel Parlamento di Hong Kong Leung chiede un memoriale ufficiale per Zhao. Richiesta ovviamente respinta dalla presidente delll’assemblea, la deputata filo-Pechino Rita Fan. Ma alla ripresa della seduta tutti e 25 i deputati pro-democrazia (compreso naturalmente Leung) rientrano vestiti di nero, rifiutano di sedersi e passano due minuti in silenzio, la testa china, costringendo infine la presidente, ed era la prima volta che accadeva, nella breve storia del Legislative Council, ad annullare la seduta. Non è sempre così. Leung è molto critico dei suoi saltuari alleati nel movimento pro-democrazia. ”Se volete portare la gente alle urne e farvi votare - ha raccontato alla blogger di ”Slate” Daisann McLane - dovete dargli una buona ragione e non solo quella astratta del suffragio e della democrazia. Con il governo bisogna confrontarsi attaccando, mentre i Democratici vogliono evitare lo scontro. Così sono io che devo combattere come un cane”. E che la statura politica di Leung, e la sua percepita pericolosità per i delicati equilibri Cina-Hong Kong siano in aumento lo dimostra il fatto che il sito di Leung (www.longhair.hk) venga adesso attaccato sistematicamente da non tanto misteriosi hacker» (Andrea Rocco, ”il manifesto” 20/8/2005).