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 2005  agosto 21 Domenica calendario

Groning Philip

• Dusseldorf (Germania) 7 aprile 1959. Regista • «[...] Per Gröning il cinema è soprattutto un mezzo che struttura il tempo, un codificare i ritmi, segnare i momenti di una giornata come sono vissuti da chi li vive (realmente o artificialmente) ma anche come possono poi essere percepiti da chi li guarda, questi momenti addensati o dilatati nella partitura filmica. “L’elemento principale nel mio lavoro è riuscire a intervenire nel ritmo dello sguardo dello spettatore, cioè nel tempo e per tutta la durata che uno rimane seduto davanti allo schermo [...] e mi ha sempre affascinato fare qualcosa in cui la lingua parlata non ha alcun ruolo e dove alla fine è il ritmo a fare da protagonista della vicenda”. [...] il suo intento è [...] svegliare le coscienze dal torpore televisivo. Così nei primi anni novanta ha realizzato un film dal titolo Die Terroristen (I terroristi) per la televisione tedesca Südwestfunk (una delle reti regionali che nel sistema televisivo tedesco formano insieme la prima rete Ard che comprende fasce di trasmissioni a livello nazionale, dove però le produzioni rimangono a cura delle singole reti locali, situazione che in passato aveva già favorito la nascita del nuovo cinema tedesco negli anni settanta e tuttora stimola una più ampia produzione di documentari per esempio per la maggiore autonomia nella gestione dei fondi). Questo film era partito dal fatto che Gröning non riusciva più a sopportare i discorsi patinati e le tante bugie e vuote promesse dell’allora cancelliere Kohl subito dopo la riunificazione della Germania: ne è uscita una farsa grottesca, in cui una banda vuole eliminare il capo del governo tedesco per denunciare la sua politica onnivora nei confronti dell’est, ma dove si denuncia anche il fatto che tutte le ideologie erano sparite e l’unico valore rimasto era il denaro. Per Gröning l’unico valore morale sopravvissuto era invece l’ironia, ed era quella su cui lui faceva leva nel film, ma Kohl purtroppo non aveva percepito questo piano di lettura e lo ha definito un “atto insopportabile” scatenando un putiferio pazzesco sui media tedeschi all’epoca. Per la gloria soprattutto del famigerato “Bildzeitung”, il più populista quotidiano del gossip tedesco di ampia tiratura, che ha gonfiato la storia sbattendola in prima pagina scrivendo le cose più inverosimili sotto titoli cubitali del tipo “finanziata un’opera sovversiva con fondi pubblici” per arrivare fino alla “pianificazione di attentati allo stato”, trasformando un film di finzione in un patetico dramma surreale. Per fortuna il giudice sul cui tavolo era finita la denuncia di “istigazione ad atti violenti” contro il regista, dopo aver visto la pellicola, optò per un ragionevole “il fatto non sussiste” liberando il film fino allora bloccato. La faccenda ebbe però un epilogo sgradevole: fu defenestrato il direttore della rete per un cavillo burocratico, cioè si era scoperto che il film era stato realizzato senza sceneggiatura preparatoria, reato grave in un paese democratico.... Ma girare senza copione era il modo di lavorare di Gröning e dopo Die Terroristen ha dovuto cambiare radicalmente: il film successivo L’amour, l’argent, l’amour (L’amore, il denaro, l’amore) rispetta fedelmente la sceneggiatura elaborata in due lunghi anni per raccontare la delicata nascita di un amore tra una prostituta e un giovane squattrinato in una Berlino notturna e invernale. Soprattutto era difficile trovare i fondi per realizzarlo, e non a caso erano passati otto anni fino alla sua presentazione in concorso al Sundance. Lui che da giovane era stato affascinato dai film di Andy Warhol e dal Taxi Driver di Scorsese, ama girare di notte e osservare scenari nottambuli, ma il film non voleva essere sui peep show né tantomeno sulla violenza, quanto piuttosto una favola d’inverno che risplende in una fotografia originale di immagini pluriesposte, e quindi plurilivellari, per alzare il grado di calore umano e di poesia: “volevo far vedere come si può imparare la fiducia, come si può imparare a amare. Certo è difficile raccontare una bella storia d’amore, ma come si racconta l’amore? E soprattutto come funziona?”. Philip Gröning ama interrogarsi sulle questioni della vita e quelle esistenziali, infatti un altro suo film è dedicato alla filosofia (Philosophie, 1998), e anche Nel grande silenzio ha posto un interrogativo più profondo: perché alcune persone sono attratte dalla vita in convento e sono disposte a portarla ai massimi estremi [...]» (Elfi Reiter, “il manifesto” 20/8/2005).