Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2004  novembre 11 Giovedì calendario

Secondo Bruno Fabbiani, docente di Analisi dei processi di stampa al Politecnico di Torino, la celebre "Bibbia delle 42 righe", stampata da Gutenberg a Magonza tra il 1442 e il 1445, non sarebbe il primo libro dell’era moderna ma l’ultimo della vecchia, prodotto non assemblando le lettere ad una ad una ma creando una sola grande matrice per ogni pagina

Secondo Bruno Fabbiani, docente di Analisi dei processi di stampa al Politecnico di Torino, la celebre "Bibbia delle 42 righe", stampata da Gutenberg a Magonza tra il 1442 e il 1445, non sarebbe il primo libro dell’era moderna ma l’ultimo della vecchia, prodotto non assemblando le lettere ad una ad una ma creando una sola grande matrice per ogni pagina. Fabbiani ha dimostrato la sua tesi combinando i più sofisticati strumenti di laboratorio con riproduzioni perfette di utensili del Quattrocento. I risultati sono impressionanti. Innanzi tutto viene confermata una teoria avanzata a Venezia più d’un secolo fa da un esperto che notò come le lettere sulla pagina non possono provenire da caratteri mobili perché in qualche caso rientrano l’una nell’altra. Ma i dati di laboratorio danno dimostrazioni molto più raffinate, calcolando le impercettibili differenze di pressione sul foglio di carta che vengono da una matrice ottenuta con caratteri mobili oppure da una preparata con la tecnica «inventata» da Gutenberg, che è la «metallografia». L’uomo era indubbiamente geniale. Ma fece un’operazione diversa da quella che gli viene attribuita: creò i punzoni, e cioè le impronte in rilievo, per ciascuna lettera, ma anziché ricavarne gli stampi dove colare il piombo da cui ottenere appunto i caratteri mobili, come fecero poco dopo i suoi allievi, si limitò a imprimerli a uno a uno su una lastra d’argento, «scrivendo» il testo completo per ottenere un unico stampo con cui realizzare, ovviamente con il piombo, un’unica matrice, grande quanto una pagina. Fu un procedimento sofisticato, che aggiornava la vecchia tecnica della xilografia, e cioè dell’incisione su legno. E costoso: perché il professor Fabbiani è convinto che la colata avvenisse su uno stampo in argento. Del resto fra Magonza e Strasburgo, dove lavorò Guntenberg, l’argento era disponibile, tanto che l’antico nome della città alsaziana era «Argentina». Ora resta solo da individuare chi passò per primo da questa tecnica a quella che è dilagata nelle tipografie.