L’Indipendente 29/08/2004, 29 agosto 2004
Non erano poche le donne italiane che scrivevano a Benito Mussolini. Donne di ogni estrazione sociale, contadine, massaie, sarte, insegnanti, che lo elogiavano, gli chiedevano aiuto, gli offrivano figli, gli facevano proposte di matrimonio
Non erano poche le donne italiane che scrivevano a Benito Mussolini. Donne di ogni estrazione sociale, contadine, massaie, sarte, insegnanti, che lo elogiavano, gli chiedevano aiuto, gli offrivano figli, gli facevano proposte di matrimonio. Fin qui nulla d’insolito, qualsiasi dittatore che si rispetti trova sempre qualcuno disposto a idolatrarlo. A stupire è piuttosto il tono delle lettere che il capo del regime iniziò a ricevere dopo la promulgazione delle leggi razziali nel 1938: Mussolini non era più soltanto il Duce, ma anche una sventura, un incosciente, un infame. Capire l’ampiezza del fenomeno è assai difficile, tuttavia queste lettere riflettono l’andamento del consenso che il regime riscuoteva presso la popolazione femminile. Consenso che le persecuzioni e i primi bombardamenti sulle città fecero crollare definitivamente.