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 2004  agosto 29 Domenica calendario

Il primo tratto A colpi di decreti prefettizi per gli espropri e di turni di lavoro spalmati sulle 24 ore nel dicembre 1958 viene aperto il tratto Milano-Parma, con l’esclusione del ponte sul Po, un’opera complessa che viene completata in un secondo tempo, il 15 giugno successivo

Il primo tratto A colpi di decreti prefettizi per gli espropri e di turni di lavoro spalmati sulle 24 ore nel dicembre 1958 viene aperto il tratto Milano-Parma, con l’esclusione del ponte sul Po, un’opera complessa che viene completata in un secondo tempo, il 15 giugno successivo. Il 15 luglio 1959 si inaugura il casello di Bologna, e sono già aperti 33 chilometri tra Napoli e Capua. L’Autosole esiste. Nei mesi successivi si lavora come pazzi per unire Firenze a Bologna. Sono da realizzare 90 chilometri su un terreno aspro, con 24 gallerie e 67 viadotti. La tratta viene aperta già nel dicembre 1960, e la fretta - denunciano i sindacati - è costata la vita a quindici operai e oltre 3000 infortuni. Nonostante tutto è un grande successo. La nuova autostrada non sostituisce le altre strade. tanta la differenza che si può dire che crea un nuovo modo di viaggiare. Ora il più è fatto. Da Firenze a Capua il tracciato è meno complesso. I mugugni arrivano soprattutto da Siena e Perugia, escluse dal tracciato autostradale per favorire Arezzo, città natale del potente Fanfani. In quel tratto c’è addirittura una mitica ”Curva Fanfani”, che individua la deviazione imposta dal ministro Dc. Il 4 ottobre 1964, il giorno di san Francesco, patrono d’Italia, viene aperta la Milano-Napoli. La cerimonia, in diretta Tv, viene chiusa da Aldo Moro, il cui discorso breve e chiaro viene preso da Pasolini come esempio della deformazione del linguaggio che la televisione impone ai politici. C’è l’autosole, non gli automobilisti Nel 1964 gli automobilisti italiani non sono più un manipolo, ma un esercito. La Fiat 600 e la 500 vanno a ruba: per averle bastano un pacco di cambiali e la patente di guida. Chi ha più soldi può scegliere nella gamma Lancia, o Alfa Romeo, che propone auto che non hanno eguali al mondo per prestazioni e raffinatezze tecniche. Eppure l’Italia è per molti aspetti un Paese automobilisticamente molto arretrato. Sull’autostrada le panne sono numerosissime. Tanti restano senza benzina, oppure fondono il motore perché partono a tavoletta senza controllare il livello dell’acqua, o quello dell’olio. Gli pneumatici, in genere, vengono sostituiti solo quando dalla gomma consunta appaiono le tele della carcassa, la manutenzione, per micragna e distrazione, è sempre sotto il livello minimo indispensabile. Inoltre i meccanici spesso sono ex riparatori di biciclette, e hanno nei confronti della meccanica un atteggiamento che oscilla tra l’ignoranza e la superstizione. Negli stessi anni in cui in Svezia si rendono obbligatorie le cinture di sicurezza e compaiono i primi autovelox, in Italia viene varato un nuovo codice della strada che è già vecchio quando vede la luce: dedica articoli su articoli ai veicoli a trazione animale e vieta gli indicatori di direzione sulle moto, prevede il limite di velocità nei centri urbani ma non sull’autostrada e non rende obbligatoria l’assicurazione dei veicoli. Non ci si stupisce dunque se gli incidenti sull’Autosole sono tanti, e gravi. La causa è la leggerezza e l’inesperienza di guida. Alcuni si fermano e attraversano la strada a piedi, altri fanno inversioni a ”U”, quasi tutti viaggiano a cavallo della striscia centrale. Chi ha un’utilitaria ha come aspirazione quella di rallentare con ogni mezzo chi possiede le sfuggenti fuoriserie, chi ha una Ferrari pretende che al suo sopraggiungere le famigliole sulla 500 gli facciano strada anche a costo di buttarsi sulla corsia d’emergenza. Tra questi due estremi si crea un universo leggendario. Nel tratto tra Piacenza e Bologna una 500 marziana ingaggia e vince mirabolanti sfide sul filo dei 200 orari con Porsche e Maserati. I proprietari dei blasonati coupé scrivono ai giornali lettere indignate, vogliono che l’onta del sorpasso venga lavata, visto che loro non ci sono riusciti, dall’ordine costituito. Alla fine su Quattroruote un trafiletto informa che il terrore dell’autostrada è stato arrestato in un agguato teso dalla stradale. Il vendicatore delle utilitarie è un meccanico di Reggio Emilia, che nella sua piccola Fiat ha montato il motore di una Panhard Tigre e poi l’ha elaborato: il risultato è un microscopico bolide da 210 km/h. Dall’altra parte della barricata c’è, per esempio, il ragioniere Palmerini, citato da Enrico Menduni nel suo saggio L’Autostrada del Sole. L’uomo aveva come hobby quello di far bollire le 600. Come? Semplice: procedeva lentamente sulle rampe appenniniche dell’Autosole con la sua Giulietta, in attesa di una preda che cadesse in trappola. Come una 600 gli si affiancava per superarlo affondava il piede sull’acceleratore quel tanto che bastava per non farlo avanzare oltre la sua portiera. Settanta, settantacinque, ottanta. Le due macchine procedevano appaiate per chilometri di falsopiano in lenta accelerazione. Nessuno guadagnava o cedeva un metro. L’epilogo era sempre lo stesso: il motore della Fiat sotto sforzo faceva bollire l’acqua, il tappo del radiatore saltava e con una scia di fumo bianco dalla coda, come uno Spitfire sui cieli della Manica, l’utilitaria perdeva colpi e si doveva fermare. Palmerini, che aveva mantenuto lo sguardo fisso davanti a sé, dava un rapida occhiata nel retrovisore, constatava l’abbattimento del nemico e tornava a casa soddisfatto.