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 2004  luglio 31 Sabato calendario

POWELL Asafa Linstead (Giamaica) 23 novembre 1982. Sprinter • «La corsa di Powell è tutta forza e potenza, i suoi piedi sembrano scavare buchi per terra

POWELL Asafa Linstead (Giamaica) 23 novembre 1982. Sprinter • «La corsa di Powell è tutta forza e potenza, i suoi piedi sembrano scavare buchi per terra. Il ragazzo non ha un’azione fluida o da prendere a modello. Ma viaggia, eccome se viaggia. L’uscita dai blocchi è prepotente, l’accelerazione violenta, il lanciato irresistibile. [...] Da sempre vicino all’atletica (suo fratello maggiore Donovan è stato finalista ai Mondiali indoor di Maebashi ”99 sui 60), è allenato da Stephen Francis e, dopo il ritiro dalle scene dal manager italiano Marco Aloi, è gestito dal connazionale Cubie Seegobin. Studente universitario in medicina» (Andrea Buongiovanni, ”La Gazzetta dello Sport” 31/7/2004). «[...] Francis è un grassone bisbetico che allena la tribù con una doppia tecnica: o tace per ore, o caccia delle urla demoniache quando uno dei suoi sbaglia una ripetuta. Francis è ”cattivo”. Solo così tiene sotto controllo i ragazzi. E li porta ai record. A volte Francis si arrampica sull’albero che sta accanto alla partenza dei 110 hs: si piazza lì, fra i rami, è capace di starci anche un paio d’ore, e dalla sua bizzarra postazione indottrina i suoi. A volte riunisce la tribù all’ombra. Stanno per 40/45 minuti accovacciati, ad ascoltare il capo prima dell’allenamento, che si svolge quasi sempre al mattino, di buon ora. Chi si avvicina viene cortesemente invitato ad aspettare che la seduta psicanalitica finisca. Poi magari qualcuno parla. Asafa è straordinario. Lo abbiamo visto fare dei 40 m alla velocità della luce (4’’20). Piazzano le cellule fotoelettriche sul rettilineo. Francis bofonchia dall’albero. Asafa parte, accelerazione, testa bassa, e finisce la spinta ben oltre i 100 m. Come dire che è andato come un fulmine. Spaventoso. Dopo dodici minuti lo rifà. Stesse velocità. Tutti a guardare. – terrificante vedere a dieci metri di distanza uno che corre a più di 40 all’ora. Altre volte, invece, si accascia al suolo dopo aver fatto tre volte i 200 in 27’’, che li farebbe anche con un piede solo. Eppure sono proprio questi sbalzi di rendimento, calcolati al millesimo, che lo hanno portato fino al record. Francis sale sull’albero. Asafa sale in cima al mondo» (Enrico Sisti, ”la Repubblica” 15/6/2005). «Asafa, un leone svogliato. [...] Uno di quelli che ti fanno sentire micino, che vanno veloci senza accorgersene. Un ragazzone dal passo felpato. Rapido, morbido, potente. Difficile che la marcia gratti. Ginocchia alte, e via verso il traguardo. Gli altri, costretti ad essere prede. [...] Asafa, un ragazzone giamaicano, dondolante, occhi dolci, 1,88 d’altezza. [...] Un Superman che ama il reggae, il rimo lento e dolce. Un’assurdità per un velocista. [...] Powell, il bambinone che si allena all’Acquacetosa, a Roma. Un cane sciolto, il cui modello è stato Linford Christie. Uno naif, che ama il calcio, fare due tiri a pallone, uno che all’aeroporto di Fiumicino ha chiesto l’autografo a Totti: ”E lui non sapeva chi fossi, vabbè ero uno che correva, e allora?”. Padre pastore di religione, ”la sua fede mi ha sempre ispirato”, cinque fratelli velocisti, uno, Donovan, anche staffettista ai Giochi di Sydney. Asafa Powell, l’ultimo nome della Giamaica. Un Utech student, studente di tecnologia, uno che porta il bracciale giallo di Armstrong, simbolo della lotta contro il cancro, uno che [...] alle Olimpiadi doveva prendersi tutto invece andò rapido e pesante solo con le parole. ”Greene è stato campione a Sydney nel 2000, sbaglio o è stato un po’ di tempo fa? Vogliamo rimettere a posto il calendario?”. Ci pensò l’americano Gatlin a rimettere a posto lui e le sue intemperanze da spaccone. Powell finì quinto. Era il grande favorito, fu l’immensa delusione. Alla partenza si distese per terra con la sua tuta nera in un funerale simbolico. Si era dipinto i colori del suo paese in viso, ma era livido, con delle occhiaie che parevano cicatrici. Lui che sognava di stare sempre al mare con la sua ragazza, lui che prometteva di sradicare i cento dalla terra. Uno zombie. Morto, ancora prima di provare a vivere. Lì si disse che forse Asafa Powell non aveva coraggio, non sapeva affrontare i temporali. Ai mondiali di Parigi nel 2003 era stato eliminato nei quarti per falsa partenza. Un fast boy sprecato. Ma i veloci sono così, in un attimo superano, ingoiano il tempo, riducono lo svantaggio. [...]» (Emanuela Audisio, ”la Repubblica” (15/6/2005). « il più piccolo di sei figli maschi: i suoi genitori gestiscono un mini supermercato a Linstead, un sobborgo di St. Catherine [...] a 18 anni correva in 10’’50. La crescita è stata costante: 10’’12 a 19, 10’’02 a 20, [...] ”Sono un grande pigro, le ripetute sui 200 e i 300 per me sono un calvario. Il mio ideale di vita è stare su una spiaggia a prendere il sole [...] Con l’atletica spero di guadagnare tanto da non dover mai lavorare [...] Il mio idolo? Francesco Totti [...] Giocavo a calcio nella squadra del mio liceo. Ero un’ala, molto veloce naturalmente. Poi ho cominciato con l’atletica ma il pallone mi è rimasto nel cuore. E Totti è il più grande: così, quando sono sbarcato in Itaia per la prima volta, ho cominciato a seguirlo. Stravedo per lui e per la Roma. Circa un mese fa, a Fiumicino, l’ho pure incontrato. Io andavo a una gara, lui partiva per le vancanze a Formentera. L’ho avvicinato e con rispetto e un po’ di vergogna gli ho chiesto se potevamo fare una foto insieme”» (Andrea Buongiovanni, ”La Gazzetta dello Sport” 1/8/2004).