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 2004  luglio 31 Sabato calendario

PASABÁN Edurne Tolosa (Francia) 1 agosto 1973. Alpinista. Seconda donna a riuscire nell’impresa dopo la sudcoreana Oh Eun-Sun, ha scalato tutti i 14 ottomila del mondo, ultimo lo Shisha Pangma (8027 metri) il 17 maggio 2010 • Sulla scalata del Manga Prabat, suo ottavo ottomila (2005): «Aveva paura dei suoi piedi

PASABÁN Edurne Tolosa (Francia) 1 agosto 1973. Alpinista. Seconda donna a riuscire nell’impresa dopo la sudcoreana Oh Eun-Sun, ha scalato tutti i 14 ottomila del mondo, ultimo lo Shisha Pangma (8027 metri) il 17 maggio 2010 • Sulla scalata del Manga Prabat, suo ottavo ottomila (2005): «Aveva paura dei suoi piedi. Era preoccupata di come avrebbero reagito agli ottomila metri dopo [...] nella discesa dal K2, le si erano congelati e avevano dovuto amputarle due falangi. I piedi non l’hanno tradita e il Nanga Parbat (8.125 metri) è conquistato. La Dea madre, così chiamano la montagna i pakistani, è stata benevola con Edurne Pasabán. Le ha fatto patire tanto freddo durante l’ascensione notturna, ma, una volta arrivata in vetta, le ha regalato i primi raggi di sole. ”E tutto si è illuminato”, racconta la scalatrice basca. La cima, che negli anni Settanta si conquistò il soprannome di Montagna assassina, è l’ottavo ottomila per Edurne che già chiamano ”la regina dell’Himalaya”. Nessuna donna, vivente, ha scalato tanti giganti di pietra. Wanda Rutkiewicz, la leggendaria alpinista polacca, morì nel 1992 durante l’assalto al Kangchenjunga (8.586 metri). Era il suo nono ottomila. Gerlinde Kalterbrunner, austriaca è a quota sette, mentre la bergamasca Nives Meroi a 6. Ma la corsa a tre non interessa Edurne. Come non le interessa il collezionismo degli ottomila. ”Non è il mio obbiettivo – dice dal campo base – sono un’innamorata delle grandi cime e continuerò a venire in Himalaya. quello che mi piace fare”. [...] ”Il Nanga è una montagna rigida, esigente, verticale dal campo base alla cima. Non dà tregua. Gli ultimi duecento metri, sulla roccia, non finivano più”. Ma poi ecco la vetta. Ad accompagnarla l’equatoriano Ivan Vallejo, Nacho (un amico asturiano), uno sherpa e Silvio Mondinelli, per tutti ”Il Gnaro”. [...]» (Luca Caioli, ”Corriere della Sera” 22/7/2005) • Sulla scalato del K2 (2004): «Quando siamo usciti dalle tende del campo 4 tirava il solito vento dei giorni precedenti. Micidiale. Noi spagnoli ci siamo guardati, erano le due di notte, abbiamo deciso di aspettare l’alba, prima di mollare. Poi abbiamo capito che potevamo farcela. Ma io avevo freddo, freddo come non l’avevo mai sofferto [...] Freddo, freddo boia. Ma solo ai piedi. Sulla traversata ho perso una manopola di piumino, mi sono ritrovata nella notte solo con un guanto leggero, eppure alle mani non mi è accaduto nulla. Pensavo solo che bisognava scendere, ad ogni costo [...] Vedevo tutto nero. Dolore no, perché ero insensibile, ma tutto nero. Però non mi rendevo conto che mi avrebbero potuto tagliare le dita» (Leonardo Bizzarro, ”la Repubblica” 31/7/2004).