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 2004  luglio 31 Sabato calendario

ELBAZ Alber Casablanca (Marocco) 12 giugno 1961. Stilista • «[...] vissuto a Tel Aviv, dove frequenta lo Shenkar college school of fashion and textile

ELBAZ Alber Casablanca (Marocco) 12 giugno 1961. Stilista • «[...] vissuto a Tel Aviv, dove frequenta lo Shenkar college school of fashion and textile. Si è formato a New York, alla corte di un outisder geniale come Geoffrey Beene [...] infine è approdato a Parigi, dove a marzo del ‘97 ha presentato la sua prima collezione di prêt-à-porter per Guy Laroche. A distanza di soli due anni, quella di Yves Saint Laurent, maison con la quale ha firmato un contratto di quattro anni [...]» (Antonella Matarrese, “Panorama” 25/3/1999). «Ha orrore dei riflettori. In tutti i sensi. Rifugge dagli atteggiamenti mondani, vive nella penombra. Crea abiti praticamente al buio. Adora allestire personalmente fantasmagoriche vetrine nel suo negozio in Faubourg Saint-Honoré. E pur di trovare quel che vuole è capace di setecciare Parigi da cima a fondo (come quando cercava una zebra a grandezza naturale e naturalmente la trovò). La stampa internazionale lo adora, parla di lui come un fenomeno. Non solo perché ha regalato in soli 5 anni, alla vecchia maison Lanvin, una seconda vita facendola volare altissimo. Grazie al fiuto per il nuovo autentico e la capacità di mixare passato e futuro con sensibilità fuori dal comune. Alber Elbaz, timido, perfezionista, colto e spiritoso, sempre sospeso fra sogno e realtà, possiede la rara capacità di creare vestiti che scompaiono addosso, lasciando il ruolo primario a chi li porta. E lo fa con un gusto e una ricerca così speciali che l’hanno spinto dritto nella lista dei magnifici sette dell’eleganza stilata da Vogue America, accanto a Marc Jacobs, Miuccia Prada, Stefano Pilati per Saint Laurent, Narciso Rodriguez, Oliver Theyskens per Rochas e Nicolas Guesquiere per Balenciaga. Morale, tutte pazze per Elbaz. Da Linda Evangelista a Sofia Coppola, da Nicole Kidmann a Kate Moss, da Clotilde Courreau a Chloé de Sevigny, passando per qualsiasi altra donna upper class che, indipendentemente dall’età, cerca uno chic lontano dagli schemi e prova un senso di sublime vertigine infilandosi come una seconda pelle nei suoi cocktail dress neri che scommettono su contrasti insoliti, come una pesante cerniera di metallo sulla seta leggera, un collier di pietre incorporato allo chiffon... “La mia regola è ‘less is more’, meno è di più. Sembra facile, non lo è. Chiudo le persiane da quando sono bambino, per proteggermi dal sole. Nel mio studio lavoro nel buio più completo, solo la luce di una micro lampadina. Un po’ come i fotografi quando sviluppano i negativi. Con il buio si arriva a risultati differenti. Guardo i vestiti crescere riflessi allo specchio. Quando li vedo dal vero addosso alle mannequin e mi accorgo che scompaiono, capisco che vanno bene. Resta solo la faccia di chi li porta. Il più bel vestito del mondo non deve vedersi. Per me è valido ciò che resta vicino ai desideri delle persone. Quando un modello costa 2000 euro ci deve essere un motivo, stoffa e taglio non bastano. Se il prezzo è alto significa che contiene una porzione di sogno tale da renderlo unico. Per arrivarci cerco di prendere decisioni millimetriche, lasciare un taglio al vivo, mettere un nastrino in vita. In ogni particolare investo il massimo delle energie. Ma soprattutto mi confronto con quel che temo, cercando di renderlo femminile. Cammino, insomma, sul filo del rasoio, in bilico fra bello e brutto”. A vederlo Elbaz sembra un tipo buffo, un po’ studente un po’ clown, cicciottello, capelli ricci, occhialini, giacca nera corta e stondata, papillon allentato, scarpe senza calze da Geppetto (un paio di vecchie derby che sono il suo portafortuna, compagne di lunghe passeggiate). Poi, quando parla, si trasfigura, diventa irresistibile, come la sua moda. Nato 44 anni [...] a Casablanca e poi trasferitosi da bambino a Tel Aviv dopo il servizio militare frequenta lo Shenkar College of Engineerin and Design, si fa le ossa da Geoffrey Beene a New York, dove ha l’abitudine di spiare la mattina presto le signore grassotte entrare nei grandi magazzini, per studiare come migliorare il loro guardaroba. Da Beene sta 7 anni e impara a improvvisare, drappeggiando gli abiti direttamente sul corpo con gli spilli. Nel ’98 finisce da Saint Laurent - dove le americane vorrebbero che lui tornasse - con la benedizione del grande Yves di scartabellare fra 30 anni di archivio. Ma prima era stato da Guy Laroche, con una parentesi italiana da Krizia. Quando arriva da Lanvin nel 2001 comincia l’ascesa del fenomeno Elbaz scandita da abiti evanescenti ma forti, prevalentemente neri. “Mi ricordo certe giornate passate con mia nonna a Jaffa, ore senza parlare, dove ognuno viaggiava in suo mondo interiore. Io avevo cinque anni e disegnavo vestiti per principesse favolose. Non pensavo di fare lo stilista, ma sicuramente nemmeno il pompiere. Il mio era un modo per evadere. L’immaginazione è il mio solo talento”, dice lui che continua a proteggerlo dal resto del mondo isolandosi. “Oggi la parola chiave nella moda è smart, intelligente. Negli Anni 90 c’era il silicone a rendere sexy le donne. Adesso seducono con il cervello. Quello, insieme alla consapevolezza delle loro fragilità le fa diventare irresistibili. Un mix che io cerco di vestire con capi multifunzionali, abiti che diventano camicie gonne, immagino in ogni pezzo una doppia vita. Per me la modernità è una storia di tensioni non di provocazioni”» (Antonella Amapane, “La Stampa” 20/3/2006).