Domenico Quirico, La Stampa, 01/06/1992; Massimo Nava, Corriere della Sera, 30/11/1996; Giuseppe Zaccaria, La Stampa 30/11/1996; Valerio Pellizzari, Il Messaggero, 05/12/1996; Piero Benetazzo, La Repubblica, 02/12/1996;, 1 giugno 1992
Vuk Draskovic, 50 anni, alto barbuto, lungocrinito, «un Cristo balcanico cui sono già stati inflitti alcuni martirii» (Giuseppe Zaccaria), «reincarnazione un po’ demodée di una Serbia monarchica, ortodossa e ultranazionalista
Vuk Draskovic, 50 anni, alto barbuto, lungocrinito, «un Cristo balcanico cui sono già stati inflitti alcuni martirii» (Giuseppe Zaccaria), «reincarnazione un po’ demodée di una Serbia monarchica, ortodossa e ultranazionalista. Con il motto ”Dio, patria e famiglia” propone un ritorno al passato al cui confronto il nazionalcomunismo di Milosevic rischia di sembrare perfino audacemente progressista» (Domenico Quirico nel 1992). Fra icone ortodosse e simboli monarchici sogna il ritorno del re e una monarchia costituzionale di stile britannico. L’altro leader dell’opposizione è Zoran Djindjic, liberale, sarebbe sindaco di Belgrado se Milosevic non avesse invalidato le elezioni. Woislav Seselij, nazionalista intransigente, odia gli americani. Nikola Milosevic, docente di filosofia, una delle figure più illustri della Jugoslavia che si ribellava al comunismo.