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 2002  marzo 05 Martedì calendario

MARAINI Dacia Firenze 13 novembre 1936. Scrittrice. Padre toscano, lo scrittore e etologo Fosco, e madre siciliana

MARAINI Dacia Firenze 13 novembre 1936. Scrittrice. Padre toscano, lo scrittore e etologo Fosco, e madre siciliana. Ha trascorso l’infanzia in Giappone. Esordì nella narrativa nel 1962 con il romanzo La vacanza. Con La lunga vita di Marianna Ucrìa, del 1990, vinse il Campiello. Dalla seconda metà degli anni Sessanta ha scritto molti testi teatrali. In Bagheria (1993) ripercorre la sua infanzia; con i racconti raccolti in Buio, 1999, vinse lo Strega. Fu a lungo compagna di Alberto Moravia, con cui visse dal 1962 al 1983, accompagnandolo nei suoi viaggi intorno al mondo • «Femminile scrittrice di sinistra. cugina della principessa Viki Alliata di Bagheria. Da quando il successo ha iniziato ad arriderle, facendola finalmente sentire scrittrice di par suo, l’ex compagna di Alberto Moravia s’è messa a ristampare la sua opera omnia, dal romanzo d’esordio, La vacanza ai dialoghi sull’infanzia di amici scrittori, E tu chi eri?, uscito da Bompiani nel 1973, apparso come inedito da Rizzoli. Non paga di inseguire il pubblico con scritti sull’aborto, la Sicilia, Flaubert e il suo doppio, passa il tempo ad ammonire i lettori che lasciano avvizzire l’ombra di Moravia nell’oblìo, e ne anima il culto retroattivo presiedendo la Fondazione omonima, e inviando truppe scelte di scrittori, da Erri De Luca a Enzo Siciliano, da Sandro Veronesi a Emanuele Trevi, come testimoni in Bosnia. Fedele alla lezione dell’impegno, continua ad agitare il dibattito sui temi di attualità con interventi tanto impulsivi quanto rischiosi che spaziano dalla libido dello stupratore serbo sulle montagne abruzzesi, al movente psicologico dell’assassino di Marta Russo (’dimostrare di essere più forti del destino”). Anche se, nove volte su dieci, le sue analisi socio-antropologiche ricevono secche smentite dai diretti interessati. Ha uno sguardo incantevole, degno del libro bellissimo che non ha mai scritto. Quando era la fidanzata di Moravia, sposato con Elsa Morante, di lui si diceva: ”Moravia? quello scrittore che ha un’amante che scrive peggio e una moglie che scrive meglio”» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini” 24/10/1998). «Da un po’ di tempo in qua crede di essere un’intellettuale: per di più un’intellettuale ”civile” o, come si diceva una volta, ”engagée” [...] Contrabbandare buoni sentimenti è il modo migliore per strappare l’applauso, e la sola preoccupazione di Dacia Maraini è strappare l’applauso delle signore bene che si commuovono di fronte alle brutture del mondo e delle commesse sempre in cerca di riscatto culturale [...]» (Fabrizio Rondolino, ”Panorama” 29/4/1999). « una scrittrice che riesce a dare complessità a una lingua abbastanza comune, ma lavorata con cura. un talento che la critica - malevola se non proprio ostile, in un passato ormai lontano - le ha riconosciuto solo sull’onda del grande successo di un libro ”semplice” eppure densissimo come La lunga vita di Marianna Ucrìa, longseller da più di un milione di copie. [...]» (Luciana Sica, ”la Repubblica” 24/11/2004). «I suoi genitori, belli, intelligenti, anticonformisti. Fosco Maraini e Topazia Alliata, che per le loro nozze mandarono una partecipazione con un biglietto-fotografia che li ritraeva nudi in spiaggia. La sua infanzia in Giappone dove suo padre si era trasferito per lavoro, ma anche per allontanarsi dal regime fascista che detestava, tanto che tutta la famiglia [...] finì poi in un campo di concentramento dopo il rifiuto di firmare un’adesione alla Repubblica di Salò. Il suo innamoramento adolescenziale per il padre ”che rappresentava l’avventura, il viaggio, la fuga, mentre mia madre era più impigliata nelle difficoltà delle piccole battaglie quotidiane. Noi siamo stati poveri, poverissimi e la mamma, di notte, restava sveglia con l’incubo dei soldi e dei debiti. Solo da grande ho imparato ad apprezzarne il grande coraggio e il forte senso di libertà” [...] Alberto Moravia, con cui ha avuto un lunghissimo legame [...]» (Patrizia Carrano, ”Sette” n. 17/1997).