Il Messaggero, 22 ottobre 2017
Morte di Neruda, il giallo del veleno
«Qui si tratta di essere o non essere:/ se lasciamo che viva il delinquente/ continueranno i popoli a soffrire/ e il delitto sarà ancora Presidente». Pablo Neruda non faceva mistero della sua opposizione al colpo di Stato ordito dal generale Pinochet, che portò all’uccisione di Salvador Allende, primo capo dello Stato eletto democraticamente in America Latina. Così, quando il premio Nobel fu dichiarato ufficialmente morto, il 23 settembre 1973, molti misero in dubbio la versione ufficiale, e cioè che il decesso fosse sopraggiunto per l’aggravarsi di un tumore terminale. Ora, i sostenitori della tesi dell’assassinio per mano di un sicario (forse un uomo della Cia), hanno un nuova perizia a proprio favore. Gli esperti di un team di scienziati internazionali ha infatti individuato «una tossina che potrebbe aver causato la morte» del poeta cileno.
LA RIESUMAZIONE
Il corpo era già stato riesumato quattro anni fa, su pressione della famiglia, per risalire alle reali cause della scomparsa; ma finora era stata esclusa la presenza di agenti chimici nelle ossa. Ora il team di esperti non ha dubbi. «Siamo giunti alla conclusione che il certificato di morte non sia valido», ha detto il medico spagnolo Aurelio Luna in una affollata conferenza stampa. Va ricordato che, al tempo, fu esibito soltanto questo documento, in tre copie; mentre le cartelle cliniche sparirono nel nulla. Va esclusa, tra le cause di morte, la «cachessia», ossia un deperimento generale dovuto a una malattia neoplastica avanzata. «Tutti gli studi hanno scartato questa possibilità», ha precisato Luna, anche se l’autore di Cento sonetti d’amore soffriva effettivamente di tumore alla prostata. La traccia scoperta dagli esperti sarebbe un batterio anomalo, che ora viene studiato in laboratorio, in Canada e Danimarca. Entro un anno i risultati: «Stiamo aspettando di stabilirne l’origine, per vedere se sono batteri provenienti da laboratori, modificati e coltivati quale arma biologica», ha detto il medico spagnolo.
LA RICOSTRUZIONE
Bisogna quindi tornare a quei giorni, per ricostruire quanto accaduto. Neruda scrisse la sua ultima poesia: era un virulento attacco a Nixon e allo stesso Pinochet, «satrapi mille volte venduti e traditori»; voleva riparare in Messico, ma improvvisamente le sue condizioni si aggravarono. Lo ricoverarono nella clinica Santa Maria di Santiago, il 19 settembre. Intanto, la moglie Matilde Urrutia era in viaggio verso l’Isla Negra, dove voleva raccogliere le sue cose prima di fuggire all’estero con il marito, assieme all’autista Manuel Araya; ma ricevette una telefonata di Neruda che chiese loro di tornare indietro, poiché gli era stata praticata una iniezione nell’addome, mentre stava dormendo, e temeva per la propria vita.
ANTIDOLORIFICI
Quando Matilde e l’autista tornarono, chiesero spiegazioni al medico Sergio Drapper, che parlò di banali antidolorifici. Ma le sue condizioni peggiorarono rapidamente, fino alla morte. Araya fu arrestato e torturato per dieci giorni, nel tristemente famoso Estadio Nacional dove ammassavano i prigionieri. L’autista si decise a parlare dell’avvelenamento soltanto nel 2005, dopo la scoperta dell’omicidio del presidente Eduardo Frei Montalva. Ma anche un’infermiera della clinica disse di essere certa della tesi dell’omicidio. Alla fine del romanzo La casa degli spiriti, la nipote del presidente ucciso Isabel Allende (che era presente), racconta il funerale di Neruda, uno dei primi momenti di aperto dissenso contro la dittatura. Tanti urlarono slogan, in quel lungo corteo, tra militari armati che non osavano intervenire (salvo poi eliminare molti degli intervenuti, successivamente).
Ora, con le nuove perizie, la verità sembra più a portata di mano. Cosa può aver ucciso il poeta che cercava di incitare il suo popolo a «distruggere la sua prigione»? Nel corpo di Eduardo Frei Montalva furono trovate tracce di tallio e di gas mostarda (o iprite), un’arma chimica. Nel caso di Neruda, si tratterebbe di un veleno inedito, ancora in fase di definizione.
IL LEGALE
In attesa del responso definitivo, Rodolfo Reyes, legale e nipote di Neruda, ha parlato di «soddisfazione», in quanto c’è la conferma che il decesso non è avvenuto per il cancro; ma ha anche ricordato la «grande tristezza della famiglia» perché si ha la prova che qualcuno lo ha ucciso. C’è chi ricorda la frase sibillina di Pinochet, pronunciata una settimana prima della morte del poeta. «Neruda sta bene – disse – se morirà sarà per cause naturali».