Il Foglio 07/02/2015, 7 febbraio 2015
LIBRI – Adele Boghetich, GUSTAV MAHLER IL CANTO DELLA TERRA, Zecchini Editore Sul finire del percorso creativo e umano di Mahler si staglia l’ultimo ciclo di Lieder, “Das Lied von der Erde”, un viaggio tra la vita e la morte in cui la cura del dettaglio raggiunge vette di assoluta compiutezza
LIBRI – Adele Boghetich, GUSTAV MAHLER IL CANTO DELLA TERRA, Zecchini Editore Sul finire del percorso creativo e umano di Mahler si staglia l’ultimo ciclo di Lieder, “Das Lied von der Erde”, un viaggio tra la vita e la morte in cui la cura del dettaglio raggiunge vette di assoluta compiutezza. Mahler riesce a fondere in un’unica opera due forme complesse che avevano trovato la massima espressione in periodi diversi: il Lied (con Schubert, Schumann e Brahms nel Romanticismo) e la Sinfonia, forma per eccellenza del Classicismo musicale. Una contaminazione da un certo punto di vista preannunciata sia nella IX sinfonia di Beethoven e ancor più, nelle opere precedenti al “Das Lied” dello stesso Mahler, ma destinata a cedere il passo all’autonomia dei generi. In “Der Lied” il tentativo di trascendere questo livello è onnipresente. Eppure questo nuovo mondo sinfonico introdotto da Mahler rimarrà a lui sconosciuto: il “Canto della terra” e altre sue composizioni, infatti, saranno eseguite postume a Monaco di Baviera il 20 novembre 1911, nell’ambito di due giornate commemorative dell’autore, scomparso da sei mesi. Siamo dinanzi a ciò che Sergio Sablich ha definito la “trilogia della morte”: la Nona sinfonia, l’Adagio della Decima e il “Das Lied” sono le ultime tre opere del sinfonismo di Mahler. Se simile è il clima emotivo, psicologico o sentimentale che fa da sfondo, ancora più evidenti sono i riferimenti compositivi, tematici, che legano fra loro le tre partiture. Così, il motivo del contralto che nell’addio del “Lied von der Erde” chiudeva il ciclo sulla parola ripetuta “ewig” (eternamente), riappare subito al principio della Nona, in veste ora strumentale, a tessere una nuova trama di motivi; e i sospiri delle viole che “ersterbend” (spegnendosi) esalano l’ultimo soffio di vita nel pianissimo che la conclude, si ripresentano, questa volta con una nuova forza vitale, nel tema delle viole che apre l’andante della Decima sinfonia. In questi lavori si palesa lo stile tardo di un compositore che sente l’avvicinarsi della morte a cui guarda senza disperazione o cinismo ma con uno sguardo drammaticamente incantato sulla vita e sulla natura. Il “Canto della terra” è un commiato dal mondo, la cui grandezza trova la massima espressione nelle parole del direttore d’orchestra Jascha Horenstein che poco prima di morire dice: “Una delle cose più tristi di lasciare il mondo è il non potere più ascoltare il ‘Das Lied von der Erde’”. L’approccio che propone Adele Boghetich è biografico più che musicologico, più letterario che di studio sul “Lied von der Erde”. Questa è la strada scelta dall’autrice per rendere vivo Mahler accompagnando il lettore nei luoghi mahleriani e nei ricordi segreti del compositore. Un’opera biografica dell’uomo-compositore alle prese con la propria solitudine e alla continua ricerca di quiete. Un viaggio fatto di suggestioni offerte sia dalla visione del paesaggio di Dobbiaco, sia dalla lettura dei “Dolori del giovane Werther”, il romanzo di Goethe molto amato da Mahler, che scorre parallelo alla narrazione. Un racconto libero ma non arbitrario perché l’autrice rinviene tutti i dettagli sulla vita di Mahler nelle storiche e autorevoli biografie scritte sul compositore. Tra queste, spicca quella di Bruno Walter, direttore d’orchestra e grande amico di Mahler. Parlando del “Canto della terra” nella sua autobiografia, Walter scrisse: “Mi affidò la partitura perché l’esaminassi. Era la prima volta che non mi eseguiva personalmente una sua nuova opera, forse perché temeva di commuoversi. La studiai e, per un certo periodo vissi in preda alla profonda emozione suscitata in me da quell’opera unica, amara, struggente, traboccante di rinuncia. Vi si coglieva l’emozione dell’addio e della partenza. L’ultimo canto di fede di un uomo toccato dalla morte”.