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 2014  ottobre 02 Giovedì calendario


TENDENZA DERRICK. COME DIMENTICARSI L’IMMAGINE DEL TEDESCO CATTIVISSIMO

Horst Tappert in “L’ispettore Derrick” nel palinsesto di TV2000.
I palinsesti televisivi sono diventati come il tavolo operatorio dei “Canti di Maldoror” di Lautréamont, il poeta caro ai surrealisti, dove si incontrano armoniosamente un ombrello e una macchina da cucire. Su TV2000, la televisione della Conferenza Episcopale Italiana, accanto a programmi edificanti come “Recitiamo il credo assieme alle Monache Benedettine di Orte”, “La coroncina della divina misericordia”, “Il diario di Papa Francesco (in diretta)”, inaspettata si ritrova un’antica conoscenza delle tv generaliste laiche: l’ispettore Derrick. Eventuali scene di nudo sono tagliate, per rispetto al target dell’emittente. In Italia la serie tedesca ha debuttato su Rai 2 l’11 gennaio 1979, poi riproposta in innumerevoli repliche e videocassette in vendita nelle edicole. Uno dei tanti, inarrestabili, sondaggi ha stabilito che Derrick è il personaggio creato dalla fantasia tedesca più popolare nel mondo. Più di Faust di Goethe dunque? Una grossa responsabilità morale per l’ispettore. Edmund Wilson ha paragonato la narrativa poliziesca a un vizio innocente, tra il fumo e l’enigmistica. L’ispettore Derrick non consuma sigarette e non ama le parole crociate, almeno quando è in servizio; il suo sceneggiatore Herbert Reinecker, unico e inesauribile, non gli ha concesso vizio alcuno, innocente o meno. Derrick riscatta l’immagine del tedesco cattivissimo di quei film, da Luchino Visconti a Steven Spielberg, che ci hanno mostrato i nostri cugini germanici nelle sembianze di nazisti sadici ed eleganti intenti ad accarezzare gatti con i guanti bianchi mentre ordinano di mandare gli ebrei nelle camere a gas. Eppure il suo interprete, Horst Tappert, post mortem si è scoperto che durante la guerra aveva militato nelle Waffen-SS, un segreto mai rivelato nelle interviste, mentre lo sceneggiatore Reinecker era stato il direttore del periodico per i giovani nazisti Junge Welt dove aveva incitato a combattere fino all’ultimo. Derrick porta delle orrende e rassicuranti cravatte con il fermaglio, come gli americani degli anni Cinquanta, e ha i modi cortesi e rassegnati di un impiegato che non ha fatto carriera – è ancora ispettore – ed è ormai alle soglie della pensione. Nelle sue inchieste spesso non c’è da scoprire chi è l’assassino, la sceneggiatura ce lo svela o ce lo fa intuire subito. Reinecker indulge piuttosto in tentazioni filosofiche, in pensosi conflitti etici, ignorati dai pragmatici e violenti detective dei telefilm d’Oltreoceano, ed estranei anche ai nostri carabinieri e poliziotti, troppo bonari e farseschi, come in libera uscita dalla commedia all’italiana. Horst Tappert-Derrick invece è disposto ad affrontare l’eterno conflitto tra il Bene e il Male con le sue cravatte comprate ai grandi magazzini, senza turbamenti e senza ironie, come chi è intento a risolvere una pratica urgente. L’ispettore in forza alla polizia criminale di Monaco di Baviera non assomiglia neppure agli investigatori di stile inglese, che affrontano il crimine armati di cervello e di lente di ingrandimento, e tanto meno ricorda i detective da cinquanta dollari al giorno più le spese, modello Sam Spade o Philip Marlowe. Lui è un tipo da stipendio fisso, disposto all’occorrenza a fare gli straordinari. Forse trascorre le sue vacanze in Italia, magari a Lignano Sabbiadoro come faceva Horst Tappert.
Pietro Favari