ROMA - Lo scià di Persia, in visita ufficiale a Roma (fu ricevuto anche da Pio XII), fu a pranzo con le autorità dello Stato e diede poi un ballo nei saloni di un grande albergo della città. Dal resoconto di E.C. sul Corriere d’informazione: «Splendevano, i saloni, di luci e di ori: di ori splendeva anche l’uniforme dell’imperatore, adorna di molte decorazioni, non esclusa una sciarpa scarlatta costellata di auree rosette che gli attraversava lo sparato. Nei saloni apparvero l’ambasciatore sovietico signor Kostylev, i ministri di alcuni Paesi orientali, soli a resistere all’estiva calura romana, incaricati d’affari e addetti militari, da quello scozzese, che indossava con distinzione unica il gonnellino del reggimento di Seaforth, all’incaricato di Haiti, il cui volto, bruno come l’ebano, faceva magnificamente spicco sul candore dello sparato. Lo Scià fu visto, per qualche tempo, attraverso una vetrata: sedeva in una sala con Einaudi, De Gasperi, Sforza e conversava con loro. Poi Einaudi partì per la Val d’Aosta, De Gasperi per la Valsugana, Sforza semplicemente per la sua villetta di Via Linneo. Sforza mise un biglietto da dieci lire sul banco del guardarobiere. Lo Scià, intanto, era passato nel salone da ballo sfavillante di luci, fumando una sigaretta dopo l’altra, infilandole in un bocchino di tartaruga, lentamente, e lentamente conversava con i diplomatici, ma sembrava che nulla sfuggisse ai suoi occhi neri. Anche con alcune dame, che gli vennero presentate dall’ambasciatore Taliani, lo Scià s’intrattenne brevemente, poi aprì le danze con la signora Taliani. Ballava con molto stile, lentissimamente sui lenti ritmi della musica, come assorto. Nessuno ballò quella sera con più «chic» dell’imperatore le danze moderne, eccezion fatta per l’incaricato d’affari di Francia, signor De Coucel, e per il rappresentante di Haiti. Ma appena udì i ritmi di un dolce valzer all’antica, lo Scià si appartò ad un tavolo e vi sedette, solo. Nella sala rotearono invece in eleganti volute di danza vecchi diplomatici e addetti militari, anche l’ufficiale scozzese mosse su quei ritmi le gambe nude fasciate dai calzettoni a quadri bianchi e rossi e calzate di scarpini di vernice».
Per alcune ore Mohamed Reza Pahlevi, imperatore dell’Iran, è stato ieri, in incognito, ospite di Milano. Lo scià, proveniente da Firenze, è giunto in volo alle 10.30 all’aeroporto Forlanini a bordo di un trimotore S.M. 75, decollato da Firenze e pilotato dal comandante Baracchini. Vestiva in borghese ed era accompagnato dal suo aiutante di campo, un maggiore dell’Esercito persiano, e dal suo cameriere privato. Si trovavano a riceverlo il Prefetto, il gen. Drago comandante la Zona aerea territoriale e l’assessore avv. Cornaggia Medici per il Sindaco, ai quali l’ospite ha espresso la sua soddisfazione di poter compiere una sosta, sia pur breve, a Milano, città che aveva ammirato dall’alto, poiché l’apparecchio, prima di scendere, si era attardato in ripetuti giri. Salutato da un picchetto d’onore della polizia militare aeronautica il sovrano si è subito posto al volante di un’automobile privata che lo attendeva e, attraversato Milano, è giunto in via Marco Ulpio Traiano, dove ha visitato lo stabilimento dell’Alfa Romeo, interessandosi vivamente alle costruzioni automobilistiche ed aeronautiche e confermando la sua nota competenza tecnica. Congedatosi dai dirigenti che lo avevano guidato nella visita si è diretto all’abitazione di un suo amico personale, l’ing. Vittorio De Nora, e con lui e con la sua signora ha poi fatto colazione in un ristorante di porta Vittoria, dove ha dimostrato di apprezzare assai la cucina lombarda. Alle 15 Mohamed Reza Pahlevi, passato dovunque senza essere riconosciuto, ha raggiunto nuovamente l’aeroporto ed è ripartito per Venezia
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