Ritrovata in piazza Durante a Milano una valigetta che contiene la documentazione dei “Reparti comunisti d’attacco” (fondamentali per la scoperta dei covi di Magreglio e Ugiasca) e un elenco di 46 nomi di magistrati, avvocati e giornalisti. Tra questi anche quello di Walter Tobagi.
Dopo la morte di Aldo Moro, nel gennaio del 1979, «uscirono dalle Bierre sette militanti di primo piano, tra cui i più noti alla cronaca di quel tempo: Valerio Morucci e Adriana Faranda» (Fabiola Paterniti).
Viene arrestata la brigatista rossa Marina Petrella, nome di battaglia Virginia.
Assalto dei Nar alla sede dell’emittente romana Radio Città Futura, mentre è in corso una trasmissione gestita da un gruppo femminista. I terroristi costringono le 5 donne presenti in redazione a sdraiarsi sul pavimento, poi danno fuoco ai locali e sparano 15 colpi di pistola, ferendone 4, di cui due gravemente. Qualche ora dopo, due telefonate al quotidiano Il Tempo e all’Ansa, a nome dei NAR, rivendicano l’attentato compiuto per vendicare i missini uccisi il 7 gennaio 1978 in via Acca Larentia. Autori dell’irruzione Valerio Fioravanti, Dario Pedretti, Alessandro Alibrandi, Alessandro Pucci, Lino Lai, Paolo Pizzonia e Patrizio Trochei (https://sites.google.com) • «Il bersaglio avrei dovuto essere io. Ma avevamo prestato i locali della radio a un collettivo di casalinghe per trasmettere e le vittime furono loro» (Renzo Rossellini) CittàFutura
Roma. Gravi disordini avvengono durante una manifestazione organizzata per ricordare il primo anniversario della strage di via Acca Larenzia. Episodi di guerriglia urbana si registrano nel quartiere di Centocelle con spari, lancio di bottiglie incendiarie, incendio di auto e di autobus, danneggiamenti di vetrine. A seguito dell’intervento delle forze dell’ordine, l’agente di polizia Alessio Speranza uccide con un colpo di pistola alla testa il neofascista Alberto Giaquinto. Dei disordini saranno accusati, tra gli altri Luigi D’Addio, Maurizio Lattarulo, Saverio Uva, Flavio Serpieri, Dario Pedretti, Elio Giallombardo e Massimo Morsello. Ma la tragica giornata non è ancora finita: qualche ora più tardi tre neofascisti restano vittime di una sparatoria dei terroristi dell’organizzazione Compagni Organizzati per il Comunismo: muore Stefano Cecchetti e sono feriti Maurizio Battaglia e Alessandro Donatone. (https://sites.google.com)
L’agente di custodia Giuseppe Lorusso è ucciso a Torino da killer di Prima Linea al mattino alle 7.10 all’uscita dalla sua abitazione mentre sta salire in macchina e andare al lavoro. Due individui scendono da una 128 rossa (altri due uomini restano in macchina), gli si avvicinano e sparano con due pistole calibro 38 special tutti i colpi dei caricatori. Due proiettili raggiungono Lorusso alla testa, due al braccio sinistro, quattro al torace e due all’addome: l’agente muore istantaneamente con le chiavi della sua auto ancora strette in mano. Ha appena compiuto 30 anni e lascia la giovane moglie Rosa e i figli piccolissimi: Daniele di 2 anni e Domenico di 8 mesi.
«Due sospetti brigatisti - si legge in una nota Sisde del 20 gennaio 1979 - Alessio Floris e Rosolino Paglia avrebbero contatti con Franca Rame per organizzare spettacoli a fini di finanziamento delle Brigate Rosse».
Genova - Funerale di Guido Rossa, presente anche il presidente della Repubblica Sandro Pertini, che ha appuntato la medaglia d’oro sul petto della salma. «Sotto una pioggia implacabile (...) Genova piange il primo operaio comunista assassinato da un’organizzazione armata comunista». [Bianconi 2011] «I terroristi sono i nuovi nemici dei lavoratori» (dall’orazione funebre di Luciano Lama, segretario generale della Cgil). «Brigatisti, fuori dai coglioni, contro gi operai ci sono già i padroni» (uno degli slogan scanditi al funerale).
Emilio Alessandrini, 37 anni, sostituto procuratore di Milano, mentre si sta recando al Palazzo di Giustizia, viene assassinato da un gruppo di fuoco di Prima Linea; a sparare al magistrato sono Sergio Segio "Sirio" e Marco Donat-Cattin "Alberto", mentre restano di copertura Michele Viscardi "Matteo", Umberto Mazzola e Bruno Russo Palumbi. Poco prima di morire si era occupato anche dello scandalo finanziario del Banco Ambrosiano e delle connessioni tra estremismo di sinistra e servizi segreti.

Emilio Alessandrini
Bagnolo Cremasco (Cremona). Un’auto con tre persone a bordo è fermata dai carabinieri per un controllo. I tre sparano ai carabinieri e fuggono. Dopo qualche ora due di essi, il latitante Antonio Marocco e Daniele Bonato, sono sorpresi e arrestati in un ristorante di un paese vicino. Il terzo, Pietro Guido Felice, riesce invece a sottrarsi alla cattura. Marocco e Bonato sono tra i fondatori della formazione terroristica Reparti Comunisti d’Attacco (https://sites.google.com)
MILANO — Dopo undici ore di camera di consiglio i giudici della seconda corte d’assise milanese hanno emesso la sentenza per il sequestro e l’assassinio dell’ingegnere Carlo Saronio. Il massimo della pena, trent’anni, è toccato a Giustino De Vuono, latitante, indiziato anche della strage di via Fani; a ventisette anni è stato condannato Carlo Fioroni, a venticinque Carlo Casirati e Gennaro Piardi. Per tutti e quattro il PM aveva chiesto l’ergastolo. Prima che i giudici si ritirassero per decidere, Fioroni aveva fatto una dichiarazione di autoaccusa e di contrizione. «Riaffermo la mia colpa ... ai compagni che non si sono decisi ad abbandonare la via del terrore e della morte dico: tornate indietro».
Il gioielliere Pierluigi Torregiani, 42 anni, che sparò ai rapinatori della pizzeria Transatlantico (vedi 22 gennaio 1979), è assassinato mentre sta aprendo il suo negozio di via Mercantini da un commando di tre uomini appartenenti ai Pac .

Pierluigi Torregiani
A Santa Maria di Sala un commando di tre uomini di cui fa parte il terrorista Cesare Battisti uccide il macellaio Lino Sabbadin, reo di aver ucciso un rapinatore pochi giorni prima.
• Prima sentenza della Corte d’assise di Catanzaro sulla strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969). Freda, Ventura e Giannettini sono condannati all’ergastolo per strage, attentati e apologia di reato. Valpreda, assolto per insufficienza di prove per la strage, viene condannato a quattro anni e sei mesi per associazione a delinquere. Stessa sentenza per Merlino. Gargamelli è condannato a un anno e sei mesi per associazione a delinquere. Sospensione della pena di due anni per Bagnoli. I reati di falsa testimonianza a carico dei familiari di Valpreda e di Delle Chiaie sono prescritti. Maletti è condannato a quattro anni per favoreggiamento e falsa testimonianza, Labruna a due anni. Un anno a Tanzilli per falsa testimonianza. Assolti i neofascisti M. Pozzan e M. Merlino.

Il cadavere di Barbara Azzaroni, 28 anni, uccisa al bar dell’Angelo di Torino

Emanuele Iurilli, neanche 19 anni, ucciso da Prima Linea
La domestica Gabriella Fava resta uccisa nell’attentato all’Associazione della Stampa di Bologna. Guerriglia Proletaria uccide a Bergamo l’appuntato Giuseppe Guerrieri.
Arrestato il brigatista Raffaele Fiore, nome di battaglia “Marcello”, sorpreso a Torino a bordo di un’automobile piena di armi. Fa parte dei commando responsabili dell’omicidio del presidente dell’ordine degli avvocati Fulvio Croce e del vicedirettore de ”la Stampa” Carlo Casalegno, e del nucleo delle BR che uccise la scorta di Aldo Moro il 16 marzo 1978.
• Carmine “Mino” Pecorelli, 51 anni, giornalista, viene ucciso con quattro colpi di pistola fuori dalla redazione di OP (Osservatorio Politico), il periodico da lui diretto, in via Orazio a Roma. «I proiettili, calibro 7,65, trovati nel suo corpo sono molto particolari, della marca Gevelot, assai rari sul mercato (anche su quello clandestino), ma dello stesso tipo di quelli che sarebbero poi stati trovati nell’arsenale della banda della Magliana, rinvenuto nei sotterranei del Ministero della Sanità» (wikipedia). Testimonianza di Angelo Izzo, massacratore del Circeo: «Fu Valerio Fioravanti a dirmi che era stato materialmente lui a uccidere Pecorelli unitamente a Massimo Carminati, suo compagno di scuola al liceo Tozzi di Roma. Fioravanti mi dette diverse motivazioni di detto omicidio. Tutte le versioni che mi fornì avevano come comune denominatore la provenienza della richiesta da parte della Banda della Magliana». sti

Attilio Dutto, muratore diventato ricchissimo e socio in affari di Flavio Briatore, è ucciso dalle Brigate rosse a Cuneo. I terroristi hanno collegato una bomba al sistema di accensione della sua Bmw.
Roma - Un commando di sei uomini delle Brigate rosse uccide Italo Schettini, 58 anni, consigliere provinciale della Democrazia cristiana. La figlia Chiara, di 14 anni, vede fuggire gli assassini.

Italo Schettini
«Tre giorni dopo il 7 aprile 1979, quando il pm Calogero firmò i mandati di cattura per i vertici di “autonomia operaia” accusati di essere tutt’uno con le Brigate Rosse, il presidente della Repubblica Sandro Pertini spedì al capo della procura di Padova un telegramma di apprezzamento e gratitudine. Furono pochissimi, oltre agli amici e agli avvocati degli arrestati, quelli che trovarono da ridire sull’iniziativa del presidente più amato dagli italiani. A sostenere che l’encomio presidenziale fosse una palese scelta di campo da parte della massima autorità dello stato in un processo che doveva ancora svolgersi si ritrovarono in pochi. I soliti Radicali, il socialista Giacomo Mancini, qualche giurista come, se ricordo bene, Stefano Rodotà e Luigi Ferrajoli. Non certo il più grande partito della sinistra, il Pci, che fu piuttosto il principale sponsor della procura. Nacque allora la valenza politica del termine “garantismo”. Per un processo i cui imputati non potevano essere definiti propriamente “innocenti”, erano personaggi che si dolevano di non essere riusciti a commettere il reato più cervelloticamente contestatogli, quello di insurrezione contro lo stato. Ma tutte le imputazioni erano formulate in modo preconcetto, contraddittorio, giuridicamente debole. E infatti il processo finì come una bolla di sapone, costata anni di carcerazione preventiva. Pertini, che era un tipo impulsivo ma un gran galantuomo, qualche anno dopo ammise che il suo telegramma era stato un atto avventato. Ci ho ripensato stufo di leggere quelli che rimproverano a Napolitano il mancato sostegno al processo sulla trattativa» () (Massimo Bordin, Il Foglio 08/03/2014)
A Thiene (Vicenza), muoiono per lo scoppio di un ordigno in preparazione tre militanti di Autonomia operaia, Angelo Del Sarto, Alberto Graziani, Maria Antonietta Berna
ROMA — Il bilancio degli attentati e delle violenze nel primo trimestre del ’79 si delinea già pesante. Secondo i primi dati raccolti dalla sezione problemi dello Stato della direzione del PCI, nel primo trimestre del corrente anno vi sono stati nel nostro paese 859 attentati e violenze a danno dl persone e di cose, contro gli 822 del primo trimestre dello scorso anno. I dati del primo trimestre del ’79, comparati col primo trimestre ’78, sono cosi ripartiti: nel gennaio 388 attentati (239 nel gennaio ’78) e 46 violenze (100 nel gennaio ’78); nel febbraio 239 attentati (177 nel febbraio ’78) e 31 violenze (99 nel febbraio ’78); nel marzo 154 attentati (il7 nel marzo *78) e 21 violenze (90 nel marzo "78). Dalle cifre emerge un aumento considerevole degli attentati alle persone e alle cose e una diminuzione delle violenze.I morti sono stati 15 nel primo trimestre del 1979, di cui 10 agguati. Nello stesso periodo del ’78 furono 17, dl cui 11 in agguati. Dei 15 morti tre sono caduti a Roma, quattro a Torino, due a Milano, uno a Genova, uno a Venezia, uno a Palermo, uno a Bologna, uno a Bergamo e uno a Cuneo. Sono stati uccisi: un magistrato (Alessandrini), tre studenti (Giaquinto, Cecchettl e Jurilli), un operaio (Guido Rossa), un appuntato dei carabinieri (Gulleri), un industriale (Putto), un costruttore edile (Schettini), un orefice (Torregiani), un agente di custodia (Lorusso), due giovani di «prima linea» (Caggegi, Azzaroni), una donna anziana (Fava), un esponente della Dc (Reina), un macellaio (Sabbadini). Del 10 morti in agguati, quattro sono stati uccisi da «prima linea», due dalle Br (dal Corriere della Sera del 14 aprile)
Una telefonata al quotidiano Vita Sera fa rinvenire, all’interno di una cabina telefonica, altro materiale chiaramente connesso a quello contenuto nel borsello fatto ritrovare tre giorni prima (vedi 14 aprile 1979).
Un ordigno ad alto potenziale scoppia nella piazza del Campidoglio provocando gravi danni. L’attentato non provoca una strage per caso. Un’ora prima che scoppiasse la bomba, infatti, si era appena conclusa la seduta del consiglio comunale, mentre la piazza, solitamente affollata di turisti, era vuota a causa di un temporale. La bomba, composta da quattro chili e mezzo di tritolo e collocata sotto il portale del Palazzo Senatorio, al momento dell’esplosione ne divelse il portale, l’arcata e le colonne di sinistra, danneggiando poi il basamento del monumento equestre a Marco Aurelio. Tra le tante telefonate che il giorno dopo rivendicarono l’attentato, una fece riferimento all’arresto di Claudio Minetti, che il giorno prima aveva ammazzato a coltellate il militante comunista Ciro Principessa, di 19 anni. L’attentato al Campidoglio fu in seguito attribuito alla formazione neofascista "Movimento rivoluzionario popolare" (Mrp), nato dallo scioglimento del gruppo "Costruiamo l’azione".
Roma. Tre terroristi si introducono con una scusa nell’abitazione del cantante Fred Bongusto, legano e imbavagliano le due donne presenti e fanno razzia di preziosi e gioielli. Autori dell’irruzione i fratelli Cristiano e Valerio Fioravanti e Alessandro Alibrandi, dei Nar (https://sites.google.com).
Roma - Nel primo giorno della campagna elettorale un commando delle Brigate rosse assalta la sede del comitato romano della Democrazia cristiana, in piazza Nicosia. Quindici i terroristi in azione: armati di bombe e mitra, disarmano due guardie e le immobilizzano insieme a funzionari e impiegati del partito presenti. Poi piazzano cinque ordigni esplosivi. All’arrivo della prima pattuglia della polizia scoppia un violento conflitto a fuoco. Due le vittime: il brigadiere Antonio Mea, 34 anni, ucciso sul colpo, e l’agente Pietro Ollanu, 26, che entra subito in coma irreversibile e morirà il 10 maggio. I brigatisti riescono a fuggire.
«Diverse emittenti libere radio e tv della sinistra rivoluzionaria di varie città, costituite come società a San Marino, godono di ingenti finanziamenti, provenienti da canali sconosciuti, che consentono loro di sopravvivere data la assoluta mancanza di altri introiti palesi. Sovrintenderebbero al giro, senza apparire, Dario Fo, Franca Rame, l’avvocato Tina Lagostena Bassi e il marito, esperto di tecnica bancaria». I coniugi Lagostena vengono seguiti nei loro spostamenti: «Hanno un ingente conto in banca a San Marino. Hanno compiuto un viaggio a Cracovia da dove si sarebbero spostati in Cecoslovacchia, grazie a un visto concesso dalle autorità consolari cecoslovacche in Polonia» (velina odierna del Sisde)
Milano. L’agente Andrea Campagna è ucciso al termine del suo turno di servizio, intorno alle 14 del 19 aprile 1979, in un agguato in via Modica, alla Barona, di fronte al portone dell’abitazione della sua fidanzata, mentre si accingeva a salire sulla propria autovettura per accompagnare il suo futuro suocero al lavoro. Atteso da un gruppo terroristico, è raggiunto da cinque colpi di rivoltella, che la stampa riferisce essere calibro .38 corazzato; gli attentatori si sono allontanati poi su di una Fiat 127. Pù tardi i Proletari Armati per il Comunismo (PAC) hanno rivendicato l’agguato, definendo Campagna «torturatore di proletari». In realtà l’agente svolgeva mansioni da autista presso la DIGOS di Milano.
Roma - In un appartamento di viale Giulio Cesare, di proprietà di un’ex militante di Potere operaio, Giuliana Conforto, la polizia arresta Adriana Faranda e Valerio Morucci. Nell’appartamento viene ritrovata anche una mitraglietta Skorpion 7.62 di fabbricazione cecoslovacca: sarebbe l’arma con la quale è stato ucciso Aldo Moro. Dopo l’uccisione del presidente della Dc Faranda e Morucci sono usciti dalla colonna romana delle Br e hanno formato il Movimento proletario di resistenza offensiva (Mpro), di brevissima vita.
Ermanno Buzzi, ritenuto responsabile della strage di Brescia, è condannato all’ergastolo.
Dopo un lavoro paziente, fatto di pedinamenti e intercettazioni telefoniche, la polizia scopre a Milano, in via Castelfidardo, una base terroristica. Qui arrestano sei persone. E trovano un piccolo arsenale. Tra le armi rinvenute, un fucile automatico d’assalto di fabbricazione sovietica, poi una pistola Beretta, due altre rivoltelle e infine una Smith & Wesson 357 magnum con proiettili corazzati. È l’arma che ha ucciso prima l’orefice Torregiani e poi l’agente Campagna?
Il pluriomicida Cesare Battisti, membro dei Pac, è arrestato a Milano.
Isola dell’Asinara (Sassari) - I brigatisti detenuti nel supercarcere fanno avere all’esecutivo delle Br un documento di 120 pagine con le loro tesi politiche e le linee da seguire per il dopo Moro. L’esecutivo non condivide il documento (a ottobre i detenuti chiederanno le sue dimissioni). La cosiddetta “ala movimentista” delle Br, che si riconosce nelle posizioni di Faranda e Morucci, in un altro documento polemizza duramente con l’esecutivo capeggiato da Mario Moretti. I detenuti dell’Asinara in risposta accusano Faranda e Morucci di essere provocatori al servizio del Partito socialista e dell’Autonomia di Franco Piperno e Lanfranco Pace.
Milano, Luigi Mascagni, 24 anni, studente universitario, ex esponente di Lotta Continua, è ucciso a colpi di pistola alla schiena. Il cadavere è trovato nel Parco Lambro. Molti anni dopo su questo omicidio ci sono state dichiarazioni di colpevolezza di alcuni fascisti.
Brescia - La Corte d’assise emette la prima sentenza sulla strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974. Dei nove imputati di strage, vengono condannati in primo grado all’ergastolo il neofascista Ermanno Buzzi e a dieci anni di carcere Angelino Papa. La bomba sarebbe stata messa nel cestino della spazzatura da Papa, Buzzi l’avrebbe coperto. Sconcerto a Brescia: «Otto morti e più di cento feriti, un delitto nefando come a piazza Fontana, come sull’Italicus e ora un verdetto che riconosce responsabili un pregiudicato per reati comuni di bassa manovalanza come Ermanno Buzzi condannato all’ergastolo e un seminfermo di mente come Angelino Papa che dovrà scontare dieci anni e mezzo. È tutto finito cosi?». [Clemente Granata, Sta. 3/7/1979] • Ferdinando Ferrari (detto Nando, omonimo e non parente di Silvio, con cui ha trascorso la notte fra il 18 e il 19 maggio 1974 prima che quest’ultimo perdesse la vita nell’attentato) è condannato a 5 anni per detenzione dell’ordigno che ha causato la morte di Silvio e a un anno per omicidio colposo. Marco De Amici e Pierluigi Pagliai sono condannati per detenzione e trasporto di esplosivo da Parma (dall’appartamento che i due condividevano col Ferrari).
Rapina alla Cassa di risparmio di Druento (Torino). Il terrorista Roberto Sandalo, di Prima Linea, uccide il vigile urbano Bartolomeo Mana.
Roma - Un commando delle Brigate rosse a bordo di due auto uccide il tenente colonnello dei carabinieri Antonio Varisco, 52 anni, mentre alla guida della sua macchina si sta recando in tribunale. Il suo nome era in una lista di obiettivi delle Br trovata nell’appartamento di viale Giulio Cesare il 29 maggio. Viaggiava senza scorta. Tra i protagonisti dell’eccidio, Antonio Savasta, che grazie a questo salirà nella gerarchia delle Br (vedi novembre 1979)
Il terrorista Paolo Aleandri di Cl’A (Costruiamo l’Azione) è sequestrato davanti al palazzo di giustizia di Roma da Maurizio Abbatino, Giovanni Piconi e Renzo Danesi della banda della Magliana. L’organizzazione criminale gli ha chiesto da tempo di restituire le armi affidategli nel dicembre 1978, ma non avendole più a disposizione, essendo state utilizzate per altre azioni, Aleandri non ha ancora provveduto. Lo tengono in ostaggio in un appartamento finché una decina di giorni dopo, grazie all’intervento dei neofascisti Massimo Carminati, Pancrazio Scorza e Bruno Mariani, le armi sono restituite e Aleandri liberato. Le armi sono tuttavia diverse da quelle originariamente avute in custodia. (https://sites.google.com/site/storiadelmovimentooperaio/cronologia/1979).
Buenos Aires, arrestato Giovanni Ventura, condannato all’ergastolo per la strage di piazza Fontana. Era fuggito durante il processo dal soggiorno obbligato di Catanzaro. Stesso percorso e stessa fine anche per Franco Freda: sarà arrestato una settimana dopo in Costarica.
Roma, 25 agosto 1979. Franco Freda (in foto), condannato all’ergastolo per strage, attentati e apologia di reato nella prima sentenza della Corte d’assise di Catanzaro del 23 febbraio, arriva in Italia. È stato arrestato in Costarica (Ansa) (mediastorage/uploads/admin/speciali/PiazzaFontana_1969/Immagine_7.jpg)
Carlo Ghiglieno, responsabile del settore pianificazione della FIAT, è stato ucciso stamattina da un commando di Prima linea, in via Petrarca a Torino. Si stava recando al lavoro. I terroristi, guidati da Roberto Sandalo, hanno poi telefonato all’Ansa il seguente comunicato: «Qui Prima Linea - gruppo di fuoco di Charlie e Carla, rivendichiamo l’eliminazione dell’ing. Ghiglieno Carlo, dirigente FIAT del processo logistico. Perché non vi sbagliate l’abbiamo eliminato con sette colpi calibro.38 Special Norma a punta cava. Questo è il primo atto della campagna di terrore proletario verso il comando d’impresa. Qui Prima linea in onore ai compagni Matteo e Barbara.»
Roma - Catturato Prospero Gallinari mentre in pieno giorno nel centro di Roma montava una targa falsa ad un’auto rubata. Il brigatista è gravemente ferito alla testa nello scontro a fuoco con tre agenti di polizia, che lo avevano avvicinato per un normale controllo. Nella stessa circostanza viene arrestata la brigatista Mara Nanni. Gallinari era latitante dal gennaio 1977, quand’era evaso dal carcere di Treviso.
Alice Carobbio, condannata a 12 anni nel processo per il rapimento e l’assassinio dell’ingegner Carlo Saronio, ha ottenuto la libertà provvisoria ed è uscita dal carcere di Venezia dove era detenuta. In attesa del processo d’appello, dovrà risiedere a Treviglio e presentarsi ai carabinieri di questa località ogni sabato .. L’ordinanza, che è stata emessa dalla seconda corte d’assise, su istanza degli avvocati Armando Salaroli e Giuseppe Toppetti, è già stata impugnata dal sostituto procuratore Corrado Carnevali. Si prevede quindi una lunga battaglia giudiziaria. Alice Carobbio era stata condannata in primo grado per concorso in omicidio preterintenzionale e sequestro di persona. Le erano state però riconosciute le attenuanti generiche e altre attenuanti prevalenti sulle aggravanti. Gli avvocati difensori, nella loro istanza, hanno fatto rilevare che Alice Carobbio è madre di una bambina di tre anni nata in Venezuela e avuta da Carlo Casirati, uno dei principali imputati del caso Saronio. La bambina finora è stata affidata a una zia. Inoltre, per appoggiare la tesi della libertà provvisoria, è stato fatto notare che il ruolo di Alice Carobbio nella vicenda Saronio è stato marginale.
Il collaboratore del Sismi Saverio Francesco Stoppani, incaricato di far saltare un traliccio in Austria e di predisporre il rapimento di Peter Kienesberger in Germania, parte col nome di copertura Federico Savelli per adempiere ai compiti affidatigli. In Austria fotografa molti tralicci, possibili obbiettivi di attentati. A Norinberga, traccia una schizzo della presunta abitazione di Kienesberger. Poi rientra in Italia e consegna i materiali al dirigente della "stay-behind" Gladio, colonnello Paolo Inzerilli (https://sites.google.com/site/storiadelmovimentooperaio/cronologia/1979)
Torino. Un commando delle Brigate Rosse fa irruzione in una merceria dove insieme ai familiari si trova Cesare Varetto, dirigente Fiat a Mirafiori. I terroristi gli sparano e lo feriscono alle gambe. Patrizio Peci confesserà di avere partecipato all’attentato chiamando in correità Antonio Delfino e Giuseppe Di Cecco (https://sites.google.com/site/storiadelmovimentooperaio/cronologia/1979).
Quattro terroristi fanno irruzione a Torino negli uffici di una società di consulenza aziendale, immobilizzano otto impiegati e sparano alle gambe di Piercarlo Andreoletti. Rivendica l’azione Prima Linea. Roberto Sandalo confesserà di avere sparato (https://sites.google.com/site/storiadelmovimentooperaio/cronologia/1979)
Rovigo. Roberto Cavallaro, extraparlamentare di sinistra, muore subito dopo il ricovero in ospedale per le gravi lesioni interne riportate a seguite di un investimento automobilistico avvenuto senza testimoni dinanzi alla propria abitazione. Una telefonata al quotidiano Il Mattino di Padova rivendica l’uccisione a nome dei Nar (https://sites.google.com/site/storiadelmovimentooperaio/cronologia/1979)
Il vertice delle Br premia Antonio Savasta per la sua partecipazione attiva all’omicidio di Antonio Varisco (vedi 13 luglio) spedendolo a Cagliari per mettere in piedi la colonna sarda.
Roma - Un uomo e una donna delle
Brigate rosse uccidono l’agente di polizia Michele Granato, 24 anni. «Si è
contrapposto per anni a ogni iniziativa di lotta del proletariato e delle sue
avanguardie rivoluzionarie» (dal volantino di rivendicazione della colonna
romana delle Br).
Clamoroso articolo di Giorgio Amendola su Rinascita: «L’errore iniziale compiuto dal sindacato è stato quello di non denunciare immediatamente il primo atto di violenza teppistica compiuto in fabbrica, come quello compiuto nelle scuole. L’errore dei comunisti è quello di non aver criticato apertamente, fin dal primo momento, questo comportamento (…). Non si vada ora a ricordare la necessaria asprezza della lotta di classe per giustificare i nuovi atti di teppismo e di violenza nelle fabbriche. È merito del movimento operaio italiano quello di aver combattuto le forme spontanee di plebeismo, e di avere cercato di mantenere lo scontro di classe su un terreno di conflitto organizzato (…). Oggi si rivelano apertamente fatti, prima tenuti nascosti, e che avrebbero dovuto essere denunciati dal primo momento. Le intimidazioni, le minacce, il dileggio, le macabre manifestazioni con le casse da morto ed i capi reparto trascinati a calci in prima fila, ricordano troppo le violenze fasciste per non suscitare uno sdegno ed un disgusto che invece non si è manifestato. [...] Tutta la grande stampa ha civettato con l’estremismo, lo ha nobilitato culturalmente, per colpire il partito comunista, presentato come forza moderata, pronta a partecipare al governo e fare il guardiano dei padroni. E questa accusa ha finito con l’imbarazzare in molte fabbriche i comunisti, e paralizzare la loro capacità di iniziativa. E chi può negare che vi sia un rapporto diretto tra la violenza di fabbrica ed il terrore? E perché il sindacato, i comunisti non hanno parlato, denunciato in tempo quello che oggi viene rivelato? (…) E poi ci sono forme di lotta, impiegate a Torino e largamente attuate in tutto il paese, che si manifestano fuori dalle fabbriche, con occupazioni stradali, cortei intimidatori, distruzioni vandaliche di macchine e negozi. Sono forme di lotta che [...] snaturano il carattere stesso della lotta di classe perché, con il ricatto di una stazione occupata, o di una autostrada ostruita, o di un blocco degli aeroporti, tendono a fare intervenire lo Stato – questo Stato! – cui viene in questo modo, anche dagli estremisti, riconosciuta una funzione mediatrice. (…) Torino è sempre il segnale premonitore di quello che avviene nel paese.» (leggi qui l’articolo di Roberto Gualtieri)
La pretura del lavoro torinese ha ordinato ieri mattina la riassunzione, seppure in via provvisoria, di quarantasei dei sessantuno operai licenziati dalla Fiat un mese fa. In serata, dopo aver valutato la decisione del magistrato, l’azienda ha comunicato che a partire da oggi i lavoratori interessati dal decreto del pretore verranno nuovamente licenziati e perciò non saranno riammessi in fabbrica. «Non è un braccio di ferro — ha detto Cesare Annibaldi, direttore delle relazioni industriali Fiat —, perché ci slamo limitati ad accogliere in positivo il provvedimento del magistrato. Il pretore ha stabilito che le motivazioni alla base dei licenziamenti sono generiche. Il solo mezzo a disposizione della Fiat per fare chiarezza è quindi quello di rinnovare i provvedimenti specificando la natura dei fatti, circostanziando gli addebiti individuali» (dal Corriere della Sera).
Roma - Un commando di una decina di brigatisti uccide il maresciallo di polizia Domenico Taverna, 58 anni, prossimo alla pensione. Agguato poco dopo le sette del mattino, sotto casa, otto colpi sparati alle spalle. Poi i terroristi si dileguano a piedi, tra le bancarelle di un mercato rionale.
• Un volantino delle Br trovato a Roma in un cestino per i rifiuti di via XX Settembre rivendica l’omicidio del maresciallo Domenico Taverna (27 novembre 1979). Tranne il primo paragrafo dedicato al maresciallo Taverna (definito «torturatore di Stato, capo della squadra giudiziaria»), il volantino è la copia esatta di quello diffuso dopo l’uccisione del poliziotto Michele Granato (9 novembre 1979). «È la prima volta che la colonna romana delle Br usa questo metodo. Non si sa se la ricopiatura sia dovuta alla fretta e alla povertà di “elaborazione” teorica, oppure ad una scelta voluta». Assieme al volantino anche una copia della “Risoluzione n. 7” diffusa da Renato Curcio dall’Asinara. [Sta. 1/12/1979]
• Alla seconda udienza del processo di appello contro le Br nell’aula bunker della ex-caserma Lamarmora di Torino si apre il dibattimento. Presiede il giudice Luigi Conti, l’accusa è rappresentata dal procuratore generale Vincenzo Silvestro. Sono in 21 ad appellarsi alla sentenza di primo grado del 23 giugno 1978. Per l’avvocato Giannino Guiso quella sentenza «è nulla perché un giudice popolare formulò giudizi di condanna in una intervista ai giornali». Il processo è aggiornato a lunedì prossimo. [Sta. 1/12/1979]
Roma, tre donne e due uomini dei Reparti proletari per l’esercito di liberazione comunista, irrompono nello studio del ginecologo Giulio De Fabritis in via Tuscolana, 763. Dopo aver immobilizzato e rapinato i pazienti, uno dei cinque terroristi esplode un colpo di pistola trafiggendo le mani del professionista legate dietro la schiena.
«Nel dicembre 1979, i familiari dell’agente Campagna ricevettero una delle medaglie di Sant’Ambrogio che il comune di Milano riserva ai cittadini benemeriti. Più o meno nello stesso periodo, il figlio di Torregiani, Alberto, uscì dall’ospedale. Ci uscì su una sedia a rotelle, con le gambe paralizzate. Aveva 15 anni compiuti. E da allora non ha più camminato. Sua madre Elena, piangendo, disse a un cronista: “Lasciateci stare. Non vogliamo più leggere tutto quello che abbiamo passato. Per favore, nessuno s’interessi più di noi!”» (Giampaolo Pansa).
Sette attentati, coordinati tra loro, sono compiuti da organizzazioni terroristiche italiane in Alto Adige. Obbiettivi un albergo di Egna e sei impianti sciistici. Uno solo fallisce: l’ordigno posto su un pilone della funivia a Plan de Corones non esplode per motivi tecnici. Gli attentati sono riconducibili all’attività terroristica della organizzazioni Mia (Movimento italiano Altoadige) e Api (Associazione Protezione Italiani) (https://sites.google.com/site/storiadelmovimentooperaio/cronologia/1979)
Alcuni terroristi fanno irruzione in una gioielleria a Roma e si impossessano di due valigette di preziosi. Quando se ne vanno si scontrano però con la polizia. Ne nasce un conflitto a fuoco e uno dei terroristi, Dario Pedretti, armato e in possesso delle due valigette è catturato. Pedretti appartiene ai Nar (Nuclei Armati Rivoluzionari) (https://sites.google.com/site/storiadelmovimentooperaio/cronologia/1979)
Torino. Un commando di Prima Linea a viso scoperto penetra armato nell’Istituto di Amministrazione aziendale. Sequestra 190 persone tra allievi e insegnanti, poi, con la tecnica della decimazione, sceglie 5 professori e 5 studenti, li fa sedere nel corridoio e infine spara loro alla gambe. Sui muri, slogan.
Al ministro della Difesa, Lelio Lagorio, è recapitata una nota informativa contenente minacce per il giornalista del Corriere della Sera Walter Tobagi.
Torino. Poco prima di mezzanotte tre giovani appartenenti a Prima Linea vengono sorpresi da una pattuglia della polizia mentre stanno preparando un attentato davanti ai cancelli della fabbrica metalmeccanica Elcat, alla periferia di Rivoli. I tre aprono il fuoco contro gli agenti. Nella sparatoria rimane ucciso un giovane, Roberto Pantasso, 21 anni, operaio disoccupato.
Torino. Di prima mattina Adriano Albertini, capo reparto della Fiat, e Michele Sacco, sorvegliante, sono feriti alle gambe davanti all’ingresso dello stabilimento di Mirafiori da terroristi delle Brigate Rosse. Carlo Bersini confesserà in seguito la sua partecipazione all’attentato, mentre Patrizio Peci ne accuserà anche Roberto Betassa.
Roma - Il presidente della Repubblica Sandro Pertini firma in mattinata i due decreti legge con le misure straordinarie contro il terrorismo approvate nella notte dal governo (saranno convertiti in legge, la cosiddetta “legge Cossiga”, il 6 febbraio 1980). Il fermo di polizia è esteso a 48 ore, più altre 48 a disposizione dell’autorità per giustificare il provvedimento; sono autorizzate le perquisizioni per causa d’urgenza anche senza mandato; estesi di un terzo, per ogni grado di giudizio, i termini della carcerazione preventiva per i reati di terrorismo; i nuovi termini della carcerazione preventiva si applicano anche ai procedimenti già in corso. Sono previsti particolari benefici di legge e sconti di pena per i «terroristi pentiti» che forniscano informazioni utili alla conduzione delle indagini e allo smantellamento delle organizzazioni eversive (d.l. 625). Tre nuovi prefetti a Milano, Genova, Torino. A Genova è il generale dei carabinieri Edoardo Palombi.
In una sparatoria notturna a Rivoli a pochi chilometri da Torino, muore Roberto Pautasso, di Pl (Prima Linea). Feriti due carabinieri, il brigadiere Massimo Osnaghi e il carabiniere Giovanni Serra.
Alberto Marotta, noto spacciatore di droga, viene ucciso in un agguato dai Nuclei armati rivoluzionari.
All’alba i giudici di mezza Italia hanno sferrato un nuovo attacco al terrorismo: ventiquattro ordini di cattura per costituzione di banda armata; sedici persone arrestate; centinaia di perquisizioni; pesanti accuse contro un gruppo degli arrestati del "7 aprile", e cioè Toni Negri, Oreste Scalzone, Emilio Vesce e Franco Pipemo; una più nitida immagine dei rapporti fra i vari gruppi dell’eversione; un fascio di luce sul sequestro e l’assassinio dell’ingegner Carlo Saronio; rivelazioni sull’omicidio di Alceste Campanile, il giovane di Lotta continua che si diceva fosse stato ucciso dai fascisti; nuovi sospetti sull’assassinio del giudice Emilio Alessandrini. E, infine, la ricostruzione della mappa del terrorismo dal 1971. Sin da allora Toni Negri e Valerio Morucci, secondo l’accusa, si conoscevano. E oggi sarebbe stata scoperta anche l’identità del misterioso "Saetta", al quale Feltrinelli scrisse la lettera trovata nel covo di via Subiaco. Sette anni fa il magistrato Guidio Viola scrisse, nella sua requisitoria «è possibile che l’interlocutore "Saetta" sia il capo o uno dei capi delle BR». Da ieri sera accanto a "Saetta" è stato accostato il nome di un noto personaggio: Franco Pipemo. Sospetti? Certezza? Non si sa. I giudici di mezza Italia sarebbero convinti di aver messo le mani sui personaggi più importanti e sempre rimasti nell’ombra: i capi dell’eversione. Lo si legge chiaramente nell’allegato all’ordine di cattura, dove si definiscono gli imputati: «i massimi vertici dell’organizzazione eversiva». C’è un superteste dietro questa operazione, che — è bene ricordarlo — non ha le caratteristiche di un blitz? Sembra di sL E c’è chi accenna a tutta la vicenda del sequestro e all’assassinio di Saronio. Qualcuno avrebbe fatto ammissioni, e potrebbe aver suggerito la chiave interpretativa di alcuni capitoli oscuri dell’eversione (Alberto Berticelli e Antonio Ferrari sul Corriere della Sera del 22 dicembre)
L’operazione condotta in gran segreto dalle squadre speciali antiterrorismo della Digos (vedi sopra) è scattata ieri all’alba. Quattrocento uomini impiegati a Milano, centinaia a Torino, Padova, Genova, Roma, Firenze e Bergamo. Sono stati arrestati a Milano, tra gli altri: Mauro Borromeo, 50 anni, direttore amministrativo dell’Università Cattolica; Francesco Gavazzeni, 44 anni, professore universitario a Pavia, figlio del noto musicista; Alberto Magnaghi, 38 anni, architetto, docente universitario; Marco Bellavita, giornalista di «Controinformazione», 31 anni; Franco Tommei, 42 anni, giornalista di «Rosso», il periodico dell’«Autonomia»; Adriana Servida, 29 anni; Romano Madera, 31 anni, ex Potere operaio; Arrigo Cavallina, 34 anni (catturato a Verona); Jaroslav Novak, 32 anni, direttore della libreria «Memoria»; Oreste Strano, 40 anni, preso a Novara. A Genova è stato arrestato il medico Giorgio Raiteri. A Padova: Antonio Liverani, che ospitò nell’appartamento di Negri l’imputato del sequestro Saronio, Carlo Casirati; Gianantonlo Bajetta, titolare della tipografia dove viene stampato il periodico "Autonomia"; Antonio Temil, ingegnere, intestatario del numero telefonico dell’emittente autonoma «Radio Sherwood»; a Mestre è stato preso preso Augusto Pinzi, un altro ex di Potere operaio, collegato al comitato del Petrolchimico e alla rivista «Lavoro Zero». A Roma infine il giornalista Alberto Funaro, redattore della rivista nautica «Uomo Mare».
Le medesime accuse (soprattutto (insurrezione armata contro lo Stato e guerra civile) sono state notificate in carcere a numerosi imputati del "7 aprile": Toni Negri, Valerio Morucci, Oreste Scalzone, Emilio Vesce, Mario Dalmaviva, Silvana Marelli (coinvolta nella vicenda dei covi di via Castelfidardo). Stesse accuse contro il latitante Pancino. E un duplice «avviso di reato» (impossibile l’ordine di cattura per via dell’impegno preso con i magistrati francesi che concessero l’estradizione) contro Franco Plperno: per banda armata e perché sarebbe stato identificato come il misterioso «Saetta», legato a Feltrinelli. Inoltre: ordine di cattura per l’omicidio preterintenzionale di Saronio contro Toni Negri e Franco Tommei; comunicazione giudiziaria, sempre per il caso Saronio, a Mauro Borromeo e Silvana Marelli; avviso di reato per il sequestro di Michele Mincuzzl (Alfa Romeo) contro Toni Negri; ordine di cattura per l’attentato alla «Face Standard» contro Toni Negri, Franco Tommel e Oreste Strano; comunicazione giudiziaria per l’aggressione di Alceste Campanile contro Toni Negri, Tommei e Marelli. Da Torino, infine, due comunicazioni giudiziarie dell’ufficio istruzione per l’omicidio Alessandrini ed il sequestro del sindacalista della Cisnal Mario Labate. Anche questo venne ad alimentare il fardello giudiziario di Toni Negri
Verona. viene assassinato Fabio Maritati, figlio diciottenne di un ispettore della Polizia di Stato, Antonio Maritati, vero obiettivo dell’agguato.
Alcuni terroristi armati e mascherati fanno irruzione in uno studio tecnico edilizio a Rona, immobilizzano gli impiegati e sparano al titolare Settimio Imperi ferendolo alle gambe. Rivendica l’organizzazione Movimento Comunista Rivoluzionario • Alcuni terroristi si introducono nel Policlinico di Milano e in un ufficio bloccano e immobilizzano due infermieri, Ferdinando Malaterra e Lino Manfredini. Gli sparano ferendoli alle gambe. Rivendicano le Br.
Il dirigente della Fiat Ezio Gavello cade in un agguato mentre sta rincasando a Torino. Tre terroristi gli sparano ferendolo alle gambe. Rivendicano i Reparti Comunisti d’Attacco.
Le rivelazioni che hanno permesso ai giudici la retata del 21 dicembre proverrebbero da un detenuto convinto a parlare soprattutto dalle attenuanti speciali previste dalle nuove norme antiterrorismo varate dal governo Cossiga per chi collabora concretamente alle indagini (l’articolo quattro del decreto legge, in vigore da pochi giorni, prevede la riduzione della metà della pena per il terrorista che «dissociandosi dagli altri aiuta). Come sempre, nel gioco delle illazioni, cominciano a circolare anche dei nomi, primo fra tutti quello di Carlo Fioroni, il famoso «professorino» in passato legato a Giangiacomo Feltrinelli» coinvolto in due degli episodi chiave dell’inchiesta, il sequestro dell’industriale milanese, Carlo Saronio, e l’attentato alla Face-Standard. A interrogarlo qualche giorno fa è stato il consigliere istruttore Achille Gailucci, titolare delle due inchieste principali sull’eversione, il caso Moro, e l’insurrezione armata contro i poteri dello Stato contestata nel luglio scorso a Toni Negri, Oreste Scalzone, Franco Piperno e agli altri leader di Autonomia operaia.
La polizia perquisisce l’abitazione di Paolo Santini, in contatto con elementi delle Brigate Rosse, sequestra armi ed esplosivi e arresta oltre a Santini, Marino Pallotto e Bruno Marrone, che fanno parte di organizzazioni terroristiche di sinistra. Una volta arrestato Santini rivelerà al magistrato inquirente di essere un infiltrato informatore dei carabinieri, nelle persone del colonnello Antonio Cornacchia, associato alla P2, e del capitano Domenico De Petrillo. Contemporaneamente inviterà anche Pallotto a collaborare. Santini sarà scarcerato dopo un mese e mezzo di detenzione.
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L’Avvenire rende noto il pentimento di Carlo Fioroni, pronto a sfruttare i benefici della legge Cossiga. Fioroni giustifica così, in un memoriale, la sua decisione di collaborare: «È una scelta che ritengo non solo mia, altri mi seguiranno. Mi sono deciso a vuotare il sacco per essermi venuto a trovare in una condizione morale insostenibile; da una parte le convinzioni profonde cui approdava la mia autocritica e, più in generale, il ripensamento di tutta la mia vita; dall’altra l’impossibilità di coprire, se non in una posizione di complicità, non importa se passiva - anche il silenzio è complice - non più compagni che sbagliano, ma delinquenti politici che operano nel più cinico disprezzo della vita umana nel quadro di ideologie che nulla hanno a che spartire con la tradizione del movimento operaio».
In una casa isolata in località Pozzo di Mezzo, sui monti di Ala nel Trentino, i carabinieri arrestano sette giovani neofascisti armati e partecipanti a un campo paramiltare. Sono Massimo Giovenzana, Gianluca Castro, Paolo Marchese, Massimo Contini, Carlo Ferri, Giorgio Truppa e Dario Macchi, tutti lombardi.
Milano - Brigatisti della Colonna Walter Alasia seguono a bordo di una 850 bianca una Fiat Ritmo della polizia impegnata in un giro di perlustrazione. La bloccano in via Schievano, non lontano dal sottopasso di viale Cassala, e scesi dall’auto sparano un numero impressionante di colpi di mitra contro gli agenti, uccidendoli. Si tratta del brigadiere Rocco Santoro, 32 anni, dell’appuntato Antonio Cestari, 50, e dell’agente Michele Tatulli, 25, tutti in servizio al commissariato di Porta Ticinese. «Benvenuto il generale Dalla Chiesa», è l’inizio del volantino di rivendicazione lasciato dai brigatisti l’11 gennaio davanti a una fabbrica. Il generale è appena stato trasferito alla Divisione Pastrengo.
ROMA — Sei giudici sono stati messi sotto accusa da un gruppo di senatori democristiani. In una interpellanza firmata dall’ex sostituto procuratore della Repubblica Claudio Vitalone, dall’ex prefetto di Milano Libero Mazza, da Luigi Granelli, da Silvio Coco, anche egli ex magistrato, e altri diciannove parlamentari dc, si sostiene che sarebbero emersi «precisi collegamenti tra appartenenti ad un’organizzazione eversiva e i giudici magistrati Franco Marrone, Francesco Misiani, Gabriele Cerminara, Ernesto Rossi, Luigi Saraceni e Aldo Vittozzi. I toni e i contenuti dell’iniziativa, senza precedenti, sono estremamente gravi. Con l’interpellanza si è chiesta in sostanza la sospensione immediata dei sei rappresentanti dell’ordine giudiziario e l’apertura di due inchieste, l’una penale e l’altra disciplinare. Tutti i giudici posti sotto accusa fanno parte di «Magistratura democratica», la corrente più a sinistra tra quelle in cui si dividono i componenti dell’amministrazione della giustizia. Franco Marrone è da pochi mesi sostituto procuratore geneale, Mislanì ha assunto recentemente le funzioni di giudice istruttore, Cerminara, Saraceni (già candidato nelle liste di Muova Giustizia alle ultime elezioni) e Misianl sono pretori, Rossi e Vittozzl fanno parte della sezione lavoro. Alla base delle accuse vi sarebbe un documento sequestrato anni fa in una sede di Potere operaio. Tutti gli accusati negano. Saraceni ha detto: «Questa iniziativa fa parte dell’operazione "polverone" sollevata in appoggio alle nuove norme antiterrorismo». In passato, un altro giudice era stato accusato di aver avuto rapporti con dei gruppi eversivi. Fu il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa a presentare contro il giudice istruttore di Milano, Ciro De Vincenzo, un rapporto basato essenzialmente sulla testimonianza dell’ex frate mitra Silvano dirotto. L’informatore aveva riferito una frase attribuita a Renato Curdo che avrebbe definito De Vincenzo «un giudice amico». Ci fu un’inchiesta che però scagionò interamente il magistrato (dal Corriere della sera)
MILANO — La seconda importante fase dell’inchiesta giudiziaria legata all’operazione antiterrorismo del 21 dicembre ha portato, per quanto riguarda i giudici milanesi, all’arresto di sette persone, tra le quali tre insegnanti e due operai dell’Alfa Romeo. Altri tre ordini di cattura sono stati eseguiti nel Veneto per ordine del magistrato di Padova. Se un mese fa il blitz della Digos era scattato in seguito alle clamorose rivelazioni del «professorino» Carlo Fioroni, la nuova ondata di arresti (che negli interventi dell’altra notte ha visto impegnati in Lombardia, Piemonte e Liguria oltre cento uomini tra poliziotti e carabinieri) è da mettere in relazione alle dichiarazioni che avrebbe reso in carcere un altro detenuto pentito, Carlo Casirati [...] Per ordine dei magistrati milanesi sono state compiute una trentina di perquisizioni domiciliari in varie zone dell’Alta Italia e anche a Roma. Carlo Casirati: dopo Fioroni, si diceva, sarebbe toccato a lui rivestire il ruolo di uomo-chiave dell’inchiesta su Toni Negri e l’«Autonomia armata» per dare una mano preziosa agli inquirenti. Casirati al tempo del processo per il caso Sa- ronio (al termine del quale è stato condannato a 25 anni di reclusione) disse in aula che «se avesse parlato «avrebbe fatto : crollare il palazzo di giustizia». Ebbene, Casirati si sarebbe deciso a parlare. Lo avrebbe fatto perché in preda, come Fioroni, ad una crisi spirituale o per convenienza — in quanto gli sarebbe stata garantita, in base alle nuove norme, una diminuzione di pena in appello, per lui e la sua donna, Alice Carrobio, condannata a dodici anni e tuttora in libertà provvisoria, — ma avrebbe parlato. Le sue dichiarazioni sarebbero molto importanti perché, suonando conferma a quanto ha riferito a suo tempo il «professorino» amico dell’editore Glangiacomo Feltrinelli, costituirebbero per gli investigatori la prova definitiva dell’alleanza fra terrorismo e criminalità comune. Casirati sarebbe stato interrogato sei volte dai giudici milanesi, presente il PM Calogero di Padova, e sempre in carceri diverse per misure di sicurezza (Adriano Solazzo sul Corriere della Sera)
Mestre (Venezia) - Ucciso Sergio Gori, 48 anni, vicedirettore tecnico del Petrolchimico di Marghera. Era appena uscito di casa, verso le nove del mattino, in via Garibaldi per andare al lavoro. Due brigatisti l’attendevano sotto la sua abitazione: gli hanno sparato e poi l’hanno finito con un colpo alla nuca.
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