L’andamento dei prezzi al consumo e all’ingrosso nel mese di ottobre dello scorso anno è apparso stazionario, in linea con l’andamento medio annuale. Secondo i dati definitivi dell’lstat, i prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale hanno registrato un aumento mensile dello 0,9%, contro il +1,6% di settembre, che porta la variazione a dodici mesi all’11,5%. I prezzi all’ingrosso sono aumentati dello 0,5% (+1 % a settembre) con un incremento annuo dell’8,3%. Un po’ più marcata, ma sempre in linea con l’andamento annuale, la variazione dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati che lo scorso ottobre è risultata pari all’1,1%, mentre il mese precedente lo scatto era stato dell’1,3%. L’incremento del costo della vita a dodici mesi marciava a ottobre sul 12,3%.
KUWAIT — Se l’attuale blocco della produzione iraniana dovesse continuare, il prezzo del greggio potrebbe essere triplicato a partire dall’aprile prossimo. Un giornale del Kuwait, citando fonti bene informate, scrive che alcuni Stati del Golfo stanno già vendendo sul mercato libero il petrolio a 20 dollari al barile (contro i 14 attuali)
Il costo della vita è «scattato» a gennaio dell’1,9%. L’incremento, misurato dall’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, è il più elevato degli ultimi due anni; per trovare uno scatto mensile maggiore, infatti, bisogna risalire al febbraio del 1977 quando l’aumento fu del 2,3%. Sebbene lo scatto di gennaio sia dovuto principalmente a fattori irripetibili nel corso dei dodici mesi, come l’aumento degli affitti a causa dell’equo canone — che avrebbe contribuito per uno 0,9 per cento — e l’incremento degli ortofrutticoli a causa delle gelate invernali, secondo alcuni si sta reinserendo un meccanismo che potrebbe trovare nuovo impulso nella situazione energetica che sì è creata in campo internazionale dopo la rivoluzione in Iran. In altri termini l’aumento del prezzo del petrolio, che si va generalizzando tra tutti i paesi produttori, si potrebbe ripercuotere in modo massiccio, in termini di inflazione, attraverso per esemplo le tariffe elettriche e il prezzo della benzina sul sistema economico. Anche per quanto riguarda l’equo canone bisogna notare come non tutti gli affitti siano stati subito adeguati cosicché nei prossimi mesi l’indice dei prezzi potrebbe subire ulteriori contraccolpi a mano a mano che nuovi contratti vengono modificati secondo la nuova normativa. Non va escluso neanche l’effetto dall’adeguamento periodico al costo della vita degli affitti, in base allo stesso indice dei prezzi dell’Istat. Proiettando l’aumento dei prezzi in gennaio sui 12 mesi del 1979 si avrebbe per quest’anno un tasso d’inflazione del 25,4 per cento.
«La Libia ha aumentato il prezzo del suo petrolio del 5 per cento. Sono così ormai nove i paesi produttori dell’Opec che hanno già ritoccato le quotazioni. A dare l’annuncio è stato ieri un portavoce della Occidental Petroleum Corp., una delle maggiori acquirenti statunitensi di petrolio libico, precisando che il rincaro è stato pari a circa 68 centesimi di dollaro per barile. La decisione della Libia segue di pochi giorni quella dell’Abu Dhabi e del Qatar, che avevano stabilito un rialzo del 7 per cento. La tensione che si sta verificando sul fronte delle quotazioni del petrolio (nonostante l’annuncio dato ieri dall’Iran di un’imminente ripresa delle esportazioni di greggio), è il segno concreto di una manovra che vari paesi produttori di grezzo stanno conducendo nei confronti dell’Arabia Saudita. Obiettivo di queste pressioni sarebbe quello di convincere l’Arabia Saudita, che è il maggiore produttore mondiale di petrolio, a convenire sull’opportunità di un ulteriore aumento del prezzo ufficiale del greggio. L’aumento del prezzo del petrolio deciso dalla Libia ha suscitato ieri preoccupazioni negli ambienti petroliferi italiani. Infatti, se l’aumento stabilito dall’Abu Dhabi e dal Qatar non provocava problemi all’Italia, dal momento che le nostre importazioni da quei paesi ammontano al solo 3 per cento del fabbisogno nazionale, nel caso della Libia la questione è più grave. La Libia, infatti, fornisce all’Italia circa 14 milioni di tonnellate annue di greggio, pari a circa il 13 per cento dei nostri approvvigionamenti. Tuttavia è ancora presto per lare stime precise. Non si sa ancora se l’aumento deciso dalla Libia sarà generalizzato oppure limitato alle «eccedenze». L’ipotesi meno favorevole di questi aumenti del petrolio libico (che è di qualità leggera, molto richiesta) farebbe ascendere a circa 70 miliardi di lire l’anno (5,5 miliardi al mese) il maggior costo cui andrebbe incontro il nostro paese» (Corriere della Sera).
Il prezzo del petrolio venezuelano (il 5,1% di tutto il greggio prodotto dall’OPEC) rincarerà del 15% a partire dal primo marzo. Gli aumenti vanno da 2,10 a 2,51 dollari per barile e riguardano per ora soltanto le esportazioni di prodotti raffinati che coprono comunque più della metà delle vendite all’estero del Venezuela, il rincaro più forte viene applicato sul greggio a basso contenuto di zolfo, destinato soprattutto al consumo finale di benzina, che passerà da 16,49 a 19 dollari per barile mentre il petrolio ’pesante’ (utilizzato per alimentare le centrali termoelettriche, per i consumi di nafta e gasolio) sale da 11,40 a 13,50 dollari. E’ stato ieri confermato che anche la Libia ha rincarato tutti i tipi di greggio del 5% fino al 31 marzo. Ahmed Zaki Yamani, il ministro del petrolio dell’Arabia Saudita, calcola che con l’interruzione di 90 giorni della produzione petrolifera iraniana il mondo abbia perso 400 milioni di barili di greggio e che i prezzi sul mercato Spot siano saliti del 49% rispetto ai livelli fissati dall’Opec.
L’Irak ha deciso di aumentare i prezzi del petrolio greggio dl 1,20 dollari al barile, cioè del 9% circa, con decorrenza retroattiva dal 1° marzo. Lo ha annunciato la giapponese Mitsubishi OiL. La decisione segue quelle dl altri paesi esportatori di petrolio (Kuwait, Emirati Arabi, Qatar, Libia, Algeria). In dicembre la conferenza ministeriale dell’Opec aveva stabilito per l’anno in corso un aumento del 14,5% dei prezzi del petrolio, da attuarsi in quattro stadi; l’aumento medio dei prezzi al termine del 1979 avrebbe dovuto risultare del 10%. Il GAO (General Accounting Office del Congresso americano) prevede, invece, che l’aumento reale sarà del 17%, in quanto i produttori di.petrolio stanno alzando i prezzi per trarre vantaggio dall’attuale minore disponibilità di greggio. L’Arabia Saudita ha intanto fatto sapere di non considerare necessario un aumento produttivo del suo greggio éntro il 1985, tenendo conto dell’evoluzione della domanda. Lo ha dichiarato il vice ministro delle risorse minerarie e petrolifere, Abdul Aziz Al Turki nel corso della riunione dei paesi dell’OPEC ad Abu Dhabi controbattendo un rapporto del «New York Timés» in base al quale la produzione dei pozzi petroliferi sauditi è ostacolata da difficoltà tecniche a causa delle quali se il paese fosse costretto a produrre 14-16 milioni di barili al giorno non potrebbe mantenere tale livello per più di 10 anni.
GINEVRA — A mezzogiorno di ieri, dopo due giorni e mezzo di burrascose riunioni, i ministri del petrolio del tredici Paesi dell’OPEC hanno annunciato di aver raggiunto un’Intesa sull’aumento del prezzo del greggio. Ecco di che si tratta: la 55a conferenza dell’OPEC (Organization of Petroleum Exporting Countrles) ha portato da 14,55 a 18 dollari (un dollaro vale attualmente 832,50 lire) il prezzo di un barile (litri 158,98) di petrolio greggio del tipo «arabico leggero». I Paesi dell’OPEC sono autorizzati ad aggiungere al prezzo del loro greggio un ulteriore aumento di due dollari, se le condizioni del mercato lo richiedono, arrivando cosi a 20 dollari il barile. Tenendo conto di altri oneri e della qualità del greggio, è concesso applicare un ulteriore aumento. Il prezzo massimo non potrà superare i 23 dollari e mezzo al barile. II nuovo listino andrà in vigore domenica prossima 1° luglio. L’accordo raggiunto sarà riesaminato fra tre mesi. La prossima conferenza normale dell’OPEC è però prevista per il 17 dicembre a Caracas. Un altro motivo d’inquietudine è espresso dai Paesi dell’OPEC nel loro comunicato. Riguarda le oscillazioni del dollaro, la cui perdita di valore «erode il prezzo reale del petrolio». La conferenza ha deciso di convocare una riunione straordinaria se tali movimenti dovessero tradursi in un nuovo ridimensionamento del valore effettivo dei redditi dell’OPEC. La riunione avrebbe principalmente lo scopo di decidere «l’elaborazione di un paniere monetario» sostitutivo del dollaro come mezzo di pagamento del petrolio
GINEVRA — A mezzogiorno, dopo due giorni e mezzo di burrascose riunioni, i ministri del petrolio del tredici Paesi dell’OPEC (Organization of Petroleum Exporting Countrles), riuniti nella 55a conferenza dell’organizzazione, hanno annunciato di aver raggiunto un’intesa sull’aumento del prezzo del greggio. Ecco di che si tratta: il prezzo di un barile (litri 158,98) di petrolio greggio del tipo «arabico leggero» è stato portato da 14,55 a 18 dollari (un dollaro vale attualmente 832,50 lire) . I Paesi dell’OPEC sono autorizzati ad aggiungere al prezzo del loro greggio un ulteriore aumento di due dollari, se le condizioni del mercato lo richiedono, arrivando cosi a 20 dollari il barile. Tenendo conto di altri oneri e della qualità del greggio, è concesso applicare un ulteriore aumento. Il prezzo massimo non potrà superare i 23 dollari e mezzo al barile. II nuovo listino andrà in vigore domenica prossima 1° luglio. L’accordo raggiunto sarà riesaminato fra tre mesi. La prossima conferenza normale dell’OPEC è prevista per il 17 dicembre a Caracas. Un altro motivo d’inquietudine è espresso dai Paesi dell’OPEC nel loro comunicato. Riguarda le oscillazioni del dollaro, la cui perdita di valore «erode il prezzo reale del petrolio». La conferenza ha deciso di convocare una riunione straordinaria se tali movimenti dovessero tradursi in un nuovo ridimensionamento del valore effettivo dei redditi dell’OPEC. La riunione avrebbe principalmente lo scopo di decidere «l’elaborazione di un paniere monetario» sostitutivo del dollaro come mezzo di pagamento del petrolio. (dal Corriere della Sera del 29 giugno)
ROMA — È rallentato, in giugno, l’incremento del carovita. L’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, rilevato dall’Istat, è aumentato infatti dell’1% su maggio, che aveva registrato un incremento del 1,3% sull’1,6% di aprile. Una frenata, dunque, che dà un certo respiro alla impennata presa nei mesi scorsi dall’inflazione. L’aumento dell’1 per cento di giugno è il più basso dall’inizio dell’anno, un anno che era iniziato con un allarmante balzo dell’1,9 per cento, sotto la spinta degli effetti dell’equo canone. Con l’aumento di giugno, il tasso annuo di incremento dell’indice, e cioè la variazione percentuale rispetto al corrispondente mese dell’anno scorso, è risultato pari al 14,7 per cento.
Delibera Cipe sull’aumento dei prezzi e delle tariffe PANE • Aumento da 100 a 200 lire al chilo dalla pubblicazione della delibera Cipe sui prezzi "sorvegliati". • CARNE Aumento determinato, a partire dalla pubblicazione della citata delibera Cipe. • GIORNALI - Aumento di 50 lire dal 1° agosto. • CANONI ABITAZIONI • Seconda fase di applicazione, a partire dal primo agosto, della legge sull’equo canone. Per gli inquilini con reddito annuo superiore agli otto milioni, applicazione anche del sistema indicizzato riferito al 75% dell’aumento del costo della vita (dati Istat). • MEDICINALI Aumento del 21%, in media, dalla pubblicazione, sulla Gazzetta Ufficiale, della delibera Cipe (non prima della fine di agosto). • FERROVIE - Aumento tariffario del 10% dal 1° settembre. • AEREI Per i collegamenti intemazionali, aumento del 5-10 p FERROVIE - Aumento tariffario del 10% dal 1° settembre. • AEREI Per i collegamenti intemazionali, aumento del 5-10 per cento dal 1° settembre. • TELEFONI - Aumento non precisato (la richiesta è del 25 per cento) in data ancora da definire.
ROMA — Gli aumenti dei prezzi della benzina, del gasolio e di alcuni altri prodotti petroliferi sono già in vigore da oggi. Ieri, come previsto, il consiglio dei ministri ha discusso il problema per arrivare alla decisione collegiale chiesta esplicitamente dal ministro dell’Industria, Nicolazzi; subito dopo si è riunito il CIP (Comitato interministeriale prezzi) che ha formalizzato gli aumenti. Le 50 lire di aumento che portano il prezzo della benzina a 550 sono così ripartite: 40 lire alle compagnie petrolifere, 4 ai gestori, 6 di IVA. L’Unione petrolifera, soddisfatta degli aumenti, ha comunicato che gli operatori del settore «sono ora in grado di poter garantire la tranquillità del mercato interno». Comunque, mentre per la benzina non ci sono mai state grosse difficoltà (nel secondo semestre del 1979 la quantità di prodotto disponibile in Italia sarà di 300.000 tonnellate superiore alla prevedibile richiesta), per il gasolio sarà necessario attendere qualche tempo prima di arrivare ad un sostanziale miglioramento degli approvvigionamenti.
«[...] Guardiamo, infatti, l’evoluzione delle retribuzioni reali (ad esempio nel settore industriale e nello stesso arco di tempo): la lira è «più povera», ma gli italiani risultano più ricchi. Facciamo parlare le statistiche. L’indice dei prezzi, fatto 100 il 1950, passa nel 1978 a 547,3. Nello stesso arco di tempo i salari giornalieri dell’industria, sempre con 100 il dato 1950, passano a 1612,3. La statistica ci informa, quindi, che i salari sono aumentati in 18 anni 3 volte circa più di quanto sono aumentati i prezzi» (Corriere della Sera).
Il prezzo della benzina aumenta da oggi (+50 lire, il prezzo per litro arriva a 600 lire) assieme a quello del gasolio da riscaldamento e di altri prodotti petroliferi: è con questa manovra esclusivamente fiscale che il governo intende finanziare il nuovo «fondo per il settore energetico» di circa 1000 miliardi annui. Nel «fondo» affluiranno anche 1.120 miliardi risparmiati con l’abolizione dei buoni-benzina per i turisti stranieri a partire dal primo gennaio 1980. Queste le decisioni di carattere fiscale del lungo e animato consiglio dei ministri di ieri convocato per approvare le prime misure per far fronte all’emergenza energetica
«ROMA—I prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati sono aumentati in settembre del 2,5 per cento rispetto al precedente mese di agosto. Lo comunica l’Istat, precisando che il tasso annuo di incremento del relativo indice, cioè la variazione rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, è stato del 16,8 per cento. L’impennata dei prezzi al consumo in settembre conferma dunque che l’ inflazione ha ripreso a correre a ritmi molto sostenuti: l’aumento del 2,5 per cento è il più alto registrato negli ultimi dodici mesi ed è stato determinato in buona parte dal forte incremento dei prezzi dell’elettricità e dei combustibili, cresciuti in settembre del 7,7 per cento. Sensibili aumenti hanno avuto anche i prezzi del settore abbigliamento, dei beni e servizi vari. I prezzi relativi all’alimentazione sono aumentati a loro volta dell’1,4 per cento» (Corriere della Sera)
ROMA -1 prezzi al consumo "per le famiglie di operai e impiegati sono aumentati in novembre dell’1,3 per cento rispetto al mese precedente. Lo comunica l’ISTAT aggiungendo che il tasso annuo di incremento dell’indice dei prezzi al consumo, cioè la variazione percentuale rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, è stato del 18,7%
«Che cosa offre Milano a quanti — e sono la maggioranza—non hanno approfittato del ponte per concedersi una breve vacanza? Non è un luogo comune dire che ci sono proposte per tutti i gusti e per tutte le tasche. Un elegante ristorante di corso Italia ha organizzato un cenone con un menù particolarmente raffinato che va dal paté all’aragosta, dalle “specialità in crosta” allo champagne. Nel locale, una cinquantina di coperti, si può ballare. Prezzo fisso: ottantamila lire (ed è già quasi tutto esaurito). Ma c’è anche una pizzeria in viale Crispi, a Porta Volta, che resterà aperta tutta la notte con i prezzi praticati le altre sere: quattromila lire per una pizza e una birra, dieci-quindicimila lire per un pasto completo, dall’antipasto al dolceIl prezzo del classico cenone varia ovviamente da locale a locale ed è difficile stabilire una media. Si può fare però qualche esempio. Un ristorante di via Alzaia Naviglio Grande propone un cenone a prezzo fisso per ventlclnquemila lire compresi musica e ballo, esclusi lo spumante (seimila lire) o lo champagne venticinquemila). In un ristorante caratteristico di via Vittor Pisani il prezzo fisso è di ventimila lire, mentre in un ristorante giapponese di via Fabio Filzi si può scegliere fra sei diversi menù completi tutti a venticinquemila lire (esclusi il servizio, pari al tredici per cento e le bevande)» (dal Corriere della Sera).
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