• «Sono elettori politici, secondo lo Statuto, tutti i cittadini del Regno giunti all’età d’anni 25 compiuti al giorno dell’elezione, che sappiano leggere e scrivere e paghino un annuo censo non minore di lire italiane quaranta. Sono ammessi inoltre all’elettorato, indipendentemente da ogni censo: i membri effettivi di determinate Accademie; i professori tanto insegnanti che emeriti dell’istruzione universitaria e secondaria,. i funzionari e impiegati civili e militari in attività di servizio, ecc.».• Su una popolazione maschile dai 25 anni in su di 5,444 milioni, ci sono nel Regno soltanto 378.380 elettori politici (6,95% dei maschi di età richiesta). La più alta percentuale di elettori è concentrata nelle antiche province: in Sardegna (il 14,8% dei maschi dai 25 anni in su), in Piemonte e Liguria (9,7%), la minore nelle Marche (4,0%). «Tali differenze di proporzione nel numero degli elettori non dipendono solo dalla varia distribuzione della proprietà fondiaria, ma anche dai diversi sistemi di catastazione e d’imposta».• L’elettorato amministrativo ha basi più estese di quello politico: basta avere 21 anni compiuti e pagare una tassa diretta che giunga a 5 lire (importo che in alcuni casi può essere anche meno elevato). Gli elettori amministrativi sono 1,002 milioni. #PoliticaInternaFonti:[a] Censimento generale, 31 dicembre 1861[b1] Ministero della Guerra, ministero della Marina[b2] Ministero dell’Istruzione pubblica[b3] Ministero dell’Agricoltura, industria e commercio[b4] Direzione generale della marina mercantile[b5] Ferrovie dello Stato[b6] Direzione generale del lavoro[b7] Banca d’Italia
• A Palermo, colpi di fucile nella notte.
• In Palermo il governo luogotenenziale ordina l’arresto di Crispi, dell’avvocato Ferro, del chirurgo Raffaele, ritenuti iniziatori delle dimostrazioni anti-la-fariniane di ieri sera e dei giorni precedenti. Crispi, avvisato, sfugge all’arresto; Ferro è pubblicamente liberato a tarda notte da guardie nazionali; Raffaele, arrestato, è imbarcato per Genova. A sera altre dimostrazioni anti-la-fariniane (Comandini)
• Il Re firma i decreti che nominano intendenti generali Campi ad Ascoli, Bellati ad Ancona, l’avv. Bosi a Macerata ed il m.se Tanari a Pesaro (Comandini)
• Stante l’agitazione per il passaggio del capoluogo ad Ascoli il consiglio comunale di Fermo si è dimesso, ed un decreto del regio commissario provinciale nomina a reggere il comune un commissario regio. Ciò suscita una grande dimostrazione popolare ostile (Comandini)
• Proclama del marchese Gualterio ai popoli dell’Umbria, come nuovo intendente generale (Comandini)
• In Palermo il governo luogotenenziale fa pubblicare ordinanza della questura vietante gli attruppamenti; il decreto della questura è lacerato da guardie nazionali tra gli schiamazzi della gentaglia. I consiglieri della luogotenenza, La Farina e Cordova dimettonsi. Il luogotenente marchese di Montezemolo incarica il marchese di Torrearsa, ritirato a Trapani, di formare un nuovo consiglio di luogotenenza. Il luogotenente del Re pubblica proclama ai cittadini ed alla guardia nazionale di Palermo perché la calma rientri negli animi. (Comandini)
Per andare a Napoli il principe di Carignano ha chiesto - oltre a Nigra, Bardessono, Morris e Perrone - due milioni di appannaggio. (Cavour, Epistolario XVIII/1, Olschki, Firenze 2008)
Palermo, crispina, garibaldina, contraria al governo • In Palermo, «l’esercito immenso degl’impiegati che temono perdere gl’impieghi e de’ pensionati che temono perdere la pensione». Crispi riuscì a non farsi arrestare. La Guardia nazionale teme la guerra civile e un possibile saccheggio dovuto all’agitazione nelle campagne. Arrestati agitatori che gridano per le strade (“Morte a Crispi! Abbasso La Farina ed il Consiglio di Luogotenenza!»). Li si interroga su chi sia secondo loro Cavour. Uno risponde: «Un mercante di sigari che ha fatto rincarare i tabacchi». Un altro «Un impiegato della Luogotenenza, che non vuol mettere la meta al pane». Il Consiglio di Luogotenenza sarebbe il governo dell’isola, retto finora da La Farina. Il Luogotenente, come dire il presidente, è il marchese Massimo Cordero di Montezemolo. La Farina e gli altri del Consiglio si sono dimessi oggi, consigliando a Montezemolo di chiamare da Trapani il marchese di Torrearsa. «Il fatto di Palermo spiacerà immensamente in tutte le provincie, dove i nostri nomi sono popolarissimi». Si sostiene infatti che una cosa è Palermo, un’altra è la provincia • «Io ho ferma speranza che le elezioni riesciranno a buon risultato, e quell’antagonismo che già si rivela nelle altre città dell’isola contro il primato palermitano, cautamente diretto, può giovare». Così Montezemolo a Cavour. Chiede anche di essere rimosso: «Devo fin d’ora partecipare all’E.V. che dopo questo periodo tempestoso, che il Parlamento dovrà chiudere, non potrei corrispondere più né alle esigenze della posizione né all’aspettazione che il Governo deve porre in chi sarà a capo di questa regione» (Cavour, cit.)
• Reale decreto convoca i collegi elettorali di tutto il Regno per il 27 gennaio; e per una seconda eventuale votazione il 3 febbraio; convocando il Senato e la Camera per il 18 febbraio (Comandini)
• È presentata al ministro per gl’interni Minghetti medaglia d’oro fatta coniare per sottoscrizione dai suoi concittadini ed ammiratori (Comandini)
• Con il decreto reale odierno il cav. Carlo Luigi Farini è dispensato, a sua domanda, dalle funzioni di luogotenente generale del re nella provincie napoletane ed è nominato ministro di Stato (Comandini)
• Eugenio Rossi di Reggio Emilia, sostituto segretario della procura generale ed incaricato dell’ufficio dei poveri a Modena, è destituito dall’impiego pel contegno politico avuto dopo la sua nomina (Comandini)
• A Roma gran da fare della polizia a distaccare dalle cantonate il proclama di congedo del m.se Pepoli agli Umbri (Comandini)
• Il gen. Fanti dopo non breve malattia ritorna al proprio dicastero dì ministro per la guerra (Comandini)
In margine alla discussione suscitata dalla proposta Minghetti relativa alle autonomie locali (vedi 13 marzo), Cavour ha scritto a Massimo Cordero di Montezemolo, luogotenente del re a Palermo: «Le nostre teorie sullo Stato non comportano la tirannia d’una capitale [Torino] sulle provincie, né la creazione d’una casta burocratica che soggioghi tutte le membra e le frazioni del Regno all’impero d’un centro artificiale, contro cui lotterebbero sempre le tradizioni e le attitudini dell’Italia, non meno che la sua configurazione geografica [...] Io... non ho il menomo dubbio che, quando siano sedati i commuovimenti che alcuni mestatori s’ingegnano di suscitare rinfocolando le ire personali, sarà facilissimo di mettersi d’accordo sopra uno schema d’organizzazione, che lasci al potere centrale la forza necessaria per dar termine alla grande opera del riscatto nazionale, e conceda un vero self governement alle regioni e alle provincie».
• Proclama del commissario Valerio annunziante finita la sua missione nelle Marche cominciata il 12 settembre 60 (Comandini)
Il marchese Massimo Cordero di Montezemolo, (“un ammasso di carne fatto inerte dal grasso e dalla crapula”, nella descrizione di un agitatore mazziniano), benché nominato luogotenente delle province siciliane da soli 40 giorni, implora il ministro dell’Interno Minghetti di richiamarlo a Torino (http://albertomontalbano.blogspot.it/).
• Con decreti odierni il Re nomina 67 senatori, frà quali il generale Enrico Della Rocca: la maggior parte scelti fra personalità delle provincie di recente annesse, delle Marche, Umbria, Napoletano e Sicilia, compresovi Ruggero Settimo (Comandini)
• Il re Vittorio Emanuele da Torino scrive al cugino suo, Carlo Lodovico già duca, spodestato, di Lucca, poi di Parma e Piacenza: «Pensa qualche volta al tuo amico che balla un bel ballo, ma sempre forte in fede e nella sua spada.» (Comandini)
• I moderati, ovvero la destra storica, s’impongono come forza maggioritaria doppiando quasi quanto a numero di voti la sinistra democratica. Cavour conclude così il percorso iniziato nel 1852 nel Parlamento subalpino con la grande alleanza centrista che aveva portato all’emarginazione delle ali estreme dello schieramento politico attraverso la confluenza della parte più liberale della destra moderata e dell’ala moderata della sinistra democratica in una nuova maggioranza parlamentare (che aveva permesso a sua volta a Cavour di assumere la guida del governo). Nello schieramento sono presenti uomini di formazione culturale eterogenea, che comunque formano un gruppo molto omogeneo sul piano della provenienza sociale: alta borghesia terriera, aristocrazia imprenditrice imborghesita, alta finanza, industriali, diplomatici, liberi professionisti, intellettuali • «Dopo le elezioni del 1861 il movimento politico di cui [Garibaldi] costituisce la figura principale, ossia la fazione della sinistra democratica schierata con la monarchia sabauda, è diventato un partito costituzionale e legalitario» (Pierre Milza).
• Nelle odierne elezioni politiche ad Acquaviva delle Fonti è eletto un canonico collegiato, don Giuseppe del Drago, contro altro prete, Vito Fornari; ad Agnone il sacerdote Ippolito Amicarelli; ad Aosta il barone Domenico Carutti; ad Arezzo Carlo Poerio contro Leonardo Romanelli; ad Atessa Silvio Spaventa; a Bivona il gen. Carini; a Borgo San Donnino il maestro Giuseppe Verdi; a Bozzolo Valentino Pasini; a Brienza Petrucelli della Gattina; a Brivio il gen. Sirtori contro Cantù; a Cagli l’abate Raffaele Lambruschini già nominato senatore; a Caltagirone Filippo Cordova, eletto pure a Caltanissetta; a Campi Salentina il duca di Castromediano, contro il repubblicano Giuseppe Libertini; a Caprino Bergamasco il sacerdote Giuseppe Bravi contro Cantù; a Carpi Achille Menotti; a Casalmaggiore Brofferio contro Giuseppe Finzi; a Castelnuovo né Monti pure Brofferio; a Castelvetrano Crispi contro il co. Michele Amari; a Catanzaro il sacerdote Antonio Greco; a Chieti L. C. Farini; a Città di Castello l’avv. Leopoldo Cempini; a Codogno Valentino Pasini; a Cortona Sansone d’Ancona contro Leonardo Romanelli; a Crescentino L. C. Farini; a Fabriano Luigi Mercantini; a Firenze I, Ubaldino Peruzzi; a Firenze II, Ricasoli; a Firenze III, il m.se Ginori contro Atto Vannucci: a Firenze IV, il prof. Emilio Cipriani; a Gavirate Giuseppe Ferrari; a Genova II, Bixio; a Girgenti il prof, Emerico Amari; a Guastalla il gen. Ribotti; ad Iseo Zanardelli; a Lacedonia il barone Nisco; a Lanusei il gen. Cugia contro Asproni; a Livorno I, l’avv. G. Fabrizi contro Guerrazzi; a Livorno II, Malenchini; a Lonato Emilio Broglio contro il gen. G. Acerbi; a Macerata Diomede Pantaleoni; a Manfredonia Ruggero Bonghi; a Marsala il sacerdote prof. Ugdulena; a Massafra Giuseppe Libertini (Comandini)
• A Milano, nelle odierne elezioni, al I collegio Giuseppe Finzi è battuto da Ambrogio Trezzi; al III Giuseppe Ferrari è battuto dall’avv. Mosca; al IV Angelo Brofferio è battuto dal gen. Sirtori; al V Agostino Bertani è battuto da Cialdini; a Mirandola eletto il co. Carlo Pepoli; a Napoli I, Garibaldi; a,Napoli III, Carlo Poerio; a Napoli IV, Filippo De Blasio; a Napoli V, Luigi Settembrini; a Napoli VI, Antonio Ranieri; a Na poli VIII, Liborio Romano (eletto anche ad Atripalda, Bitonto, Campobasso, Palata, Altamura, Tricase, Sala Consilina e Napoli X;) a Napoli XI Silvio Spaventa; a Nicastro il gen. Stocco; a Palermo I, il prof. Emerico Amari; a Palermo III, il marchese di Torrearsa; a Palermo IV, il gen. Carini; a Paola Luigi Miceli; a Perugia il m.se Gioachino Pepoli; a Pesaro il co. Mamiani; a Pozzuoli Scialoia; a Rieti il co. Oreste Biancoli; a Rocca S. Casciano Valentino Pasini contro Guerrazzi; a Sanremo Giuseppe Biancheri; a San Severo il repubblicano avv. Luigi Zuppetta; a Sciacca il repubblicano socialista dottor Saverio Friscia contro il duca della Verdura; a Sessa Aurunca Francesco De Sanctis; a Sorniona Silvestro Leopardi; a Varese l’ing. Giuseppe Speroni; a Vasto Silvio Spaventa; a Vicopisano il co. Pietro Bastogi; a Poggio Mirteto votano tre sole delle cinque sezioni; le altre due, Fara e quella principale di Poggio Mirteto non hanno votato, trovandosi momentaneamente sul territorio soldati pontifìcii in scorreria (Comandini)
• A Mirto, comune del collegio elettorale di Naso, Messina, mentre procedevasi alla votazione per la elezione del deputato al Parlamento di Torino, una banda di borbonici invade la sala elettorale e slanciandosi sul pres. del seggio lo scanna insieme ai figli suoi che erano nella sala (Comandini)
• A tutt’oggi è conosciuto dell’Italia Settentrionale l’esito di 180 sezioni politiche, sulle quali appena 36 delle opposizioni varie. Dell’Italia Meridionale si hanno 40 di opposizione di fronte a circa 90 ministeriali (Comandini)
• Col pretesto delle elezioni di varii di loro a deputati, ma più veramente per il cumulo delle molte difficoltà, i componenti il Consiglio di luogotenenza di Sicilia in Palermo, in seguito al ritiro di Torrearsa, Turrisi, e Michele Amari, dimettonsi completamente (Comandini)
• Il ministro dei lavori pubblici, Jacini, nelle elezioni politiche del 27 essendo rimasto a Pizzighettone in ballottaggio con Carlo Cattaneo, ha date le dimissioni da ministro (Comandini)
• Annunziasi che al Jacini nella carica di ministro dei lavori pubblici succederà il cav. Ubaldino Peruzzi, direttore della ferrovia Firenze- Livorno (Comandini)
• In Consiglio di ministri a Torino Jacini, ministro dei lavori pubblici, rimasto come deputato in ballottaggio a Pizzighettone, fa prevalere le ragioni che consiglianlo a dimettersi. Deliberasi di offrire il suo portafoglio ad Ubaldino Peruzzi (Comandini)
• Giuseppe Verdi, su pressioni di Cavour, si presenta alle elezioni (23 gennaio 1861) per il primo Parlamento nazionale: «Gli elettori di Borgo San Donnino lo mandarono deputato al parlamento italiano (il 3 febbraio); egli accettò nella lusinga di poter riuscire utile all’arte sua, quando vide che in quei tempi di lotte politiche, non era il caso di pensare a progetti di legge che l’arte proteggessero, si appagò di prender posto nelle file della grande “armata del silenzio” e si ritrasse presto dall’agone, declinando il mandato, felice di aver assistito alla solenne seduta del 17 marzo 1861 di quell’anno e di aver dato il suo voto alla proclamazione ufficiale del Regno d’Italia» (A. G. Corrieri). [Almanacco 1901].• «(…) Alla Camera non prese mai la parola. Tutta la sua attività politica consistette nell’alzarsi quando Cavour si alzava e nel sedersi quando Cavour si sedeva. “Dovendo fare la mia biografia come membro del Parlamento – scrisse a Piave quattr’anni dopo – non vi sarebbe altro che imprimere in mezzo di un bel foglio di carta: i 450 non sono veramente che 449 perché Verdi come deputato non esiste”». [Montanelli 1971]
• Reali decreti odierni nominano Ruggero Settimo presidente del Senato, e vicepresidenti i senatori Federico Sclopis, Giuseppe Vacca, Gelso Marzucchi e marchese Giorgio Pallavicino Trivulzio (Comandini)
• Le elezioni politiche hanno dato complessivamente questo risultato: collegi i 443; dei quali 255 nell’Italia settentrionale e centrale, così classificati politicamente: estrema destra 5; ministeriali 213; terzo partito 21; sinistra 15; non avvenuta elezione 1 (Poggio Mirteto). Italia meridionale collegi 188; elezioni conosciute 163, così divise: ministeriali 120; incerti 11; sinistra 26; autonomisti 6; complessivamente ministeriali 333, opposizioni riunite 73; incerti 11. Mancano le 25 elezioni della Sicilia (Comandini)
• A bordo dell’Indipendente arriva a Genova L. C. Farini; accompagnanlo Negrini, Visconti Venosta e Velio (Comandini)
• Reale decreto accetta le dimissioni di Stefano Jacini da ministro dei lavori pubblici, dei quali affida l’interim al conte di Cavour (vedi 14 febbraio) (Comandini)
• L’officiosa Opinione annunzia che il Ministero essendosi occupato della scelta del candidato alla presidenza della Camera, «l’esito delle elezioni avendo assicurato un valido e sicuro appoggio alla politica governativa, poteva il Ministero tanto meglio manifestare il suo desiderio di conciliazione fra le varie frazioni del partito costituzionale, nella proposta del suo candidato alla presidenza, offerta al deputato Urbano Rattazzi, che, dopo essersi consigliato coi suoi amici, l’ha accettata.» (Comandini)
• Arriva a sera a Torino da Berlino e Parigi il generale La Marmora (Comandini)
• Regio decreto firmato a Milano nomina min. dei lavori pubblici Ubaldino Peruzzi (Comandini)
• Il Re firma a Milano decreto (pubblicato il 17) che pone fine all’autonomia toscana e stabilisce il nuovo ordinamento delle provincie toscane, come nelle altre parti del regno (Comandini)
• Reali decreti odierni aggiungono alle corporazioni religiose da conservarsi nelle Marche, le Salesiane o dame della visitazione; le suore di S. Anna di Castelfidardo; le Pie Maestre Operaie di Ascoli; e alle corporazioni nell’Umbria, i Missionari detti Lazzaristi; le Salesiane suddette; le Suore di carità; le Oblate infermiere di Città di Castello (Comandini)
• Decreti luogotenenziali su relazione di P. S. Mancini, aboliscono il concordato, ed applicano alle provincie meridionali le riforme ecclesiastiche vigenti in Piemonte (Comandini)
• Decreto luogotenenziale da Napoli costituisce la nuova provincia di Benevento (Comandini)
«Oggi, giorno diciotto del mese di febbraio dell’anno mille ottocento sessant’uno, regnando Vittorio Emanuele II, si apre in Torino il Parlamento Italiano». Giornata storica, seduta solenne nella nuova aula di palazzo Carignano, euforia per le strade della capitale: il nuovo regno formalmente non c’è ancora, ma il suo parlamento è una realtà. Il re saluta gli eletti della Corona e del popolo, i rappresentanti di 22 milioni di italiani liberi, radunati per la prima volta. Le elezioni si sono svolte il 27 gennaio e il 3 febbraio. Di quei 22 milioni di italiani in realtà ne sono andati alle urne molti meno: gli aventi diritto, con la legge elettorale che concede il diritto di voto solo ai maschi e su base censuaria, erano 418.696 e i cattolici si sono astenuti per volere del Papa. I 443 deputati, alla fine, sono stati eletti da 239.583 italiani, l’1,1 per cento del totale. E i senatori sono di nomina regia. [G.Po. 18/2/1861, M.Ill. 23/2/1861, Caprarica 2010].• È nuvoloso, ma non piove. Ieri notte il termometro è sceso fino a zero. Alle 11 la temperatura è di 10 gradi.
In quest’aula dunque verso le 11 si attende l’arrivo del re. Quasi tutti i deputati sono presenti, mentre si notano moltissimi vuoti tra i senatori. Le tribune riboccano di assistenti. Tra i deputati si contano 85 conti, baroni, marchesi, duchi, principi; 93 cavalieri, commendatori e gran cordoni; 74 avvocati; 52 professori, ingegneri e dottori; 28 ufficiali; 5 abati; 105 quelli che non hanno una designazione particolare. [Pers. 19/2/1861, G.Ge. 20/2/1861]
Un solo piccolo incidente turba l’attesa. I deputati che prendono posto si accorgono che un uomo, dall’accento napoletano, si è seduto tra di loro. Viene invitato ad allontanarsi, ma lui insiste per restare: deve rispondere al re, dice. Sembra che lo stesso Cavour gli abbia offerto a questo punto un biglietto per assistere alla seduta dalla tribuna, invano. Intervengono i questori che lo consegnano alle guardie. Per poco si sparge anche la voce che volesse compiere un attentato al re, ma poi in questura a questo Antonio Catelano – così si chiama – «credesi che il cervello gli abbia dato volta, non risultando che avesse perverse intenzioni». [Pers. 19/2/1861, Op. 19/2/1861, Caprarica 2010]
Il re sale sulla carrozza di gala e lascia la reggia per piazza Castello alle 11 precise. Strade e piazze di Torino sono gremite di folla venuta da tutte le province del regno. Annunciato dagli spari del cannone e dalla fanfara reale, Vittorio Emanuele II arriva a palazzo Carignano. Lo accolgono deputazioni del Senato e della Camera. Lunghi applausi e ripetute grida «Viva il re d’Italia» una volta in aula. Alla destra del trono, in loggia, ci sono i figli del re: il principe Umberto di Piemonte e Amedeo duca d’Aosta. Nella loggia sinistra il corpo diplomatico con l’ambasciatore straordinario del re di Prussia, luogotenente generale De Bonin, i ministri di Prussia, Gran Bretagna, Turchia, Svezia, Belgio ecc. [M.Ill 23/2/1861]
Fuori dall’aula, Torino è già in festa. Prima dell’alba sono arrivati in città 500 uomini della Guardia nazionale napoletana. Il battaglione si presenta in piazza Castello tra gli applausi della gente poco dopo l’arrivo del re a palazzo Carignano: sfila in mezzo alla Guardia nazionale di Torino e gli si concede il posto d’onore presso la piazzetta reale. Scrive la Gazzetta del Popolo: «L’improvviso giungere in Torino, nel giorno diciotto, mentre il Re d’Italia si recava al Parlamento, delle guardie nazionali napolitane fu imponente, fu commovente, perché diceva agli occhi di tutti: Ecco! Nel luogo prestabilito, alla precisa ora meridiana indicata, né pei mari frapposti, né per distanze, né per ostacoli, nessuno, assolutamente nessuno dei fratelli della grande famiglia italiana mancò alla sottoscrizione del patto; e ripetiamo ancora una volta: nessuno mancò, perché Roma e Venezia vi erano largamente rappresentate da deputati appartenenti a quelle provincie; viva testimonianza, che quei popoli convenendo, lo sgombro di quei territori non è più che quistione materiale di tempo». [Op. 19/2/1861, Pers. 19/2/1861, G.Po. 21/2/1861]
Torino non ha mai visto a memoria d’uomo tanta folla stringersi nella sua cerchia quanto oggi. Il dialetto piemontese è quasi scomparso per far posto alla lingua italiana. Il municipio ha fatto addobbare la piazza Castello, quella di Carignano e la via Accademia delle scienze: spiccano 48 getti d’acqua e gli speciali apparecchi per l’illuminazione notturna. Addobbate anche la via di Po e la chiesa della Gran Madre di Dio. La giunta ha invitato i cittadini a illuminare parimenti le proprie abitazioni. E anche i poveri devono partecipare alla festa comune: il municipio ha distribuito ai Consigli di beneficenza razioni di pane per un valore di 5.000 lire. [G.Po. 16/2/1861. G.Uff. 19/2/1861]
Per l’occasione, il municipio di Torino ha ottenuto che le sale dei Musei di antichità e di storia naturale siano aperti, da oggi a tutto il 23, dalle 10 alle 3 pomeridiane, e la reale Galleria d’armi, da oggi al 22, dalle 10 alle 4 (sempre che non siano presenti persone della famiglia reale). «A comodo dei forestieri» si è pure disposto che il cimitero possa essere visitato da oggi al 23 dalle 10 del mattino alle 4 di sera. [G.Po. 18/2/1861]
Il sindaco ha anche ricordato in una nota pubblicata sulla Gazzetta del Popolo, «ad opportuna norma dei cittadini e dei forestieri», che le tariffe delle vetture di piazza restano quelle in vigore. In altre parole, che non si deve speculare sulla grande occasione che vive Torino. Per una corsa nel perimetro della linea daziaria (compreso il camposanto che ne è fuori) 1 lira su vetture a un cavallo e 1,50 a due, dalle sei del mattino alla mezzanotte; rispettivamente 1,50 e 2 lire dalla mezzanotte alle sei. [G.Po. 17/2/1861]
Per i «forestieri» arrivati da ogni parte d’Italia non è però tutto facile in questi giorni a Torino. Alberghi, locande e osterie sono pieni. Persino sessanta neo deputati non hanno trovato una camera ma si sono dovuti accontentare di un alloggio di fortuna. Francesco De Sanctis, eletto a Napoli, scrive a casa il 19: «Non abbiamo trovato niente apparecchiato per gli alloggi. La prima notte siamo stati sette in una stanza. In questo punto non ho ancora trovato nulla» [Caprarica 2010] • «Gli onesti abitanti di Torino» sapendo dell’arrivo di deputati da tutt’Italia «avevano onestamente quadruplicato il prezzo del fitto» (Ferdinando Petruccelli della Gattina, I moribondi di Palazzo Carignano, Rizzoli) • «Sono arrivati i sudici» detto da un parlamentare settentrionale dei parlamentari meridionali (Vittorio Teti, Maledetto Sud, Einaudi 2013).
Al calare della sera la folla non abbandona le strade. Le bande militari suonano nelle piazze. L’appuntamento principale è in piazza Castello, dove suona il corpo di musica della Guardia nazionale di Torino diretto da Camillo Demarchi, con cento coristi diretti da Luigi Rossi. In programma un galop di Ricordi, la sinfonia della Gazza ladra di Rossini, un valzer di Strauss, il preludio all’Ernani, il coro e la sinfonia dell’Aroldo di Verdi, preludio e coro degli Orazi e Curiazi di Mercadante, preludio, brindisi e duetto della Traviata, ancora di Verdi, una polka di Demarchi. Il concerto si conclude sulle note di Novaro (e le parole di Mameli) dell’Inno nazionale. [G.Po. 17/2, 18/2/1861]
Intorno alla chiesa della Gran Madre di Dio, lo spettacolo è con i fuochi d’artificio. Il pirotecnico Ardenti ha preparato 300 razzi assortiti accompagnati da piccole bombe, 12 razzi a paracadute e batterie di 200 razzi matti, 12 torbiglioni, 10 batterie di candele romane ecc. [G.Po. 18/2/1861]
• Esce a Torino un opuscolo intitolato: Il ministro Cavour dinanzi al Parlamento, attribuito allo stesso Cavour (Comandini)
• A Torino la Camera tiene breve seduta nell’antica aula, sotto la presidenza del bolognese Zanolini designato dall’anzianità. Vien fatto il sorteggio per gli uffici (Comandini)
In una lettera a Ricasoli, altro intervento di Cavour sulla riforma Minghetti (vedi 15 gennaio e 13 marzo): «Nessuno dei ministri è d’indole accentatrice: tutti sono disposti a lasciare alle autorità locali una larga facoltà d’azione, onde ridurre al minimum gli affari da trattare nella capitale».
«Da due giorni Torino festeggia. C’è una luce diversa in città. Straordinarie luminarie accendono piazza Carignano, via dell´Accademia delle Scienze, via Po, e soprattutto piazza Castello, regina della decorazione urbana particolarmente curata dal signor Ottino regista della scenografia. Appare più imponente del solito, fra il gran luccichio che gli dà risalto e i fuochi d´artificio che ne fanno balenare ogni angolo, lo scenario della Gran Madre. Molti conoscono, sia pure solo di nome, l’artista-pirotecnico che ha preparato lo spettacolo: si chiama Ardenti. Presenzia a queste scene, rallegrate da molte musiche, un gruppo di Altezze Reali. Comprende il principe Umberto di Piemonte, Amedeo Duca d’Aosta, madama Maria Pia: un trio di teste coronate. Sventolano in tutta Torino i tricolori che già annunciano l’Italia risorta. Più per una mutua convenzione che per un impulso patriottico di circostanza, il dialetto piemontese sembra risuonare, nelle strade, meno insistente del solito. Si parla di più in italiano. La musica della Guardia Nazionale di Torino, diretta dal maestro Demarchi, con i suoi cento coristi si fa applaudire in piazza Castello da una grande folla. Le tre Altezze Reali partecipano alla gioia popolare prima da un balcone del Palazzo del Ministero degli Affari Esteri, poi tra la folla in carrozze scoperte. Dovrebbe esserci anche la Duchessa di Genova, ma non ha potuto, per indisposizione» (Nello Ajello, la Repubblica 20/2/2011).
• Il presidente dei ministri, co. di Cavour, presenta al Senato, che accoglielo con grandi applausi, il disegno di legge pel quale «Il Re Vittorio Emanuele II assume per se e suoi successori il titolo di Re d’Italia.» (Comandini)
• Il Senato elegge propri segretari D’Afflitto, Arnulfo, Cibrario, D’Adda, e questori Pollone ed Orso Serra (Comandini)
• Il senatore Matteucci firma, approvata dalla commissione senatoriale, la relazione favorevole al disegno di legge che conferisce a Vittorio Emanuele il titolo di «Re d’Italia.» La commissione propone si aggiunga «per grazia di Dio e volontà della nazione»; ed esprime la fiducia che il principe ereditario debba sempre intitolarsi «principe di Piemonte.» (Comandini)
• È costituito in Torino un Comitato politico veneto centrale dell’emigrazione (Comandini)
Due senatori sabaudi osano dire no a «Vittorio Emanuele II Re d’Italia». Succede oggi, lunedì. Il Senato è convocato a Palazzo Madama. Deve votare «il progetto di legge per cui Sua Maestà Vittorio Emanuele II assume per sé e i suoi successori il titolo di Re d’Italia». Sono presenti 131 senatori. Il voto positivo è dato per certo anche se nel dibattito il senatore Pareto suggerisce che «anziché Re d’Italia sarebbe meglio dire Re degl’Italiani, per esprimere la volontà nazionale». Ma Cavour ribatte: «Col titolo di Re d’Italia si consacra un fatto immenso, l’esistenza di un’Italia politica». Si procede quindi al voto. Quello palese è un «sì unanime e plaudente» ma il voto segreto successivo rivela «129 voti favorevoli e 2 contrari». Chi sono? «Nemici del Regno d’Italia?», si chiede la Gazzetta del Popolo . I due oppositori si cercano «fra i papisti». Ma Cavour smorza i toni. Sa che danno voce a chi, per lealtà alla dinastia, ha versato sangue nel Risorgimento, ma nell’intimo dice: «Fedeli al Re sempre, ma italiani no, né ora, né mai». Per lo storico Domenico Carutti, devoto alla Corona, «il Regno d’Italia è il funerale del vecchio Piemonte». E c’è chi ama ripetere quanto disse Costanza d’Azeglio nel 1848: «Invece di farci diventare Italiani, gli Italiani farebbero meglio a diventare Piemontesi» (Maurizio Lupo, La Stampa 26/2/2011).
• Il Senato in Torino con 129 voti contro 2 adotta il progetto di legge che conferisce al re Vittorio Emanuele II il titolo di Re d’Italia. La commissione ha ritirato l’emendamento che aggiungeva per provvidenza divina e per voto della Nazione (Comandini)
• In Firenze assume il governo delle Provincie toscane il sen. Sauli, cessando con oggi il governatorato del barone Ricasoli (Comandini)
• Ultimo giorno in cui a Firenze il barone Ricasoli trattiensi a Palazzo Vecchio, dove oggi ha installato il governatore Sauli (Comandini)
• Pubblicato a Firenze proclama del m.se Sauli d’Igliano nell’assumere la carica di governatore della Toscana (Comandini)
• Il Re in Torino riceve la deputazione del Senato che presentagli l’indirizzo di risposta al discorso della Corona, e rivolgele parole di lieto augurio per l’Italia (Comandini)
La Giunta municipale di Torino, relativamente al censimento della popolazione, notifica «che dal giorno 15 corrente dicembre verranno per mezzo de’ Commessi comunitativi del Censimento distribuite a domicilio le relative schede a tutti i capi di famiglia, perché vogliano curare l’esatto riempimento, da operarsi nella notte del 31 stesso mese al 1° gennaio 1862, delle colonne di cui si compone la scheda, l’intestazione delle quali ne spiega chiaramente l’oggetto. Nei primi di giorni di gennaio prossimo ritorneranno gli stessi Commessi collettori a ritirare le schede riempite, che ciascun capo famiglia è invitato a riconsegnare».
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