Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto
Forte dissenso tra la direzione del Pci e i giornalisti dell’Unità Alberto Jacoviello e Emilio Sarzi Amadè
«Tra il dicembre 1978 e il gennaio 1979 ben due giornalisti litigano con la direzione (Reichlin e Petruccioli) per la linea di sostanziale appoggio all’Urss di partito e giornale. Il primo è Alberto Jacoviello, corrispondente da Washington, a cui cambiano un pezzo senza neanche dirglielo. Si passa da: la Cina cerca l’alleanza degli Stati Uniti “per sconsigliare l’uso della forza da parte dell’Urss” a “per rilanciare le tensioni con l’Urss anche sul piano della forza militare”. Ne segue un carteggio assai aspro con Petruccioli, inviato in copia alla segreteria del Pci (che dava il suo parere su chi inviare all’estero), chiuso dal condirettore: “Non ritengo opportuna politicamente e per il giornale la pubblicazione di una rettifica che metta in evidenza una divergenza tra l’Unità e il suo corrispondente dagli Usa”. L’altro caso riguarda Emilio Sarzi Amadè, nome pesante della sezione esteri: qui la discussione riguarda l’invasione della Cambogia da parte del Vietnam, sostanzialmente appoggiata dal giornale. Sul sud-est asiatico, scrive Amadè in una lettera finita nell’archivio del Pci con la dicitura “molto riservato”, stiamo dicendo delle falsità per fare contenti i russi: “Il Vietnam ha attaccato solo dopo aver firmato il Trattato di amicizia con l’Urss, prima diceva che non lo avrebbe mai fatto”, in funzioneanti-cinese è in atto “un tentativo di ricreare nel movimento operaio una situazione da anni 50”» (leggi qui l’articolo sui Diari segreti dell’Unità)
Domenica 21 gennaio 1979
Scalfari elogia il Pci
Articolo di Scalfari su Repubblica: “La classe dirigente ha capito da un pezzo ciò che la piccola borghesia italiana stenta ancora a capire, e cioè che il Pci è un partito democratico come tutti gli altri”. La Repubblica ha grande successo con la base, sedotta da un giornale tanto più glamour della vecchia stampa di partito. Meno con i dirigenti. “Il suo direttore pretende di modificare l’immagine che abbiamo di noi, orientare i nostri comportamenti e indirizzare il processo in corso nel Pci verso certi esiti piuttosto che verso altri” dice Enrico Berlinguer. “In tutto questo c’è qualcosa di oscuro che non mi piace”.
febbraio 1979
Esce Nord-Ovest
«Il rapporto tra Bossi e Maroni data al febbraio 1979, quando Maroni fu incaricato di scrivere il foglio «Nord-Ovest», per conto di Bruno Salvadori, mentore di Bossi ed esponente dell’Union Valdôtaine».
Mercoledì 7 marzo 1979
Comunicato della Federazione milanese del Pci
La segreteria alla Federazione di Milano del Pci: «Il compagno Elio Grisenti, che per tanti anni è stato correttore di bozze a l’Unità di Torino e Milano, e che dal 1964 al 1979 ha lavorato all’estero per incarico del nostro Partito, rientra definitivamente in Italia alla fine di aprile. Dal primo maggio assumerà nuovamente il suo antico incarico di correttore di bozze»
Lunedì 26 marzo 1979
Morte di Ugo La Malfa. Una sua tribuna politica del 1974
Ugo La Malfa, 76 anni, fondatore del Partito d’Azione, segretario e leader del Partito Repubblicano Italiano, ministro dei Trasporti nel governo Parri e ininterrotamente in Parlamento dal 1948 a oggi, è morto a Roma. Marco Nese sul Corriere d’Informazione ne ha raccontato gli ultimi istanti. «L’ultimo check-up lo aveva fatto in febbraio e gli esami medici non avevano destato alcuna preoccupazione. L’unico suo guaio erano gli occhi, ai quali aveva subito una delicatissima operazione mesi fa. Poi, sabato mattina, l’improvviso sopraggiungere del colpo fatale. Erano circa le 6. La Malfa dormiva da solo in una stanza del suo appartamento di via Cristoforo Colombo (un palazzo abitato solo da parlamentari). In casa, oltre a lui, c’erano la moglie e la cameriera, Angela. L’emorragia cerebrale si manifesta con acutissimi mal di testa. E questo deve aver svegliato il leader repubblicano, il quale ha forse cercato di alzarsi, e ha acceso la luce. Non ci è riuscito perché ha subito perduto conoscenza, è crollato urtando la testa contro uno spigolo del comodino. Pochi minuti dopo le 7, Angela, la cameriera, vede filtrare la luce da sotto la porta della stanza e pensa che La Malfa si sia alzato (era sempre stato mattiniero). Va a preparare la colazione, ma quando poi entra nella stanza si trova di fronte a una scena raccapricciante: La Malfa riverso per terra, privo di sensi. Tutto diventa frenetico: la chiamata d’urgenza del medico, la corsa verso la cllnica, i primi esami per verificare le condizioni del cervello. Ci sono speranze? I medici lasciano subito capire che non c’è scampo. Il sangue ha completamente invaso il cervello, La Malfa è ormai ridotto solo a una vita puramente vegetativa, resa possibile dalla grande resistenza del cuore. I medici non tentano nemmeno l’intervento chirurgico sul cervello: «E’ inoperabile», dicono. In ogni caso, avvertono, se pure dovesse sopravvivere, l’uso del cervello sarebbe ormai definitivamente compromesso, la sua intelligenza se n’è andata, cancellata dall’ondata di sangue, la sua coscienza è scomparsa».Leggi qui la biografia
Venerdì 30 marzo 1979
Si apre il XV congresso del Pci
Si apre il XV congresso del Pci. Berlinguer, nella relazione introduttiva sostiene che per unire il Paese e salvarlo dalla crisi il nodo politico che deve essere sciolto è la partecipazione del PCI al governo. Berlinguer a Scalfari: «Ma dicevamo dell’austerità. Fummo i soli a sottolineare la necessità di combattere gli sprechi, accrescere il risparmio, contenere i consumi privati superflui, rallentare la dinamica perversa della spesa pubblica, formare nuove risorse e nuove fonti di lavoro. Dicemmo che anche i lavoratori avrebbero dovuto contribuire per la loro parte a questo sforzo di raddrizzamento dell’economia, ma che l’insieme dei sacrifici doveva essere fatto applicando un principio di rigorosa equità e che avrebbe dovuto avere come obiettivo quello di dare l’avvio ad un diverso tipo di sviluppo e a diversi modi di vita (più parsimoniosi, ma anche più umani). Questo fu il nostro modo di porre il problema dell’austerità e della contemporanea lotta all’inflazione e alla recessione, cioè alla disoccupazione. Precisammo e sviluppammo queste posizioni al nostro XV Congresso del marzo 1979: non fummo ascoltati. Né il Pci, né il movimento sindacale trovarono l’interlocutore politico che raccogliesse e utilizzasse quel messaggio…». (leggi tutta l’intervista)
Martedì 3 aprile 1979
XV congresso del PCI
XV congresso del PCI a Roma: Berlinguer rieletto segretario.
Venerdì 6 aprile 1979
Rodotà accetta di candidarsi in Parlamento come indipendente nelle liste del Pci
«Erano i tardi anni 70, gli anni di piombo, io ero convintamente garantista. Ricordo un articolo di Paolo Mieli sull’Espresso in cui prendeva in giro il partito dei garantisti: ‘Segretario Mancini, vicesegretario Rodotà’. Erano momenti difficili di minacce e accuse, mi dicevano ‘difensore dei terroristi’. Luigi mi dice che l’altro Berlinguer, Enrico, mi vuole vedere per propormi una candidatura. Ma io volevo incontrare Pecchioli, che era esattamente dall’altra parte. Il 6 aprile 1979 entro per la prima volta a Botteghe Oscure. E gli dico: ‘Senta voglio capire i motivi di questa offerta, visto che ho preso posizioni pubbliche molto nette, facendo nomi e cognomi tra cui il suo’. Pecchioli mi dice: ‘In questo momento le tue posizioni su diritti e garanzie ci interessano. Però se tu avessi preso posizioni diverse sul caso Moro, non te lo avremmo chiesto’. Ero stato anch’io, come Repubblica, sostenitore della linea della fermezza, cioè ero contrario a ogni trattativa con i terroristi. Il che non mi aveva impedito di avere rapporti con la famiglia quando si cercò la via di una trattativa non con lo Stato, ma tramite terzi, come la Croce Rossa. L’idea di andare in Parlamento m’interessava: un giurista ha delle carte da giocarsi. Così decido di candidarmi» (testimonianza di Stefano Rodotà. Leggi qui tutta l’intervista).
«Kathryn Colvin (Information Research Department, Londra) e Peter Thompson (responsabile delle politiche dell’informazione, Consolato britannico, Milano) conversano per un’ora e mezza con Claudio Petruccioli (vicedirettore dell’Unità), a Milano. I due domandano “se il compromesso storico sia ancora un obiettivo, oppure se il Pci contempli ora un ritorno all’opposizione”. Petruccioli replica così: i comunisti puntano a una politica unitaria (con la Dc, i governi di “unità nazionale”). Poco importa la formula effettiva di governo, purché non vada persa l’intesa di massima tra la Dc e il Pci. Di conseguenza, il partito potrebbe in futuro pensare a formare un governo basato sull’alternativa di sinistra, a condizione che la Dc lo sostenga dall’esterno. “I partiti al governo, di fatto, avrebbero naturalmente più responsabilità di quelli fuori dal governo” aggiunge Petruccioli. “Sarebbero comunque tutti responsabili della gestione del Paese. La Dc però guarda con riluttanza a quest’idea”». (leggi qui l’articolo di Alberto Custodero).
giugno 1979
La Cia nei guai perché Tatò trasloca e bisogna spostare le cimici
La Cia ha messo un paio di cimici nel piccolo appartamento di via de’ Nari dove vivono Tonino Tatò, portavoce di Enrico Berlinguer, e sua moglie Giglia Tedesco. In questa casa, infatti, Enrico Berlinguer tiene le riunioni più delicate e riservate. La Cia ha posto la sua stazione d’ascolto (Listening Post) in piazza del Biscione. Senonché, proprio in questi giorni, Tatò ha deciso di traslocare e, «approfittando del trasloco, Tatò e Tedesco avevano deciso di mandare i loro mobili più vecchi da un restauratore. La Cia doveva rimuovere il blocco di legno dove stava la cimice. Ma non era agosto. E il centro della città brulicava di romani e di turisti. Si optò per un piano alternativo: il giorno in cui la credenza sarebbe dovuta essere portata dal restauratore posizionarono la loro stazione d’ascolto mobile - un furgone Fiat bianco con apparecchiature elettroniche di ogni genere - nei pressi di via de’ Nari. Seguirono poi il camion del restauratore fino al suo negozio a Montesacro. Quella notte un team di specialisti entrò dentro e rimosse il blocco di legno» (leggi qui l’articolo di Claudio Gatti in cui si racconta lo spionaggio americano dei comunisti).
Lunedì 4 giugno 1979
Il Pci perde 4 punti, Gramsci insegue Berlinguer con un martello
• Essendo il Pci nelle elezioni di ieri e oggi sceso dal 34,4 al 30,4 per cento, Forattini sulla Repubblica ha disegnato un Gramsci che insegue Berlinguer con un martello per dargliele di santa ragione • «Alle elezioni politiche del giugno 1979 – in linea con la politica di austerità invocata da Enrico Berlinguer – il problema del contenimento del debito pubblico comparve persino nel programma elettorale del Pci. I comunisti, però, subirono una sconfitta e immediatamente accantonarono il tema» (Paolo Mieli).
luglio 1979
Critiche a Berlinguer per i risultati elettorali
• Enrico Berlinguer alla riunione del Comitato centrale del Pci è criticato pubblicamente per i risultati elettorali. Giovanni Russo sull’Europeo scrive che alcuni nel partito gli confidano: «Siamo all’oscuro di tutto. Non c’è un dirigente anche fra i maggiori in grado di dire come si muove e che cosa ha in mente Berlinguer (…). Quello che sta accadendo per la nomina dei nuovi dirigenti è la prova che il problema è la mancanza di democrazia non solo alla base, ma persino al vertice. Neppure i membri del Comitato centrale sanno niente. Del resto, durante la gestione Berlinguer, il Comitato centrale non ha fatto nessuna delle scelte fondamentali: né quella di entrare nella maggioranza di governo né la decisione di uscire dalla maggioranza nel gennaio del ‘79».
Martedì 24 luglio 1979
Le intenzioni di Berlinguer per superare la crisi del Pci
Ronald P. Nash, alto funzionario del ministero degli Esteri britannico, incontra separatamente a Roma Franco Venturini (Il Tempo) e Paolo Garimberti (La Stampa). Venturini è stato di recente a Londra, «finanziato dal Central Office of information (Coi)». Garimberti, in particolare, gli traccia un ampio quadro sulla crisi del Pci a partire dall’affermazione comunista alle politiche del giugno 1976. Dice che a questo punto «sono a rischio il Compromesso storico e l’orientamento del Pci a Occidente», ossia la politica dell’Eurocomunismo, perché «le ali di Berlinguer sono ormai tarpate». Fino a due anni fa, spiega, il segretario «era un monarca assoluto», ora invece si è ridotto a essere un «monarca costituzionale». Garimberti racconta poi un fatto inedito a Nash e a Mark Pellew, un uomo dell’ambasciata britannica in Italia. Nel maggio 1978, di ritorno a Roma da Barcellona, Berlinguer parla per ben due ore con il giornalista. Si è appena conclusa una conferenza sull’Eurocomunismo (27-30 maggio). In aereo il segretario confida a Garimberti vari «retroscena» e le «tattiche del Pci per il futuro». Nella primavera di quell’anno, in sintesi, «Berlinguer aveva già capito che le sue politiche non funzionavano più» e aveva detto al giornalista che «il partito doveva muoversi con decisione verso tre settori: i rapporti con gli Usa, l’Eurocomunismo, il Compromesso storico. Occorreva mettere in campo iniziative in ciascuna area. Ma tutto ciò non si è verificato».
agosto 1979
La segreteria del Pci scrive all’Unità
La segreteria del Pci alla direzione dell’Unità: «Cari compagni, scadono in questo secondo scorcio di anno due avvenimenti: il 40esimo dell’aggressione nazista alla Polonia e il 35esimo anniversario della fondazione dello Stato polacco (…) Certamente voi avrete preparato il materiale necessario per qualche iniziativa giornalistica, ma abbiamo voluto lo stesso ricordarvi le due scadenze».
settembre 1979
Il cdr milanese dell’Unità preoccupa i vertici del Pci
L’amministrazione dell’Unità informa quella del partito di un incontro col cdr della redazione di Milano: c’è qualche problema coi contributi Inpgi e i colleghi chiedono notizie sul “necessario aumento degli stipendi”. Franco Antelli, allarmatissimo, gira il carteggio alla segreteria: “A parte l’aspetto specifico delle richieste, non mi pare di poco conto il ruolo assunto dal Cdr di Milano, un ruolo da rappresentanza sindacale, che il contenuto della lettera valuta normale mentre rappresenta una novità da considerare con attenzione per i processi che ne possono derivare”.
Domenica 23 settembre 1979
Spadolini segretario del PRI
Il consiglio nazionale del PRI elegge Spadolini segretario del partito.
Lunedì 8 ottobre 1979
Congresso del Msi, Almirante propone una Nuova Repubblica
Si chiude, dopo due giorni di lavori, il congresso del Msi. Giorgio Almirante, riconfermato segretario (il suo vice è Pino Rauti) candida il partito alla guida della protesta anti-partitocratica e propone la costituzione di una Nuova Repubblica.
Domenica 11 novembre 1979
Lama risponde ad Amendola
ROMA — Sull’Unità, il segretario della Cgil, Luciano Lama, risponde all’articolo di Giorgio Amendola su Rinascita (vedi 9 novembre), specificando che «non è detto che i discorsi chiari siano sempre discorsi giusti»: «Mi perdonerà il compagno Amendola se dico che il suo articolo mi sembra sorvolare su due cose essenziali: l’esistenza di una lotta politica, con avversari concreti di classe nel paese, e la necessità di dare vita a cambiamenti profondi nella economia e nella società italiana per uscire dalla crisi». «Nell’articolo di Amendola la politica del cambiamento, delle riforme, della trasformazione, pur graduale, ma vera, della società e dello Stato, in sostanza non c’è. E senza di ciò — aggiunge —, dalla crisi non si esce». La vera accusa ad Amendola è quella di essersi adagiato su posizioni «lamalfiane», dimenticando gli obiettivi per i quali il PCI deve battersi e si è sempre battuto
Berlinguer risponde ad Amendola
«Amendola — ha detto — rivolge una serie di critiche, alcune giuste, altre sbagliate, al movimento sindacale e allo stesso partito. Non starò in questa sede a considerare, una per una, queste critiche. Rilevo però (e concordo in questo con l’articolo del compagno Lama) che Amendola sembra trascurare l’esistenza dell’azione degli avversari del movimento operaio e del movimento sindacale». Poi, con il tono di chi ricorda cose ovvie, che un comunista dovrebbe sapere: «Fa parte dell’ABC del marxismo ricercare l’origine di fenomeni degenerativi, di questo e di altro tipo, nelle strutture materiali della società, che è oggi la società capitalistica, giunta a un determinato stadio del suo sviluppo e del suo decadimento». Berlinguer ha rammentato che compito del partito comunista è «trasformare e rinnovare in ogni campo» per far nascere «una nuova società» dal grembo di quella vecchia. Quindi ha dato atto ad Amendola di sostenere una tesi giusta, quando afferma che oggi compito primario deve essere la lotta al terrorismo. Da tre anni, unico fra i partiti comunisti dei paesi capitalistici, il Pci ha proposto l’austerità, incontrando resistenze durissime «nel più diversi settori del mondo politico, economico e sindacale». E ha proseguito: «L’obiezione di fondo che si deve fare ad Amendola è che nell’appello accorato che egli rivolge ai lavoratori e ai giovani, richiamandoli al senso del dovere, al lavoro, è assente lo scopo, sono assenti le finalità per cui si possono chiedere e ottenere sforzi, restrizioni e anche sacrifici». Queste finalità, secondo Berlinguer, si riassumono nell’azione per trasformare la società e avviare «il superamento del capitalismo. Il nodo è qui, ha sostenuto in sostanza Berlinguer, «altrimenti ogni appello, anche il più nobile e accorato, cadrà nel vuoto».
Venerdì 16 novembre 1979
Berlinguer interviene nel CC del Pci e dà torto ad Amendola
ROMA — Chiusura inaspettata del Comitato centrale del Pci. Berlinguer ha preso la parola e risposto con toni pacati, talvolta amichevoli, a Giorgio Amendola. Ma nella sostanza ha respinto con vigore le critiche del vecchio capo storico comunista, e ha rivendicato la validità della linea complessiva del partito su tutti i fronti: non si possono chiedere alla classe operaia solo sacrifici, ha detto In sostanza. La linea stessa dell’austerità — ha aggiunto — non può che essere legata, nella visione dei comunisti, alle lotte per trasformare il paese. Non si tratta — ha insistito — di ripristinare il vecchio sistema di sviluppo, ormai Irrimediabilmente in crisi. Un compito — ha precisato — che comunque non si concilierebbe con la natura, i caratteri e le idealità del PCI. SI tratta, invece, di aprire nel paese una fase nuova, caratterizzata da profondi mutamenti. «Non ci siamo mai trovati — ha ammesso il segretario del PCI — di fronte a compiti cosi impegnativi, ma non possiamo ritirarci. Altrimenti sarebbe una sconfitta senza battaglia». Berlinguer è salito alla tribuna del comitato centrale all’improvviso, verso la fine della mattinata. Con il suo inatteso intervento deve aver convinto la platea, se dopo il suo discorso nessuno ha più voluto prendere la parola, e anche Ingrao e un’altra decina di dirigenti hanno ritirato il loro nome dall’elenco degli oratori. Con un voto unanime il massimo organo politico del PCI ha dunque ribadito, al di là delle polemiche suscitate da Amendola, l’impostazione e la strategia del partito. Nell’intento di raggiungere questo oblettivo Berlinguer ha deciso di intervenire di persona nel dibattito, ma in questo modo lo ha anche chiuso. Dopo c’è stata solo una breve replica di Chiaromonte, puramente formale e, ovviamente, pienamente in linea con le tesi del segretario» (dal Corriere della Sera del 17 dicembre).
Venerdì 7 dicembre 1979
Scandalo ENI-Petromin, Cossiga licenzia Mazzanti dalla presidenza dell’Eni
Scoppia in Italia lo scandalo petroli. In piena crisi del petrolio si scopre che all’Eni si sono pagate tangenti del 7% a mediatori per ottenere forniture privilegiate di petrolio. Secondo le rivelazioni di Panorama i soldi servivano per finanziare alcuni politici. L’Arabia Saudita, accusata di aver favorito l’intrallazzo, rompe il contratto e sospende le forniture - un terzo del fabbisogno italiano - aggravando la situazione del rifornimento energetico già in crisi, e di alti costi che l’Opec non tarda ad applicare sugli altri due terzi (l’aumento arriverà il 17 dicembre). Cossiga sospende il presidente dell’Eni, Giorgio Mazzanti, che appartiene alla corrente del vicesegretario del Psi, Claudio Signorile. Le rivelazioni di Panorama sarebbero frutto di un’iniziativa dello stesso Craxi, tenuto all’oscuro della tangente. Gianni De Michelis abbandona, per questo, la corrente lombardiana e confluisce in quella di Craxi, che controlla così la maggioranza del partito.
Domenica 9 dicembre 1979
Nasce la Liga Veneta
A Recoaro si celebra il congresso fondativo della Liga Veneta, primo partito autonomista del Nord.Com’era cominciata l’avventura della Liga veneta? Nell’inverno tra il 1978 e il 1979 al circolo Bertrand Russell di Alberto e Michele Gardin. Eravamo un gruppetto di giovani, tutti senza una lira, solo con una grande passione. Rosaria Stellin, presidente della Società Filologica Veneta dove bazzicava anche Rocchetta sempre un po’ carbonaro; Maurizio Calligaro, che poi è passato ai Verdi.Fin da subito, serenissimi e federalisti? Sì. Il federalismo fiscale era già uno degli obiettivi politici. Insieme alla «valorizzazione della civiltà, della cultura e della storia dei Veneti». Con un esplicito riferimento alla Repubblica di Venezia, ma anche nel rispetto degli altri popoli. Tutto nello statuto originario della Liga. (Achille Tramarina a Sebastiano Canetta e Ernesto Milanesi. Leggi qui tutta l’intervista)
Venerdì 21 dicembre 1979
Manovre anti-Craxi nel Psi
Manovre all’interno del Psi per far cadere Craxi. Nenni nel suo diario accusa i capi del Psi incontrati in quei giorni – da Riccardo Lombardi a Giacomo Mancini a Gaetano Arfè a Mario Zagari – di essere «interessati prevalentemente alle beghe del partito più che allo stato drammatico del Paese».
Mercoledì 16 gennaio 1980
Tre ipotesi per sanare la spaccatura nel Psi
Al Comitato centrale del Psi si cerca un’intesa tra Craxi e i suoi oppositori. Le ipotesi sono tre: • 1 - Si riunisce la commissione politica che deve redigere il documento finale. Ogni corrente è rappresentata. Si raggiunge un accordo su un testo che accentua la richiesta tassativa alla DC (secondo la sinistra poco esplicitata nella relazione del segretario) di un governo d’emergenza con i comunisti. Si avvia una gestione più collegiale del partito. Craxi resta al suo posto sia pure in una situazione di instabilità. • 2 - La commissione politica non raggiunge l’accordo. Si votano ordini del giorno distinti. Vince Craxi e se, come sembra probabile, con una maggioranza minima, resta al suo posto per gestire un congresso a breve scadenza. • 3 - Prevale il «cartello» degli oppositori. Craxi si dimette. Viene eletto dal comitato centrale un nuovo segretario (i nomi che circolano: Ololittl, Signorile, Zagarl, Arte) e il congresso si tiene ad ottobre. (Antonio Padellaro sul Corriere della Sera)
Congresso del Psdi, Longo vuole il pentapartito, Saragat respinge l’idea di un’equidistanza tra Usa e Urss
ROMA — Consapevole di avere alle spalle un partito unito e in ascesa, Pietro Longo ha indicato ieri dalla tribuna del diciottesimo congresso gli obiettivi del PSDI. Longo ha parlato in modo chiaro e netto, rivendicando con toni talvolta pacati, talvolta più accesi, la validità della strategia complessiva del suo partito. Nell’immediato — ha spiegato — va mantenuto l’attuale governo di tregua, poiché «una crisi al buio potrebbe far precipitare il paese verso nuove e inutili elezioni». Ma lo sbocco per il quale lavorano i socialdemocratici, ha subito aggiunto, resta la costituzione di un ministero a cinque, dal PLI al PSI. È questa, secondo il giudizio di Longo, la formula indicata dalla maggioranza degli elettori, ed è anche l’unica che può garantire l’attuazione di riforme che consentano all’Italia di uscire dalla crisi non allontanandosi, ma anzi avvicinandosi, all’Occidente e all’Europa. L’idea di un’Italia equidistante tra i due blocchi era stata respinta con grande vigore da Giuseppe Saragat, nel discorso di apertura del congresso. «L’URSS ha ormai superato quantitativamente gli USA nell’armamento atomico» e si presenta come un «terrorismo di Stato» nel cuore dell’Asia, aggredendo l’Afghanistan, un paese, tra l’altro, «non allineato», fino a ieri indipendente da entrambi i blocchi militari.
Giovedì 17 gennaio 1980
Il Psi si spacca sugli organigrammi
ROMA — Signorile è quasi riuscito a convincere Craxi sul documento politico: chiedere alla DC, senza mezzi termini o scappatole dialettiche, il governo di emergenza con i comunisti come unica soluzione ai problemi del paese. Da parte sua il segretario avrebbe ottenuto di spostare nel tempo la crisi del governo Cossiga: non alla chiusura del congresso democristiano, ma a primavera, subito dopo le amministrative. I guai sono cominciati però al momento degli organigrammi. Da una parte il segretario disposto a una gestione più allargata, ma restio a sostituire uomini di sua stretta fiducia nei settori più delicati del partito. Sull’altro fronte, una coalizione di gruppi diversi (Signorile, De Martino, Mancini, Achilli) impegnati a risolvere una complicata operazione: non solo ottenere più posti nella plancia di comando, ma poi dividerseli senza scontentare nessuno. È difficile che un contrasto sulle poltrone possa mandare all’aria un accordo considerato dagli stessi contendenti «vitale» per il futuro del partito socialista. La possibile via d’uscita sarebbe quella di rinviare a un altro comitato centrale il problema degli equilibri Interni.
Nel Psdi l’85% è d’accordo con Longo: niente crisi
ROMA — Il nuovo corso del PSDI (rinnovamento interno, rilancio di «un’area laica e socialista» che condizioni la DC e faccia muro contro il compromesso storico) è condiviso da una maggioranza vastissima: all’incirca l’85 per cento dei delegati al diciottesimo congresso si riconoscono, infatti, nelle posizioni di Pietro Longo. Ieri comunque la minoranza ha fatto sentire la sua voce: ha parlato Pierluigi Romita, vice presidente della Camera, e ha dissentito, con toni garbati ma fermi, dalle tesi del segretario. Secondo Romita occorre preparare una diversa fase della politica di solidarietà nazionale, una fase che non sia più «dominata dalla presenza egemone della DC e del PCI». Ma soprattutto è necessaria una convergenza strategica dei partiti socialisti e democratici volta ad aggregare la sinistra italiana, «a sviluppare e ad approfondire il confronto con le nuove posizioni emergenti nel partito comunista e ad avviare la costruzione di una autentica alternativa democratica e progressista rispetto alla Democrazia cristiana».
Venerdì 18 gennaio 1980
Accordo tra Craxi e la sua sinistra. «Ci vuole il governo col Pci, ma lo deve chiedere la Dc»
Compromesso raggiunto tra Craxi e i suoi oppositori di sinistra: si considererà conclusa dopo il congresso della Dc di febbraio l’esperienza del primo governo Cossiga, nel suo congresso dovrà essere la stessa Dc a chiedere un governo di emergenza con il Pci. Sulla gestione collegiale: Craxi sarà affiancato dai capi-corrente. Formica dovrebbe lasciare l’amministrazione del partito e Intini quella dell’Avanti!. La discussione è durata tutta la notte. Secondo i suoi avversari, Craxi a questo punto è «ingabbiato, ammanettato, legato, accerchiato, vincolato, impedito, controllato» (Scardocchia)
Domenica 20 gennaio 1980
Longo non vuole i comunisti al governo
ROMA — Interrotto spesso dagli applausi dei delegati, Longo ha rivolto ieri dalla tribuna del congresso socialdemocratico un invito, quasi una esortazione, alla Democrazia cristiana affinché si pronunci senza incertezze contro l’ipotesi di un ingresso dei comunisti al governo. «I tempi in cui il PSDI faceva dipendere le sue scelte da quelle del partito di maggioranza relativa sono finiti», ha detto il segretario con toni orgogliosi. Il dato politico certo — ha insistito — è che i socialdemocratici non accettano il cosiddetto governo di unità nazionale: se tale formula prendesse corpo passerebbero all’opposizione e svolgerebbero questo ruolo «con intransigenza in parlamento e nel paese». Perciò — ne ha dedotto — tocca ai democristiani chiarire definitivamente, nel loro imminente congresso, se vogliono il compromesso storico, oppure un ministero paritario con i partiti di democrazia laica e socialista. Una decisione netta della DC, e la sua disponibilità a cedere la presidenza del consiglio, se risultasse necessario per garantire la governabilità e la stabilità della legislatura, favorirebbe certamente — secondo il giudizio di Longo — il recupero delle posizioni perdute dagli autonomisti all’interno del PSI e potrebbe aprire la strada ad una non impossibile rivincita di Craxi. In ogni caso Longo ha escluso che il governo Cossiga possa dimettersi seguendo procedure ’extraparlamentari. Dovrebbe, al contrario, presentarsi alle Camere: in modo che ciascun partito sia indotto ad assumere la sua parte di responsabilità, rispetto ad una crisi che potrebbe sboccare in nuove elezioni anticipate.