Nella Central Hall, sita di fronte al Parlamento britannico, culla delle democrazia, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha tenuto oggi la seduta inaugurale della prima assemblea generale. Le delegazioni di 51 Nazioni si sono stipate sui cinque lunghi banchi ad emiciclo di fronte alla piattaforma della Presidenza e alla tribuna degli oratori. Non è stato facile definire da principio la questione protocollare di come sistemare sulle cinque file di banchi le delegazioni di 51 Stati. Duemila delegati hanno preso posto, secondo l’ordine alfabetico. In prima fila e al centro sono i Russi, capeggiati da Viscinski, mentre all’estrema destra, in un angolo verso la parete, sono affiancate le delegazioni della Gran Bretagna e degli Stati Uniti. La delegazione francese, con alla testa il ministro degli Esteri Bidault, è addirittura in ultima fila all’estrema sinistra. Vi è in tutti il rammarico di non vedere presente il terzo del «vicegrandi», Molotov. La seduta di oggi ha avutoun carattere sostanzialmente formale. Verso le 16 il presidente provvisorio, il colombiano Zuleta, dopo un breve discorso, ha dichiarato aperta la seduta e ha dato la parola al primo ministro britannico, Clement Attlee, il quale, applaudltlssimo, ha messo sopra tutto in evidenza la necessità per tutte le Nazioni del mondo di avviarsi verso una fattiva e sincera collaborazione: non vi sono che due alternative: o procedere assieme verso l’ordine e il progresso, o perire tutti in una nuova guerra dove i colpi non verrebbero risparmiati e dove purtroppo avrebbe ruolo dominante la terribile arma atomica. Attlee non ha denunziato soltanto vaghi ideati, ma ha riaffermato la determinazione dell’Inghilterra di dotare l’Organizzazione delle Nazioni Unite di una forza di polizia internazionale che serva a sconsigliare qualsiasi futuro aggressore. I delegati hanno poi eletto presidente dell’Onu il belga Paul-Henri Spaak (Thomas Watson dell’Ins per il Corriere della Sera).
Si è conclusa la prima Assemblea generale delle Nazioni Unite, riunita fin dal 10 gennaio. Viscinski, «il giurista», si è opposto a che la questione iranica fosse sottoposta all’O. N. U. dichiarando la incompetenza dell’ assemblea, perché le parti (Russia ed Iran) non avevano ancora concluso le trattative dirette (negoziati, inchieste, mediazioni, conciliazioni, arbitrati e chi più ne ha più metta) previste dall’art. 33 di quel documento tortuoso che è la Carta di San Francisco. Ma il problema era di vedere se la situazione dell’Azerbaijian, se l’accusa mossa dal rappresentante iranico alla Russia, di aver violato i trattati tra i due Paesi e di aver sobillato il movimento separatista dell’Azerbaijan, fosse da considerare una controversia suscettibile di accomodamento per trattative dirette o. piuttosto, porne una situazione pericolosa e come tale da sottoporsi all’O. N. U. secondo quanto previsto dall’art. 33. A parte ciò, sta di fatto che la competenza dell’O. N. U. è indiscutibile, poichè in ogni caso provvede l’art. 34 della Carta col quale è riconosciuta facoltà al Consiglio di sicurezza di « fare indagini su qualsiasi controversia o qualsiasi situazione che possa condurre ad attriti internazionali. Dopo un vivace dibattito tra Bevin e Viscinski, la questione iranica è stata tolta dall’ordine del giorno, considerato il fatto che erano state iniziate trattative dirette fra Mosca e Teheran. Il tutto agevolato dal mutamento ^di Governo a Teheran: il nuovo Primo ministro è persona gradita a Mosca.
L’assemblea dell’ONU ha approvato una risoluzione che condanna l’intervento sovietico in Afghanistan e chiede il ritiro delle truppe «straniere» da quel Paese. La risoluzione non ha alcun valore pratico, ma acquista un grande significato politico. A parere degli osservatori è stata una delle più gravi sconfitte di Mosca all’ONU. Sono stati Infatti ben 104 i Paesi (tra cui Iran e Jugoslavia) che hanno votato a favore della risoluzione; appena 18 i contrari e altrettanti gli astenuti. Romania e Libia figurano tra I Paesi che non hanno partecipato al voto. Ieri l’URSS ha posto il veto alle sanzioni chieste da Washington contro l’Iran. Nonostante il veto, gli USA sono decisi ad applicare le sanzioni. Corrono voci di un possibile blocco navale e del minamento del Golfo Persico. Questi sviluppi si intrecciano con inquietanti notizie dai vari scacchieri della crisi. Secondo informazioni, ancora contraddittorie, una divisione sovietica sarebbe schierata In prossimità del confine afghano-iraniano. Inoltre il primo ministro israeliano ha denunciato il presunto pericolo di un attacco siriano. (dal Corriere della Sera del 16 gennaio)
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