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VALENCIA — Giacomo Lauri Volpi, uno dei massimi tenori di questo secolo, si è spento ieri mattina in una clinica di Valencia. Aveva 86 anni. Al momento del trapasso erano al capezzale la signora Carla, figlia adottiva del grande cantante, e la nipote. Lauri Volpi era nato a Lanuvio, in provincia di Roma, l’11 dicembre 1893.È scomparso un maestro del canto che da decenni il pubblico di tutto il mondo aveva ammirato ed amato e che, ancora in vita, era entrato nella leggenda. La decisione di ristampare solo pochi mesi fa il proprio libro (Voci parallele pubblicato da Bongiovanni) in una versione aggiornata testimonia di una vitalità prodigiosa, ma lascia stupefatti, addirittura, il fatto che egli abbia festeggiato il proprio ottantacinquesimo compleanno misurandosi in pubblico, al Teatro Real di Madrid, nell’aria «La donna è mobile» del Rigoletto. Si deve riconoscere a Lauri Volpi non soltanto la grandezza abbagliante della riuscita vocale, che in questo secolo ha pochissimi uguali, ma anche un’attenzione ai fenomeni culturali che fanno di questo maestro un esempio rarissimo. È un’inclinazione che già si poteva notare negli anni dell’adolescenza quando frequentava il liceo, ma che è continuata anche nel periodo del maggiore successo quando amava intrattenere rapporti continui con Papini e con Pirandello. Anche adesso attendeva con la massima felicità il 13 marzo, giorno in avrebbe sarebbe stato nominato accademico di San Carlo (un’istituzione spagnola analoga ai nostri Lincei). Poche ore prima dell’attesissimo evento è stato aggredito da una trombosi e in ospedale la sua fibra eccezionalmente forte ha resistito solo alcuni. La carriera artistica di Lauri Volpi era iniziata in provincia negli anni immediatamente successivi alla Prima guerra mondiale prima di approdare ai massimi teatri dove ha conosciuto e percorso una lunghissima stagione di trionfi. Certo è consegnata alla storia del teatro musicale la qualità incisiva e luminosa della voce. Lauri Volpi fu tenore per definizione eroico, capace di versare, con sbalorditiva comunicativa, nei personaggi melodrammatici non meno che nella vita i caratteri incontenibili di un temperamento ardente (Duilio Courir sul Corriere della Sera)
Lunedì 16 aprile 1979
Morte di Maria Caniglia
ROMA - È morto in mattinata il celebre soprano Maria Caniglia. Era ricoverata da due settimane nella clinica «Villa Stuart» per alcuni gravi disturbi. Aveva 73 anni. Al momento del trapasso l’artista, ritiratasi dalle scene ventuno anni fa, era assistita dal figlio Paolo, funzionario della Rai. La Caniglia era vedova di Pino Donati, noto organizzatore teatrale. I funerali si svolgeranno martedì alle 11. La sua ultima esibizione in pubblico avvenne alle Terme di Caracalla a Roma nel luglio 1958 nell’Andrea Chénier. Poi i primi sintomi di un’artrite cervicale la indussero ad abbandonare le scene per ritirarsi nella quiete domestica.Nata a Napoli il 5 maggio 1905 da famiglia abuzzese, era cresciuta nello stesso edificio abitato da Salvatore DI Giacomo e aveva studiato con il maestro Agostino Roche. Diplomatasi nel 1929, a 23 anni, Maria Caniglia esordì nel 1930 al «Regio» di Torino nella Elettra di Strauss, per poi passare con esito sempre trionfale, al «Carlo Felice» di Genova, al «Teatro reale dell’Opera» di Roma e al «Politeama» di Firenze. Conobbe il successo alla «Scala» nel 1931 e da allora si può dire che la sua carriera non ha conosciuto soste. Tentò anche opere più ardue, come l’Andrea Chénier a Verona nel 1934 e la Tosca l’anno dopo. Divenuta più sicura nel settore acuto, nel 1933 Maria Caniglia potè cimentarsi nel Simon Boccanegra alla Scala, proseguendo poi con Aida ripresa poco dopo a Praga e a Bergamo. Nel 1937 cantò al Covent Garden di Londra e, l’anno dopo, al Metropolitan di Nuova York.Nel dopoguerra riprese con costanza e vigore la carriera brevemente interrotta per le vicende belliche, e si fece applaudire in opere per lei nuove (Forza del destino, Ballo in maschera, Don Carlo) nei maggiori teatri italiani, tedeschi, inglesi, sudamericani. A 40 anni, a Roma, affrontò con successo la Norma. Il maestro Donati, suo marito, morto qualche anno fa, era stato un buon musicista e un ottimo organizzatore teatrale.
Maria Caniglia in camerino
maggio 1979
Katia Ricciarelli davanti a Herbert von Karajan
Audizione di Katia Ricciarelli a Berlino, davanti a Herbert von Karajan. «Karajan s’innamorava della voce e su quella impostava una vera e propria regia sonora. Nessun altro direttore d’orchestra ne era capace. Rammento l’audizione a Berlino, maggio 1979. Al termine rimase assorto. Io tremavo di paura. Finché non esalò: “Erano 40 anni che aspettavo una Tosca così”. Leggi qui l’intervista di Stefano Lorenzetto
Domenica 17 giugno 1979
A Vienna "Il ratto del serraglio" in onore di Breznev e Carter
«Nel giugno 1979 ero andato in Polonia, per il primo formidabile ritorno di Karol Wojtyla da Papa. Tornando mi fermai a Vienna e mi procurai un biglietto per l’Opera. In onore dell’incontro, il primo, fra il presidente americano Jimmy Carter e il presidente sovietico Leonid Breznev vi si rappresentava “Il ratto del serraglio”, con la direzione del leggendario Karl Böhm. Breznev aveva 72 anni ed era al lumicino (durò comunque altri tre anni). Le cronache infierirono sulla sua ebetudine. Lo vidi entrare nel palco imperiale: era mummificato, e guardava verso la parete del palco. I suoi lo voltarono verso la scena come avrebbero fatto con un manichino. Quanto a Mozart, Breznev era sordo. La scena si ripeté alla fine del primo atto, poi i due granduomini lasciarono: Breznev non era semovente, il giorno dopo doveva firmare il Salt II, e dopo pochi mesi avrebbe ordinato l’invasione dell’Afghanistan. Gli applausi erano stati educati per i due ospiti, furono scroscianti per l’opera. Böhm, che di anni ne aveva 85, fu richiamato non so quante volte, e sembrò anche lui un po’ traballante. Ma era allegro e spiritoso, si inchinava al pubblico aggrappandosi al sipario calato, e quasi volteggiava. Era stato nazista. L’anno dopo morì». (Adriano Sofri)
Lunedì 3 settembre 1979
In mare le ceneri di Maria Callas
Le ceneri di Maria Callas, conservate fino ad ora nel caveau di una banca, sono disperse nell’Egeo.