Raffaele Cutolo, nell’hotel Florio, sulla statale che porta da Foggia a San Severo, incontra quelli della Sacra corona unita, in un faccia a faccia che i magistrati definiscono “storico”.

Mario Francese
Michele Reina, segretario provinciale della DC, è ucciso dalla mafia a Palermo. È la prima volta che la mafia uccide un uomo politico.

• Giorgio Boris Giuliano, capo della squadra mobile di Palermo, è stato ucciso, con tre colpi di pistola alla tempia nel bar Lux di via Alfieri, vicino a piazza Sperlinga, nella zona residenziale di Palermo. A sparargli, con una calibro 38, a distanza ravvicinata è stata una persona bassa di statura, piuttosto giovane, di una età approssimativa di 30 anni. Il sicario si è subito allontanato dalla zona. Il vicequestore ucciso lascia la moglie, Ines Leotta, e tre figli molto piccoli, Alessandro, Selima ed Emanuela (ora in vacanza a Piedimonte Etneo). L’assassinio è avvenuto a poche ore di distanza da una vasta retata compiuta durante la notte e che ha portato all’arresto di 38 persone. Giuliano era sceso da casa alle otto, in via Pirandello, aveva consegnato al portiere una busta con i soldi dell’affitto ed era andato al bar, che è a poche decine di metri dalla sua abitazione, per prendere un caffè in attesa che venisse a prelevarlo la Giulietta della mobile per portarlo in Questura. Un cliente del bar: «È stata una cosa così improvvisa, così imprevedibile, da impedire qualunque reazione» [Francesco Fornari, Sta. 22/7/1979] [Vedi anche Leoluca Bagarella]. • L’inchiesta è affidata a Borsellino, che emette quindici mandati di cattura. Tra gli arrestati anche Leoluca Bagarella. Quando Borsellino lo interroga, non risponde alle sue domande e in segno di spregio lo chiama «signore» anziché «giudice». Durante le indagini viene anche a galla la love story che lega Bagarella a Vincenza Marchese, sorella di Antonino, altro pezzo da novanta delle cosche. In un covo si trovano infatti dei bigliettini stampati in un tipografia amica di Cosa nostra che annunciano il fidanzamento dei due rampolli della mafia e una bomboniera con i confetti. Significa che l’alleanza tra cosche si va allargando. [Lucentini 2003]• Giuliano aveva appena finito di indagare sulla morte di Mattei
• La mafia uccide Boris Giuliano, capo della squadra mobile di Palermo. L’inchiesta è affidata a Borsellino, che emette quindici mandati di cattura. Tra gli arrestati anche Leoluca Bagarella. Quando Borsellino lo interroga, non risponde alle sue domande e in segno di spregio lo chiama «signore» anziché «giudice». Durante le indagini viene anche a galla la love story che lega Bagarella a Vincenza Marchese, sorella di Antonino, altro pezzo da novanta delle cosche. In un covo si trovano infatti dei bigliettini stampati in un tipografia amica di Cosa nostra che annunciano il fidanzamento dei due rampolli della mafia e una bomboniera con i confetti. Significa che l’alleanza tra cosche si va allargando. [Lucentini 2003] (mediastorage/uploads/admin/Speciali/Borsellino/MacchinaAmelio_Sca100007.JPG)
Il mafioso Nitto Santapaola ottiene una licenza di porto di fucile esibendo un certificato del casellario giudiziale dal quale risulta immune da precedenti penali, benché il 24 giugno 1959 avesse già riportato una condanna per furto; mentre aveva ottenuto il rilascio del passaporto previo nullaosta della competente autorità giudiziaria, pur essendo pendente a suo carico un procedimento penale per contrabbando di sigarette.
Nessuno (proprio nessuno) osa avvicinarsi alla piazza di Palermo dove la grande fotografa Letizia Battaglia ha messo in mostra i suoi scatti sui “padroni” della Sicilia.
Palermo. Nella più elegante suite dell’Hotel delle Palme prende alloggio John Gambino, che in compagnia di un’avvenente fanciulla è giunto da New York per seguire di persona i movimenti di Sindona. La suite è stata prenotata da Rosario Spatola (https://sites.google.com/site/storiadelmovimentooperaio/cronologia/1979)
• Alle 8.35 di questa mattina, Cesare Terranova, giudice ed ex deputato indipendente del Pci, e il suo autista, il maresciallo di pubblica sicurezza Lenin Mancuso, sono morti a Palermo in un agguato di mafia. Cinque minuti prima il giudice, sceso da casa, si era messo al volante di una Fiat 131, ma alla prima curva gli si sono parati davanti tre giovani sui 25/30 anni, due armati di una calibro 38 e l’altro di un’arma lunga (probabilmente una mitraglietta). Il primo ad essere colpito è il maresciallo Mancuso, Terranova tenta una disperata manovra per mettersi in salvo: con la marcia indietro ingranata pigia a fondo l’acceleratore e gira il volante come per imboccare via de Amicis ma i proiettili gli piovono addosso, cinque lo feriscono, poi i tre giovani lo finiscono con un colpo a bruciapelo alla nuca e scappano su una Peugeot 304 rossa e probabilmente con una seconda automobile non identificata. [Sta.Se 25/9/1979; Sta. 26/9/1979]. Poco dopo Giovanna, la moglie di Terranova, scende in strada in vestaglia, al momento della sparatoria era ancora a letto, abbraccia il marito e capisce che non c’è più niente da fare. Il maresciallo Mancuso muore qualche ora dopo. Lascia una moglie e quattro figli.• Un testimone riferisce che uno dei tre giovani mentra sparava sogghigniava. [Sta.Se 25/9/1979; Sta. 26/9/1979]
Il presidente della Regione Sicilia sale a Roma per incontrare il ministro dell’Interno Virginio Rognoni. Rognoni: «Venne a parlarmi di un quadro politico, non di un’emergenza criminale. Ero un collega di partito che per ventura si trovava a fare il ministro dell’Interno; lui era moroteo io della corrente di Base, avevamo posizioni vicine. Mi illustrò una situazione interna alla Dc siciliana, ed era allarmato non per sé ma per il segretario regionale Rosario Nicoletti, che aveva anche manifestato l’ipotesi di abbandonare l’attività politica. Non mi chiese aiuto né manifestò timori particolari per la sua persona, e io sinceramente non avvertii una situazione di pericolo per lui». Piersanti Mattarella, al suo ritorno, nella stessa giornata, confidò al capo di gabinetto Maria Grazia Trizzino ciò che – precisò – «non dirò né a Sergio né a mia moglie»: il faccia a faccia con Rognoni e un avvertimento: «A questo incontro è da ricollegare quanto di grave mi potrà accadere».
«Lo avevo sconsigliato, allora. Mi pareva che un uomo come lui fosse più necessario nella magistratura, e in Sicilia, che non in Parlamento. C’era, sì, in Parlamento la commissione d’inchiesta sulla mafia cui poteva dare e ha dato un contributo importante, ma più importante mi pareva il contributo che avrebbe potuto continuare a dare nell’amministrazione della giustizia». Così Leonardo Sciascia, sull’Espresso, racconta come anni prima avesse sconsigliato Cesare Terranova dall’accettare la candidatura offertagli dal Pci come “indipendente”. Il suo amico non lo ascoltò e, da parlamentare, firmò insieme a Li Causi e a La Torre una memorabile relazione di minoranza della prima commissione Antimafia. Poi tornò in Sicilia, a Palermo, per dirigere l’ufficio istruzione e fu ucciso dalla mafia. Sciascia lo ricorda in questo articolo a pochi giorni dalla sua uccisione e spiega come gli fosse amico e lo ammirasse: «… era un giudice acuto, tenace, sicuro. E credo gli venisse tanta acutezza, tenacia e sicurezza, appunto dal candore: dal mettersi di fronte a un caso candidamente, senza prevenzioni, senza riserve» (Massimo Bordin, Il Foglio 20/12/2012)
Palermo. Arrestato Leoluca Bagarella dopo un casuale controllo di due carabinieri. Bagarella non reagisce perché con lui in auto c’è Vincenzina Marchese
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