Stoccolma 21 novembre. Secondo una comunicazione dell’Associated Press, Tito si trova nuovamente a Mosca. I colloqui con Stalin tratteranno la forma provvisoria di governo della Serbia. Nelle trattative preliminari fra Tito, il Governoesiliato di Londra e lo stesso re Pietro, si sarebbe deciso di creare un Consiglio di reggenza che dovrebbe amministrare il Paese fino all’àttuazione di un plebiscito sulla futura costituzione. Tito dovrebbe essere Presidente dei ministri e Subasic membro del Consiglio di reggenza.La Tas ha comunicato che il Primo ministro del Governo jugoslavo Subasic è gunto ieri a Mosca; fanno parte del suo seguito anche il vice presidente del cosiddet:o comitato di liberazione nazionale jugoslavo, il ministro a Mosca, il rappresentante del comitato di liberazione di Londra e numerosi membri della missione militare sovietica in Jugoslavia. Poco dopo il suo arrivo, Subasic ha avuto un colloquio con Molotof. Il viaggio a Mosca dell’ambasciatore sovietico ad Ankara viene messo in relazione con le trattative delle cosiddette Nazioni unite, dirette a influire sulla Turchia per indurla ad accondiscendere all’apertura degli Stretti (da Il Pomeriggio - Corriere della Sera)
Lisbona 23 novembre. Radio-Mosca annuncia che Stalin ha ricevuto Subasic, Capo dei Governo jugoslavo di re Pietro, il quale, com’è noto, ha concluso recentemente un accordo con Tito (dal Pomeriggio - Corriere della Sera)
La crisi jugoslava si è improvvisamente aggravata in seguito a un nuovo colpo di testa di re Pietro. Dopo avere, alcuni giorni fa, all’insaputa dello stesso Governo inglese, diramato un comunicato in cui prendeva recisamente posizione contro l’istituzione di un Consiglio di reggenza in Jugoslavia, contemplata dall’accordo Tito-Subasic, al quale pure egli aveva precedentemente dichiarato di aderire, il sovrano ha ora «dimissionato» lo stesso Subasic. Questi però ha fatto subito sapere di ritenere illegale l’atto dl re Pietro e di considerarsi tuttora in carica a onta della contraria volontà del sovrano. [...] Secondo la Reuter, Subasic non accetterà la decisione sovrana per due ragioni: perché ritiene falsa l’interpretazione data da re Pietro al messaggio dl Tito e perché giudica anticostituzionale il fatto che il sovrano abbia rinnegato l’accordo del 16 giugno fra Tito e Subasic, che egli aveva precedentemente accettato. L’agenzia inglese aggiunge che il licenziamento del dott. Subasic è interpretato a Londra come un rifiuto del re ad accettare l’accordo Tito-Subasic. Si suppone che Tito procederà ora all’esecuzione delle condizioni dell’accordo, « il consenso del re essendo presunto », come ha detto Churchill alla Camera dei Comuni. Si prevede anche che Subasic voglia raggiungere Tito a Belgrado per aiutarlo a costituire un nuovo Governo e un consiglio di reggenza sul posto. Se il re costituirà a sua volta un Governo a Londra, si presume che tale Governo verrà ignorato da Tito.
Cedendo alle pressioni britanniche, re Pietro di Jugoslavia ha finito col piegarsi alle esigenze di Tito, che sono poi quelle di Mosca. La Reuter informa infatti che il Primo ministro del Governo Jugoslavo a Londra, Subasic, ha presentato a re Pietro le dimissioni del suo Gabinetto. Il re le ha accettate ma nello stesso tempo ha incaricato lo stesso Subasic di comporre il nuovo Governo. L’agenzia inglese aggiunge che il sovrano si è finalmente rassegnato a firmare una dichiarazione nella quale trasmette i suoi poteri a una reggenza fino a che l’Assemblea costituente jugoslava avrà deciso sulla forma di Governo che verrà data allo Stato. Il corrispondente diplomatico della Reuter esprime la sua soddisfazione per la soluzione « realistica » della crisi Jugoslava e perché l’accordo Tito-Subasic entra in vigore, finalmente, col consenso di re Pietro. Tanto per salvare la faccia, re Pietro, mentre ha dovuto accettare la reggenza e confermare la sua fiducia a Subasic, si è riservato la facoltà puramente formale di scegliere i membri del Consiglio di Reggenza. Subasic ha costituito oggi stesso il nuovo Governo nel quale figurano, salvo un paio di eccezioni, gli stessi nomi del precedente e che si è immediatamente riunito. Tutti i suoi membri, con alla testa il Primo ministro, partiranno per Belgrado appena avranno a disposizione i necessari mezzi.
Berna. Il corrispondente speciale da Belgrado della Reuter riferisce che, dopo la formazione del Consiglio di reggenza jugoslavo, a mezzogiorno di ieri, Tito e Subasic hanno deciso di rassegnare immediatamente le dimissioni dei loro rispettivi Gabinetti. Durante il pomeriggio Subasic ha rassegnato le dimissioni del Governo alla reggenza. Ieri sera Tito si è recato dal presidente dell’Assemblea nazionale di liberazione consegnandogli le dimissioni dell’Intero comitato nazionale. Poco dopo i reggenti hanno chiamato Tito e lo hanno incaricato di formare un Governo jugoslavo unito.
Berna. «Il famigerato Tito ha confidato alla Reuter i suoi piani per il dopoguerra. Non si possono definire precisamente modesti. Sotto gli impulsi di un formidabile appetito egli vorrebbe annettersi non soltanto la Carinzia e la Stiria ma, con qualche altra cosa, anche l’Istria, Trieste e parzialmente il Friuli sino al Tagliamento. Nè basta; alla Serbia dovrebbe essere annessa anche la Macedonia sino all’Egeo. Tuttoché la voracità del popolo che Tito si arroga di rappresentare abbia dato altre cospicue dimostrazioni nella storia di questo secolo, non si era mai arrivati a tanto. Ma non c’è da stupirsene. Tito riecheggia la volontà di Mosca e Mosca nell’euforia cagionata dall’esito contingente delle scorribande in terra europea non tollera più limiti alle sue mire espansionistiche. Espansione, naturalmente che semini il più largamente possibile caos e distruzione secondo il dogma fondamentale del Cremlino secondo cui il paradiso comunista non può essere edificato che sopra rovine di coscienze e di cose. Tutta la politica balcanica e orientale dei bolscevichi ha quello scopo di dssoluzione e pare che comincino a rendersene conto anche in Turchia. In Grecia se n’erano accorti da un pezzo. Ora le stesse agenzie americane informano che l’E.L.A.S. veniva regolarmente rifornita di armi e munizioni da parte del quartier generale macedonico a Uskub. Un accordo tra Tito e i partigiani greci esisteva da un paio di anni e i rifornimenti avvenivano regolarmente via Bitolj. Ne hanno ora raccolto le prove le autorità militari britanniche sedenti in Grecia; quelle autorità britanniche che hanno tardato tanto a capire di avere sprecato smisuratamente mezzi, vite, prestigio, per favorire soltanto l’invasione del bolscevismo antieuropeo» (dal Corriere della Sera).
Trieste. La bandiera inglese e quella americana sventolano da ieri sera sul palazzo del governatore, in piazza Unità. Tutti i fabbricati sono pavesati di bandiere italiane e alleate; migliaia di cittadini sfilano ner le strade, mentre soldati britannici e americani sono portati in spalla e coperti di fiori. Si è insediato a Trieste il Governo militare alleato presieduto dal colonnello Nelson Munford, dell’Esercito americano. L’amministrazione civile, nominata dal Maresciallo Tito, rimarrà in carica. Il nucleo principale delle truppe jugoslave ha lasciato la zona di Trieste per occupare le nuove posizioni ad oriente della nuova linea di demarcazione. Tuttavia un piccolo contingente è rimasto ancora a Trieste.
Il New York Times, in un dispaccio da Londra, afferma che nella capitale inglese è giunta conferma che il ministro degli Esteri Jugoslavo, Subasic, è in stato di arresto. Il sospetto del fermo del ministro era sorto qualche giorno fa all’ambasciata britannica a Belgrado quando l’ambasciatore inglese, che si era recato a far visita a Subasic, si vide precludere l’adito al ministro e dopo qualche insistenza gli fu evasivamente risposto che esso era in condizioni di salute che non gli consentivano di ricevere visite.
Belgrado, 12 novembre. Ieri si sono svolte in Jugoslavia le elezioni generali. La partecipazione agli scrutini è stata elevata; in talune zone ha raggiunto il cento per cento dei votanti. In media l’ottanta per cento dei votanti si è recato alle urne. Dai primi risultati il partito nazionale ha riportato una schiacciante maggioranza. Il nuovo Parlamento fungerà da Assemblea Costituente: esso avrà, di conseguenza, la prerogativa di ratificare o meno le leggi emanate dal Maresciallo Tito durante il suo periodo di reggenza de] Parlamento provvisorio. (dal Corriere della Sera).
L’Assemblea costituente jugoslava ha deciso oggi di proclamare la repubblica: ecco il testo della dichiarazione:« Conformemente alla volontà liberamente espressa da tutti i popoli della Jugoslavia l’Assemblea costituente, in seduta a sessioni riunite della Skupcina federale e della Camera delle Nazionalità, delibera in nome del popolo e sulla base della decisione legale presa dalle due Camere che: 1) la Jugoslavia democratica federale viene pro clamata una repubblica federale col nome di Repubblica federale dei popoli di Jugoslavia. La Repubblica federale dei popoli di Jugoslavia è uno Stato di popoli, uniti sotto una forma di governo repubblicana, e una comunanza di popoli uguali che hanno liberamente manifestato la loro volontà di rimanere uniti nel quadro della Jugoslavia; 2) con questa deliberazione la Monarchia viene definitivamente abolita in Jugoslavia in nome dei popoli di Jugoslavia e Pietro II Karageorgevich, insieme con tutti i membri della Dinastia dei Karageorgevich, viene privato di tutti i diritti di cui egli e la Dinastia dei Karageorgevich furono precedentemente investiti ».
Re Pietro II di Jugoslavia, informato che a Belgrado era stata proclamata la repubblica, ha diramato la seguente dichiarazione: « L’Assemblea costituente ha proclamato la Jugoslavia repubblica. Questo è il risultato di una serie di manovre condotte dal Maresciallo Tito al fine di togliere al popolo e accaparrare a sè e al fronte nazionale il diritto alla decisione ». La dichiarazione 3t. riferisce quindi all’accordo Tito-Subasich e afferma che il Governo di Tito mancò a tutti gli impegni. La dichiarazione continua: « Una tirannia indegna della grande vittoria alleata regna in Jugoslavia: un regime totalitario, incompatibile con le qualità morali e le tradizioni cristiane del popolo jugoslavo vi è stato instaurato. « Io ho già detto e ripeto ora — conclude l’ex-re Pietro — che se il mio popolo deciderà liberamente per un diverso sistema di Governo io sarò pronto ad accettare la sua volontà».
L’Ambasciata degli Stati Uniti ha deciso di chiudere la propria sala’ di lettura pubblica e gli uffici d’informazione in seguito a una nota del Governo jugoslavo che chiedeva venisse preso d’ urgenta tale provvedimento. Parlando in proposito a una conferenza stampa l’ambasciatore Patterson ha dichiarato: « Siamo spiacevolmente sorpresi del gesto del Governo jugoslavo, che esige la chiusura di un ufficio culturaledi unoo dei suoi maggiori alleati. Per quanto ne sappia non è stato presentato alcun plausibilemotivo »» Il Neil) York Times sotto il titolo « La cortina di ferro di Tito > scrive: «La domanda del Governo jugoslavo è l’am. missione che un:- leggero soffio di libera espressione di parola non può esistere là dove visre una dittatura totalitaiia II regime di Tito deve apparire infallibile. Tito governa con utra guardia di ferro .dietro la tenda. L eliminazione delle informazioni di fonte americana non e segno di forza ma di debolezza »
Londra. Il redattore diplomatico del Manchester Guardian scrive oggi che, secondo notizie pervenute a Londra, si sarebbero manifestate divergenze fra il Maresciallo Tito e le autorità sovietiche. Il giornale liberale afferma che il Maresciallo Tolbukhin si troverebbe attualmente a Belgrado, allo scopo dì risolvere la crisi. Il Maresciallo Tito avrebbe perduto i favori di Mosca a causa del suo atteggiamento, da qualche tempo troppo indipendente. Corrono inoltre voci che affermano che, nell’Europa sudorientale, non si sa con precisione dove il Capo della Jugoslavia si trovi attualmente. Tito, si dice, ha offeso l’Unione sovietica trascurando di affrontare decisamente il problema di Trieste, il che ha permesso agli alleati occidentali di prendere l’iniziativa relativa ad una restituzione del « territorio libero » all’Italia. Da Budapest si rilevano ulteriori sintomi dell’esistenza della crisi jugoslava. Un solo giornale ungherese si è ricordato del compleanno di Tito, scrivendo una breve nota di occasione. Esso è un giornale di opposizione. Probabilmente ignorava quanto bolle in pencola nel vicino Paese. Un telegramma augurale inviato dal Primo ministro ungherese (non comunista) a Tito è stato fermato, e. in seguito, ritirato dai bollettini radiotelegrafici. Nessun rappresentante jugoslavo è intervenuto al recente congresso per la fusione dei partiti comunista e socialista ungheresi. Il Manchester Guardian dà inoltre notizia che il processo per sabotaggio di tre membri influenti del partito comunista, gli ex-ministri Zhujovic, Hebrang e Velebit, ex-capo della missione di Tito a Londra, avrà inizio lunedi prossimo a Belgrado. Infine lo stesso giornale af- ’ ferma che la situazione jugoslava sarebbe stata all’ordine del giorno alla recente conferenza di Varsavia.
BELGRADO — La Jugoslavia è «sorpresa e profondamente preoccupata per l’evolversi della situazione in Afghanistan, ha dichiarato un portavoce del ministero degli Esteri a Belgrado. Questa presa di posizione della Jugoslavia, attesa con molto interesse dopo il messaggio inviato sabato dal presidente Carter al maresciallo Tito, è apparsa molto cauta con l’evidente sforzo di evitare di assumere posizioni. È stato notato che nel testo della dichiarazione jugoslava non si fa alcuna menzione dell’Unione Sovietica. Belgrado — ha detto ancora il portavoce — esprime «profonda preoccupazione per le gravi conseguenze che possono derivare dall’evolversi della situazione, non soltanto per un peggioramento nella regione ma anche per i rapporti internazionali in generale».
«TRIESTE — Ufficialmente la Banca centrale di Belgrado non ha svalutato il dinaro. Ma la moneta jugoslava ha subito ugualmente un brusco scivolone. Una decina di giorni fa veniva cambiata a 36-37 lire, ieri dalle 30 alle 33 lire. E sull’onda delle voci che danno per imminente una svalutazione ufficiale nessuno si azzarda a fare previsioni su quanto potrà valere oggi o la prossima settimana. Il dinaro, infatti, è una moneta a circolazione locale, negoziata prevalentemente nei Paesi direttamente interessati agli scambi commerciali con la Jugoslavia. Ciò significa che non ha oscillazioni stabili, che il cambio (contrariamente alla lira, legata al serpente monetario europeo) è determinato soltanto dalla domanda e dall’offerta. A quanto pare, in questi ultimi giorni la Banca centrale jugoslava non è intervenuta sul mercato per sostenere la moneta. Cosi le quotazioni sono cadute. All’Ufficio cambi della stazione ferroviaria triestina, per esemplo, è stato valutato 31 lire, alla Banca nazionale del lavoro 30, alla Commerciale 32, alla Cassa di Risparmio 33. Le quotazioni degli istituti di credito sono, comunque, soltanto indicative, le vere quotazioni del dinaro le fa il mercato di piazza Ponte Rosso. È qui, in questa piazzetta nel cuore di Trieste, davanti alla Banca nazionale del lavoro, che ormai da anni sorge il vero centro dell’interscambio italo-jugoslavo. All’apparenza sembra un normale mercato rionale: una quarantina di bancarelle, stipate di vestiti a basso i prezzo, una folla rumorosa in perenne movimento. Si espone, si contratta, si vende e, soprattutto, si cambia. I clienti fissi sono nella stragrande maggioranza jugoslavi; ma non mancano i turchi, gli africani che studiano nelle università slave, i bulgari. Tutti, solitamente, contrattano in dinari, comprano jeans, giubbotti, maglioni, gonne, stivaletti. E poi bambole dalle parrucche bionde e dai vestiti di tulle rosa, souvenlrs veneziani (una gondola con luci e rifrangenti, 120 dinari), ombrelli coloratissimi, animali di pelouche» (leggi qui l’articolo di Giuseppe D’Adda)
BELGRADO - Il maresciallo Tito è entrato in una clinica di Lubiana alle 21,10 per sottoporsi a un intervento chirurgico «sui vasi sanguigni alla gamba sinistra». Il ricovero in ospedale segue di poche ore un comunicato dei suoi 8 medici curanti, diffuso dalla «Tanjug» in cui veniva raccomandato un intervento d’urgenza. Pochi minuti dopo la diffusione di quel comunicato, Tito riceveva i massimi dirigenti dello Stato. La malattia di Tito coincide con una situazione interna molto complessa: la crisi economica — la più seria degli ultimi vent’anni — ha riproposto il problema del funzionamento dell’autogestione e ha provocato un acuto conflitto tra il governo centrale e quelli delle singole repubbliche autonome. Stane Dolane, l’onnipresente ex-segretario generale della Lega dei comunisti, ha detto ai suoi connazionali che il falso benessere degli anni scorsi sta presentando a tutti un conto salato che dovrà essere pagato se si vorrà evitare la bancarotta completa.Ma anche la situazione internazionale procura preoccupazioni: dopo l’iniziale sbandamento provocato dal trauma afghano, la direzione politica jugoslava ha preso netta posizione contro l’intervento armato sovietico e ciò le ha procurato una sdegnata risposta di Mosca: la Tass ha messo la Jugoslavia «tra i Paesi che alle Nazioni Unite hanno appoggiato gli Stati Uniti e condannato L’Unione Sovietica; dandole cosi implicitamente l’attributo di avversaria delle cosiddette forze amanti della pace. (Ettore Petta sul Corriere della Sera)
BELGRADO — Il maresciallo Tito, che compirà 88 anni a marzo, operato nella notte tra sabato e domenica ad un’arteria della gamba sinistra, si sta rimettendo in maniera soddisfacente. L’operazione, limitata alla parte inferiore della gamba, consisteva nella sostituzione della parte malata di un’arteria. Questa notizia smentisce una voce diffusa prima dell’operazione secondo la quale la gamba del presidente Jugoslavo avrebbe dovuto essere amputata. Il cardiochirurgo Miro Kosak, che ha eseguito l’intervento, al centro clinico di Lubiana, si è dichiarato soddisfatto di come l’illustre malato reagisce ai postumi dell’operazione: non ha febbre e il polso è normale.Portato in ospedale sabato sera, il maresciallo Tito è stato operato d’urgenza nella notte perché il suo stato di salute non era migliorato: malgrado le cure intensive prescritte dai medici curanti il 3 gennaio scorso. Ieri mattina sono giunti alla clinica di Lubiana centinaia di telegrammi augurali. Il segretario del Partito comunista italiano, Berlinguer, ha inviato un telegramma alla presidenza della Lega dei comunisti di Jugoslavia augurando a Tito pronta guarigione.Un’ala intera è stata riservata per il maresciallo nell’ospedale di Lubiana che è il più moderno della Jugoslavia. In questo posto Tito si è sempre recato in passato per i normali esami medici. Tutta l’équlpe medica che ha l’incarico di curarlo è al suo capezzale. Anche il «numero due» dello Stato si è trasferito a Lubiana. Il Maresciallo era stato ricoverato il 3 gennaio per 48 ore nello stesso ospedale. Ufficialmente allora si disse che doveva essere sottoposto ad alcuni esami. (dal Corriere della Sera del 14 gennaio)
BELGRADO — L’intervento chirurgico al quale il maresciallo Tito era stato sottoposto domenica mattina non ha dato il risultato sperato. I medici avevano tentato di agevolare l’irrigazione sanguigna della gamba sinistra mediante un’arteria artificiale, ma l’operazione non è riuscita. La sensazione diffusa a Belgrado è che dai primi di gennaio, dai giorni cioè del primo ricovero in clinica, le condizioni di salute del maresciallo non siano affatto migliorate. In quei giorni, dopo le analisi e i consulti con specialisti di fama mondiale, come l’americano De Backey, pareva legittimo un certo ottimismo e lo stesso specialista americano aveva espresso la speranza che un trattamento a base di farmaci sarebbe stato efficace per riattivare la circolazione sanguigna dell’arto. Tra i tanti documenti prodotti in quest’occasione, quello sulla mobilitazione, diffuso venerdì della scorsa settimana dalle presidenze della repubblica e del partito, ha avuto l’effetto di una precisa parola d’ordine: l’eco è rimbalzata nelle singole repubbliche e province autonome dove si è sviluppata una sequenza impressionante di riunioni a tutti i livelli fino a quelli più bassi delle sezioni locali di partito e dei consigli locali della difesa territoriale. Nelle fabbriche e in tutte le altre istituzioni sono stati introdotti turni di vigilanza. Le licenze ai militari sono state sospese. Quando aveva varato il sistema della sua successione — la direzione collegiale — dandogli forza di legge, Tito non aveva probabilmente previsto che il suo collaudo poteva avvenire in mezzo a un rigurgito di guerre fredde capaci di mettere a dura prova la saldezza di nervi dei dirigenti jugoslavi e la robustezza delle strutture portanti dello Stato (Enrico Petta sul Corriere della Sera)
BELGRADO — La gamba di Tito peggiora e un secondo, radicale, intervento chirurgico sembra imminente. Vladimir Bakaric, il numero due della gerarchia jugoslava, si trova a Lubiana per tenersi in contatto diretto con i medici che curano il maresciallo. L’amputazione presenta rischi e anche i risvolti politici di una decisione che si apre sull’incertezza devono essere tenuti in considerazione. Tito in sostanza sta superando gli effetti dell’anestesia e la febbre è stata domata con i medicamenti, ma la malattia alla gamba oggi impedisce la guarigione e domani potrebbe aggredire definitivamente l’intero organismo.Gli organi di sicurezza del Paese cominciano a dare segni di nervosismo: ovunque sono stati intensificati i controlli col risultato che sono stati compiuti i primi arresti. Dove e in quali circostanze non è chiaro e le informazioni più accreditate dicono genericamente che nove o dieci nazionalisti croati (che non devono necessariamente appartenere a formazioni «ustascla») sono stati sorpresi dalla polizia con le armi in mano. Alcuni affermano che gli arresti sono avvenuti la notte scorsa a Belgrado, altri che sono avvenuti in altrettanti centri della Serbia.
«Se dovete farlo, fatelo subito» ha detto Tito. E i medici, con appena un’ora di camera operatoria, gli hanno tagliato la gamba sinistra. Da una settimana, dopo l’intervento di domenica scorsa, quando gli specialisti avevano tentato di stimolare la circolazione sanguigna della gamba inserendovi un’arteria artificiale, l’arto era diventato di ora in ora più brutto e adesso il male minacciava di aggredire l’intero organismo. Si era parlato nei giorni scorsi dell’opposizione di Tito ad un intervento radicale e questa opposizione equivaleva in sostanza ad una rassegnazione al peggio, ma contro questa rassegnazione hanno protestato i dirigenti politici al quali preme salvare insieme alla vita di Tito anche la suprema istituzione politica del Paese che egli rappresenta.L’attesa della decisione dei medici, i discorsi a favore e contro l’amputazione, i viaggi dei dirigenti politici tra Lubiana e Belgrado hanno distolto ieri l’attenzione dalla situazione politica che permane seria. La rivista del partito comunista bulgaro Ekonomiceski Jlvet ha improvvisamente rispolverato la tesi che sostiene l’illegalità della creazione di una repubblica autonoma macedone accusando la Jugoslavia di «violazione delle posizioni internazionalistiche» ed è stato questo minaccioso riferimento al dogma staliniano (e brezneviano dell’intemazionallsmo proletario») che ha fatto scattare la pronta replica di Belgrado dove si è ribattuto parlando a proposito della tesi bulgara di «brutale violazione dei principi più elementari della carta delle Nazioni Unite». Nella polemica si è inserita l’Albania. Il giornale ufficiale Zeri i Populit ha alluso alla Bulgaria come ad una testa di ponte sovietica nei Balcani, oggi più di ieri esposti ai pericoli della politica espansionistica di Mosca. Il giornale di Tirana ha assicurato la Jugoslavia che gli albanesi sono pronti a combattere per difendere l’indipendenza e la sovranità degli Stati della penisola Balcanica.
BELGRADO — Si contano le ore: più passano e più Tito ha la possibilità di sopravvivere. I medici sono laconici e i due bollettini diramati nella giornata di ieri, uno a mezzogiorno e l’altro nel tardo pomeriggio, dicono soltanto che, sino a questo momento, non sono state registrate crisi postoperatorie. Il polso e la pressione «sono nei limiti del normale» e lo stato generale del presidente Tito «è buono».Ma tutto è relativo, la vita di Tito seguita ad essere appesa ad un filo che potrebbe spezzarsi e le ansietà non hanno ancora fatto posto ad una fondata speranza. Si contano le ore, si attende che trascorrano questi primi giorni critici e che Tito superi il duplice trauma dell’amputazione e dell’anestesia, se anestesia c’è stata veramente, stando a certe voci che farebbero credere all’intervento di uno specialista cinese di agopuntura e che Tito dunque avrebbe sostenuto l’amputazione con il soccorso degli aghi delle cllniche di Pechino. Qualcuno ricorda che un destino quasi analogo si era abbattuto sul fratello del presidente, Slavko, al quale erano state amputate le due gambe e Slavko aveva vissuto ancora per molti anni. Tito, si dice, può sopravvivere anche lui, come il fratello.Le voci allarmistiche hanno ripreso virulenza e sono lì per ammonire che l’orizzonte è minaccioso e che i pericoli non sono stati neutralizzati. Certo, Belgrado ha ripreso il volto tranquillo di tutti i giorni con la piccola eccezione che alcuni edifici di interesse pubblico — la radio, la televisione, la stazione ferroviaria, ma non il parlamento federale — sono vigilati da soldati armati. E anche in un perimetro di venti o trenta chilometri intorno a Belgrado non si scorge nulla di inconsueto. Ma le voci resistono e si accavallano, dicono che i mezzi cingolati dell’esercito sono stati concentrati nelle zone strategiche, soprattutto quelle della pianura pannonica che si apre sull’Ungheria e che in quelle zone sono avvenute esercitazioni militari. (Enrico Petta sul Corriere della Sera del 22 gennaio)
LUBIANA — Un Tito sorridente ed apparentemente disteso ha ricevuto ieri, seduto in poltrona nella sua stanza dell’ospedale dove domenica gli è stata amputata la gamba sinistra, i figli Zarko e Miso con i quali si è intrattenuto a lungo e si è fatto ritrarre da un fotografo della Tanjug. Una coperta nascondeva il moncherino. Zarko Broz, Il figlio maggiore, ha 59 anni ed è figlio di Pelagjia Belurosov, che Tito aveva sposato in Russia nel 1920; successivamente la donna scomparve nelle purghe staliniane, mentre Zarko, diventato tenente dell’Armata Rossa sovietica, rimase mutilato della mano destra combattendo a Mosca. Il secondo figlio, Miso, nacque nel 1948 dall’unione di Tito con Herta Has. Nessuno dei due figli di Tito riveste cariche pubbliche. Da quanto si è saputo, hanno avuto un ruolo determinante nel convincere il padre ad accettare il consiglio dei medici e sottoporsl all’amputazione. (dal Corriere della Sera del 24 gennaio)
Ronchey sulla Jugoslavia: «Fra un bollettino e l’altro della clinica di Lubiana, fra una giornata di neve e una di sole lungo il Danubio, a Belgrado s’è avuta la prova generale del «dopo Tito». O forse, tacitamente, il «dopo Tito» in Jugoslavia è già cominciato. Il precetto dei pubblici poteri è sdrammatizzare le incognite della successione, anche se alle frontiere e negli aeroporti l’esibizione di armi e armati ha voluto testimoniare una rigorosa vigilanza. Sul momento la condotta degli affari istituzionali e affidata alla trojka Kolisevsky-Doronjsky-Dragosavac, che opera su delega del presidente «a vita» della Repubblica federale. Ma i successori dello stari, il vegliardo giunto alle soglie degli 88 anni, dovranno affrontare complessi problemi, che riguardano l’assetto del potere politico, l’instabilità economica, i difficili rapporti con il mondo sovietico.L’eredità di Tito, che per trentacinque anni è stato come un re non coronato degli jugoslavi, dev’essere assunta da un’oligarchia paritaria. Ogni potestà sarà collegiale e impersonale, sia tra i nove componenti del Presidium al vertice dello Stato, sia tra quelli al vertice del partito, con la rotazione annuale delle funzioni di presidente nell’uno e nell’altro consesso. Ci sarà dunque un presidente della presidenza collettiva, non un presidente della Repubblica. Ma non si sa come e quanto a lungo potrà reggere il collegialismo, predisposto dalla Costituzione del 1974 per volontà dello stesso Tito. Un sistema simile, che presuppone costumi politici da quieti e concordi cittadini svizzeri, dovrà funzionare sotto il peso delle ataviche discordie che turbano la convivenza delle sei repubbliche federate e dei gruppi linguistici o religiosi, senza tradizioni di tolleranza liberale, nell’instabilità d’una economia stretta fra i costosi esperimenti dell’autogestione industriale e l’iperinflazione ormai cronica, dinanzi ai pericoli che incombono sulla società di frontiera tra l’Est e l’Ovest con la seconda guerra fredda (leggi qui il resto).
23 notizie mostrate (su 23 trovate) per l'anno