L’andamento dei prezzi al consumo e all’ingrosso nel mese di ottobre dello scorso anno è apparso stazionario, in linea con l’andamento medio annuale. Secondo i dati definitivi dell’lstat, i prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale hanno registrato un aumento mensile dello 0,9%, contro il +1,6% di settembre, che porta la variazione a dodici mesi all’11,5%. I prezzi all’ingrosso sono aumentati dello 0,5% (+1 % a settembre) con un incremento annuo dell’8,3%. Un po’ più marcata, ma sempre in linea con l’andamento annuale, la variazione dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati che lo scorso ottobre è risultata pari all’1,1%, mentre il mese precedente lo scatto era stato dell’1,3%. L’incremento del costo della vita a dodici mesi marciava a ottobre sul 12,3%.
Il costo della vita è «scattato» a gennaio dell’1,9%. L’incremento, misurato dall’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, è il più elevato degli ultimi due anni; per trovare uno scatto mensile maggiore, infatti, bisogna risalire al febbraio del 1977 quando l’aumento fu del 2,3%. Sebbene lo scatto di gennaio sia dovuto principalmente a fattori irripetibili nel corso dei dodici mesi, come l’aumento degli affitti a causa dell’equo canone — che avrebbe contribuito per uno 0,9 per cento — e l’incremento degli ortofrutticoli a causa delle gelate invernali, secondo alcuni si sta reinserendo un meccanismo che potrebbe trovare nuovo impulso nella situazione energetica che sì è creata in campo internazionale dopo la rivoluzione in Iran. In altri termini l’aumento del prezzo del petrolio, che si va generalizzando tra tutti i paesi produttori, si potrebbe ripercuotere in modo massiccio, in termini di inflazione, attraverso per esemplo le tariffe elettriche e il prezzo della benzina sul sistema economico. Anche per quanto riguarda l’equo canone bisogna notare come non tutti gli affitti siano stati subito adeguati cosicché nei prossimi mesi l’indice dei prezzi potrebbe subire ulteriori contraccolpi a mano a mano che nuovi contratti vengono modificati secondo la nuova normativa. Non va escluso neanche l’effetto dall’adeguamento periodico al costo della vita degli affitti, in base allo stesso indice dei prezzi dell’Istat. Proiettando l’aumento dei prezzi in gennaio sui 12 mesi del 1979 si avrebbe per quest’anno un tasso d’inflazione del 25,4 per cento.
«L’ultima volta che l’incremento mensile dei prezzi al consumo è stato contenuto al di sotto dell’1 per cento risale al dicembre ’78. In gennaio l’ inflazione è riesplosa al ritmo dell’1,9 per cento per poi lievemente attenuarsi in febbraio (più 1,5 per cento) e in marzo (più 1,2 per cento). La media trimestrale, riportata su base annua, è di gran lunga superiore al 12,9 per cento registrato nel 1978. Il dato dell’ISTAT riguardante aprile è atteso per metà maggio ma è sensazione che l’inflazione stia di nuovo viaggiando su trend assai sostenuti. Lo si deduce dalle rilevazioni provvisorie effettuate degli uffici comunali di Milano e Torino: nella prima l’indice dei prezzi in aprile segna un rialzo dell’1,43 per cento rispetto a marzo (più 1,31 per cento in marzo); nella seconda l’incremento è dell’1,36 per cento (più 1,04 per cento in marzo)» (Corriere della Sera)
«Negli Usa l’inflazione è al 13,7%. I prezzi al consumo sono aumentati dell’uno per cento negli Stati Uniti nel mese di marzo contro un aumento dell’1,2 in febbraio. Lo ha annunciato Ieri il Dipartimento del lavoro. L’Indice risulta salito a fine marzo a 209,1 punti (1967 eguale 100) con un aumento del 10,2 dal marzo 1978. Per il primo trimestre 1979 i prezzi sono aumentati, ha aggiunto Il dipartimento, ad un tasso annuale del 13, il livello più alto dal 13,7 registrato per il terzo trimestre del 1974» (Corriere della Sera).
«In effetti, dopo il forte aumento di gennaio (che scontava un ritardo di due mesi d’applicazione dell’equo canone per le abitazioni), gli scatti mensili erano andati progressivamente attenuandosi: +1,5% a febbraio e +1,2% a marzo. Aprile, dunque, ha sconfessato coloro che cominciavano a sperare in un’attenuazione della spinta inflazionistica. Quanto alle cause della ripresa dello stato febbrile, si pensa, come ha scritto giovedì Innocenzo Cipolletta nella nota congiunturale pubblicata sul “Corriere dell’economia”, che sia legata a fattori specifici, come le condizioni atmosferiche, che hanno provocato rincari nel settore degli ortofrutticoli, i rialzi di prezzo di alcune materie prime e l’attesa per il rinnovo dei contratti di lavoro. A tutto questo va aggiunto il clima di preoccupazione determinato dalla nuova ascesa del prezzo del petrolio. È però evidente che le ragioni che concorrono a favorire l’aumento dei prezzi sono a tal punto numerose che è difficile sperare nella loro temporaneità».
«Quali, allora, le cause italiane dell’inflazione? La risposta, dati alla mano, è una sola: la quantità di moneta introdotta nel sistema (con la spesa pubblica in posizione preminente). A prezzi costanti, cioè senza tener conto della svalutazione, la quantità di moneta è cresciuta nel 1978 del 12 per cento rispetto al livello del 1977, di fronte ad un aumento medio del 3,6 per cento nel periodo 1973-77. Abbiamo scritto, mesi or sono, che l’Italia navigava in acque tranquille, ma con un forte carico inflazionistico dovuto alla liquidità interna. Ebbene: questo carico comincia a muoversi, la nave ad oscillare. E s’avvicinano mari procellosi (mentre all’estero l’inflazione è dovuto al rialzo delle materie prime, in primis del petrolio)» (Corriere della Sera)
ROMA — È rallentato, in giugno, l’incremento del carovita. L’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, rilevato dall’Istat, è aumentato infatti dell’1% su maggio, che aveva registrato un incremento del 1,3% sull’1,6% di aprile. Una frenata, dunque, che dà un certo respiro alla impennata presa nei mesi scorsi dall’inflazione. L’aumento dell’1 per cento di giugno è il più basso dall’inizio dell’anno, un anno che era iniziato con un allarmante balzo dell’1,9 per cento, sotto la spinta degli effetti dell’equo canone. Con l’aumento di giugno, il tasso annuo di incremento dell’indice, e cioè la variazione percentuale rispetto al corrispondente mese dell’anno scorso, è risultato pari al 14,7 per cento.
WASHINGTON — Gli Stati Uniti con un tasso di inflazione su base annua superiore al 13 per cento rischiano di conoscere nel 1979 la peggiore annata dal dopoguerra sul fronte del costo della vita. Dopo l’annuncio del rialzo dell’uno per cento dei prezzi al consumo nel mese di giugno, Alfred Kahn, consigliere speciale del presidente Carter incaricato della lotta contro l’inflazione, ha indicato che i costi energetici hanno contribuito per il 50 per cento a questo aumento dei prezzi al dettaglio. Senza il caro petrolio il tasso annuale d’inflazione sarebbe ridotto attorno al 10 per cento, anche perché i prezzi alimentari si mantengono su incrementi modesti (in giugno sono cresciuti dello 0,2 per cento)
«ROMA — Lo scorso mese di luglio, l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati — meglio noto come indice del costo della vita — ha registrato un aumento dello 0,9% rispetto al precedente mese di giugno, un dato sebbene in leggera flessione nei confronti dello scatto (+1%) che si registrò a giugno, che non modifica l’andamento a medio termine di questo rilevatore inflazionistico. Con lo scatto di luglio, raggiunto con uno spostamento dell’indice a quota 153,3 punti (1976=100), il tasso annuo dell’incremento del costo della vita si colloca al 14,9%, in aumento rispetto al tasso del 14,7% che si segnava a giugno. Pertanto si deve rilevare il persistere di una tensione inflazionistica piuttosto pressante che, tra l’altro, ancora non registra gli incrementi di prezzi decisi negli ultimi giorni o che dovranno essere praticati entro questo mese». (Corriere della Sera)
Nella scala dei paesi colpiti dall’inflazione l’Italia è superata soltanto dalia Gran Bretagna. Nei sei mesi terminati a luglio l’aumento dei prezzi espresso in termini annuali risulta pari al 16,5% (contro il 13,0% dei dodici mesi terminati a luglio), per l’Italia, mentre per l’Inghilterra è pari al 22,3% (contro il 15,6% nei dodici mesi). La Francia registra una crescita del 12,2% dei prezzi (contro il 10,3%), e la Germania del solo 8,7% (4,6%). L’impennata dei prezzi al consumo ha riguardato anche il Giappone dove il tasso annuo nei sei mesi raggiunge il 7.9% contro il rincaro del 4,2% registrato nell’anno terminato a luglio. Preoccupante anche la situazione statunitense, dove i prezzi segnano una crescita del 14,4% nel semestre confro un tasso precedente dell’11,2%.
«ROMA—I prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati sono aumentati in settembre del 2,5 per cento rispetto al precedente mese di agosto. Lo comunica l’Istat, precisando che il tasso annuo di incremento del relativo indice, cioè la variazione rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, è stato del 16,8 per cento. L’impennata dei prezzi al consumo in settembre conferma dunque che l’ inflazione ha ripreso a correre a ritmi molto sostenuti: l’aumento del 2,5 per cento è il più alto registrato negli ultimi dodici mesi ed è stato determinato in buona parte dal forte incremento dei prezzi dell’elettricità e dei combustibili, cresciuti in settembre del 7,7 per cento. Sensibili aumenti hanno avuto anche i prezzi del settore abbigliamento, dei beni e servizi vari. I prezzi relativi all’alimentazione sono aumentati a loro volta dell’1,4 per cento» (Corriere della Sera)
ROMA -1 prezzi al consumo "per le famiglie di operai e impiegati sono aumentati in novembre dell’1,3 per cento rispetto al mese precedente. Lo comunica l’ISTAT aggiungendo che il tasso annuo di incremento dell’indice dei prezzi al consumo, cioè la variazione percentuale rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, è stato del 18,7%
• L’inflazione statunitense raggiunge il 13%, il livello più alto dal 1946 (tra le cause la crisi energetica, scatenata dal rincaro del prezzo del petrolio).
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