• «Parigi è il centro e lo splendore della stupidità universale. Chi avrebbe mai creduto che la Francia si sarebbe lanciata con tanto ardore sulla strada del progresso?». È quanto scrive Baudelaire nella prefazione alla seconda edizione de I fiori del male, tirato in 1.500 esemplari, accresciuto di 35 liriche rispetto all’edizione del 1857, ma private delle sei poesie condannate per immoralità. Tra le nuove composizioni si trovano "L’Albatros", "Hymne à la beaute", "La Chevelure", "Obsession", "Alchimie de la douleur", "A une passante", "Rêve parisien".• Victor Hugo è stato in Belgio e ha scritto: «“La fata Bric à Brac mi ha fatto gli occhi dolci e il Dio Bibelot mi ha preso a benvolere. In Belgio ho scremato un certo numero di oggetti curiosi e a basso prezzo”. Lo scrittore non si limitava a comprare, creava anche nuovi mobili, ispirandosi a un Medioevo fantastico o all’Oriente dei sogni. E spesso ripeteva: “Ero nato per fare l’arredatore”» (Giovanni Mariotti sul Corriere della Sera del 06/09/94).• «In un romanzo autobiografico di Jules Verne rimasto per molto tempo inedito, leggiamo che lo scrittore nel 1861, all’età di 33 anni, dovendo organizzare un lungo viaggio in Scandinavia, si recò a chiedere un prestito al Barone di Rothschild, e seppe da alcuni amici che era abitudine del barone tenere il proprio vaso da notte nel bel mezzo dell’anticamera, e che la folla dei questuanti in cerca di finanziamenti fosse costretta a togliersi il cappello in segno di deferenza verso il blasonato vaso. Verne si ripromise di non farlo mai; non gli fu chiesto» (Francesca Pierantozzi, Il Messaggero, 23/3/97).• Alexandre Dumas padre, che lo scorso 15 settembre Garibaldi nominò direttore a Pompei, pubblica Les garibaldiniens, dove è tra l’altro descritta la battaglia di Calatafimi, di cui Dumas fu testimone oculare.
• A Parigi, Napoleone III ricevendo dall’ambasciatore inglese lord Cowley gli auguri pel nuovo anno a nome del corpo diplomatico, risponde: «Io guardo in faccia all’avvenire con fiducia, persuaso che l’accordo amichevole delle grandi potenze assicurerà il mantenimento della pace, che è lo scopo di tutti i miei desideri.» È presente, tra il corpo diplomatico, il conte di Groppello, incaricato d’affari interinale di Piemonte (Comandini)
• A Parigi L’Opinion Nationale stampa di sperare dal 1861 «un’Italia pacificata con Roma per capitale e Venezia per emporio sull’Adriatico.» (Comandini)
• Il ministro degli esteri francese Thouvenel scrive all’ambasciatore di Francia a Roma, di Grammont, che il termine per l’armistizio che si sta trattando per Gaeta, sarebbe il 19: «L’imperatore ha pensato che non bisognava che le elezioni italiane si facessero sotto l’inspirazione di un sentimento ostile alla Francia e che farebbe buon giuoco ai garibaldini ed ai mazziniani.» (Comandini)
• Esce a Parigi l’opuscolo Roma e i vescovi francesi contrari al potere temporale dei papi, criticante i vescovi francesi fautori di tale potere (Comandini)
• Napoleone III risponde a Pio IX spiegandogli come egli abbia sempre procurato di rimanere fedele al suo programma: «indipendenza italiana e mantenimento del potere temporale del santo padre.» (Comandini)
• Cavour telegrafa a Parigi a Vimercati perché comunichi a Napoleone III le disposizioni del papa per le trattative con Torino (vedi 12 gennaio - 15 gennaio) (Comandini)
• Una parte della squadra francese lascia le acque di Gaeta (Comandini)
• Da Parigi il co. Vimercati telegrafa a Cavour a Torino «che (vedi 12-13 gennaio) Napoleone III vedrebbe con piacere il proseguimento delle intraprese negoziazioni segrete con la Corte di Roma; augura loro buon successo; ma ha scarsa speranza di vederle arrivare a lieto fine.» (Comandini)
• Lettera di Francesco II a Napoleone III per ringraziarlo delle dategli assistenze e per spiegargli le ragioni della propria resistenza (Comandini)
Nel Moniteur di Parigi di questa mattina leggesi: «L’invio di una squadra francese dinanzi a Gaeta aveva per iscopo di dare una testimonianza di simpatia ad un principe messo crudelmente alla prova dalla fortuna». L’Imperatore, fedele al principio del non-intervento, non ebbe mai l’intenzione di pigliare parte attiva alla lotta; col prolungarsi, la dimostrazione cambiava carattere, e diventava un incoraggiamento alla resistenza, un appoggio materiale. «Importava mettere un termine a questo stato di cose. Noi non potevamo assistere con indifferenza ad una lotta che doveva soltanto riuscire ad una maggiore effusione di sangue. «Per consiglio della Francia le ostilità furono sospese sino al 19, nel qual giorno il vice-ammiraglio Le Barbier de Tinan si allontanerà da Gaeta.» (Comandini)
• Oggi parte l’ultimo legno francese da Gaeta (Gazzetta ufficiale del Regno).• Il vapore francese Sphynx ha sbarcato nella notte 1.500 balle di farina (Antonio Pagano).• Il giorno 21 il giornalista francese Garnier, che molto aveva contribuito al mito dell’ "eroina di Gaeta", cioè la regina Maria Sofia, descrivendone le gesta sul "Journal" di Parigi, insieme agli altri stranieri ospitati nella casamatta della batteria Regina fece celebrare al santuario della Montagna Spaccata una messa propiziatoria in memoria di Luigi XVI di Francia. Napoleone III, intanto, impedí che fossero acquistati, da emissari duosiciliani, dei cannoni rigati richiesti al Belgio» (Antonio Pagano) • Da dicembre «il comandante degli assedianti piemontesi disponeva di 166 cannoni rigati, dal tiro molto preciso, alcuni dei quali riuscivano a bombardare fino a 4.600 metri (quindi potevano colpire senza essere colpiti), mentre il comandante duosiciliano non disponeva che di quattro cannoni rigati; il resto delle artiglierie funzionanti era formato da circa 300 vetusti cannoni distribuiti in otto batterie, tra le quali le piú importanti erano denominate Torre d’Orlando, Transilvania, Trinità, Regina e Philipstadt. I quattro cannoni rigati erano stati preparati ingegnosamente dal colonnello d’artiglieria Afán de Rivera, adattando una macchina per fabbricare viti» (ibid).
• Il Moniteur di Parigi, nel bollettino, declina la responsabilità del governo dei vari opuscoli politici pubblicati in questi tempi (su Roma, il papa, i vescovi, l’Italia, etc.) «Sarebbe ingiusto – dice – rendere il governo responsabile di teorie insensate, che il buon senso riprova, siccome contrarie agl’istituti cattolici ed al rispetto del Santo Padre di cui la politica dell’Imperatore ha sempre dato l’esempio.» (Comandini)
• Alle 8 ant. il vice-ammiraglio Le Barbier de Tinan arriva a Tolone coi vascelli La Bretagne ed il Fontenoy. §Militaria (Comandini)
• A Mola di Gaeta un avviso da guerra francese reca al gen. Cialdini un dispaccio di Napoleone III con un altro aperto dell’imperatore a Francesco II cui consiglia di andarsene e risparmiarsi l’umiliazione di una capitolazione; e mette per ciò a sua disposizione il vapore la Mouette. Il Monzambano va a recare il messaggio imperiale a Gaeta (Comandini)
• Firmato a Parigi trattato pel quale il principe Carlo III di Monaco cede all’imperatore Napoleone III i due distretti di Mentone e Roccabruna contro pagamento di 4 milioni di franchi • Carlo III, principe di Monaco, aveva ereditato una pesante situazione finanziaria dal padre e per questo aveva fondato, nonostante le proteste dei gesuiti, il casinò. Il principato era sotto la protezione militare del Regno di Sardegna e la cessione di Mentone e Roccabruna, da inquadrare nell’allargamento della Francia a Nizza e Savoia, non sarebbe stata possibile senza l’assenso di Cavour (vedi 16 gennaio) (Comandini)
• L’imperatore Napoleone III inaugurando la sessione del Corpo legislativo accenna ai difficili avvenimenti d’Italia, ribadendo il principio del non intervento (Comandini)
• Da Berlino arrivato a Parigi, il generale La Marmora ha oggi una conferenza col ministro degli esteri Thouvenel (Comandini)
• Il ministro degli esteri francese Thouvenel scrive all’ambasciatore francese a Roma Di Grammont, che Napoleone III pensa che Francesco II potrebbe trovare conveniente di vendere il palazzo Farnese, la Farnesina e le aree del già palazzo dei Cesari. Lo prega di tastare terreno presso persone in grado di saperne qualche cosa. Palazzo Farnese diventerebbe la sede dell’ambasciata di Francia a Roma (Comandini)
• Il maresciallo Vaillant, ministro della casa dell’imperatore Napoleone III, scrive da Parigi al sindaco di Brescia avvisandolo che l’architetto Viette si reca a Brescia a copiare il disegno della Loggia, che Napoleone III vuol fare riprodurre in un nuovo edificio in Parigi (Comandini)
• A Roma il giornale clericale l’Armonia attacca violentemente l’ambasciatore di Francia, duca di Grammont, come spione nemico della santa Sede e del papa (Comandini)
• Esce a Parigi un opuscolo intitolato Francia, Roma e l’ltalia; completa la luce sparsa sulle trattative fra la Francia e Roma dalla pubblicazione dei documenti distribuiti al Corpo legislativo; è firmato dal La Guerronière, ma si sottointende che è stato visto prima da Napoleone III. In meno di un’ora la prima edizione, di 1.000 copie, è esaurita (Comandini)
Il mondo del teatro e l’Italia di fede repubblicana sono in lutto. A Parigi è morto l’altro giorno Augustin Eugène Scribe, autore di oltre 500 commedie leggere. Torino, in via della Zecca 29, oggi via Verdi, nel 1856 gli dedicò un teatro da 1.200 posti, apprezzato anche da Cavour. Che invece detesta, ricambiato, Gustavo Modena, considerato il più grande attore italiano del momento. Nato a Venezia nel 1803, è morto stanotte a Torino, sfinito dalla sifilide. Ardente mazziniano e repubblicano, è stato fra i primi a declamare la Divina Commedia sul palcoscenico e ha portato in scena anche aneddoti eroici dell’impresa dei Mille. Ma la Torino mondana preferisce oggi parlare dell’«Automotiva», ibrido fra una carrozza e una locomotiva a vapore. Da 48 ore circola per le vie. Ideata dal generale Bordino, è più ferma che in movimento. Ma stupisce. La cronaca politica cita invece una lettera di Cavour a Bettino Ricasoli. Scrive: «Dopo la presa di Gaeta, Roma deve essere la prima stazione a cui rivolgere i nostri passi». Dalla capitale del Papa giunge notizia che gli universitari beffano la polizia e distribuiscono coccarde tricolori. A Napoli i Carabinieri stroncano uno sciopero di 250 portuali. In America si annuncia la nascita della marina militare della neonata Confederazione degli stati sudisti (Maurizio Lupo, La Stampa 20/2/2011).
• L’ufficiosa “Patrie” di Parigi confutando le interpretazioni di molti giornali italiani che dal noto opuscolo La Francia, Roma e l’Italia deducono che la politica del governo francese tenda ad abbandonare il potere temporale del papa e a ritirare da Roma le truppe francesi, avverte che la politica francese è evidentemente contraria a tali speranze; e conclude augurando che l’Italia ed il papato, se si uniranno, trovino in tale unione la loro grandezza (Comandini)
• Il vescovo di Poitiers emana mandamento, da leggersi in tutte le chiese della sua diocesi, poi stampato e largamente divulgato, per censurare la politica dell’Imperatore e del governo imperiale a favore dell Italia, a danno del papato (vedi@ 30 maggio) (Comandini)
Il presidente degli Stati Uniti, Abramo Lincoln, scampa a un attentato a Baltimora. La notizia giunge a Cavour in una giornata delicata. A Parigi i giornali vicini all’Imperatore Napoleone III invitano il governo di Torino a intendersi con il Papa. Spiegano che i Francesi non hanno alcuna intenzione di ritirare le truppe da Roma. A questo si aggiunge un altro imbarazzo con la Francia. Cavour vuole recuperare due navi da guerra già della flotta del Regno di Napoli. Sono le fregate Saetta e Sannita, ricoverate per riparazioni nei porti di Tolone e Marsiglia. Ma il caso è spinoso. Perché, nei caotici giorni in cui i Piemontesi presero Napoli, un agente di Re Francesco II, giunto in Francia, aveva venduto le navi a privati. Cavour lo considera un colpo di mano. Ritiene le fregate preda bellica: «Il nostro diritto – scrive a Parigi – di chiederne la consegna, o almeno il prezzo ricavato, non va contestato. Sono unità da guerra non di spettanza privata dell’ex Re di Napoli, ma dello Stato. Quando approdarono in porti francesi, lo Stato di Napoli aveva già proclamato la sua unione al Piemonte». Ma la Francia respinge la richiesta: «Avviene – risponde il ministro Thouvenel – mentre le truppe borboniche a Messina e a Civitella del Tronto ancora contrastano l’armata sabauda. Pertanto Re Francesco II per Parigi è ancora un Re sovrano. Ha diritto di disporre delle due navi, di usarle o venderle» (MAURIZIO LUPO, La Stampa 23/2/2011).
• È pubblicato a Parigi il progetto di risposta del Senato al discorso dell’Imperatore. Vi si accenna estesamente all’Italia, e si eccita l’Imperatore a cuoprire sempre il papato temporale con la bandiera francese (Comandini)
• Decreto di Napoleone III assegna numerose altre medaglie di benemerenza a dame, signori, medici distintisi nell’assistenza dei feriti francesi nel 59 (Comandini)
• Lunga nota del segretario di Stato cardinale Antonelli a mons. Meglia nunzio a Parigi, in confutazione dell’opuscolo di La Guérronière: la Francia, Roma e l’Italia (Comandini)
• L’ambasciatore francese a Roma, Di Grammont, scrive al ministro Thouvenel a Parigi, che Francesco II è stato informato dal principe di Altomonte dell’idea dell’Imperatore Napoleone di acquistare i beni farnesiani: il Re non sarebbe alieno dal venderli, ma sono beni fidecommissari, nei quali è interessata anche la Corte di Spagna: occorrerebbe l’adesione di questa, poi, per legge, l’adesione del governo pontificio. Infine Francesco II vorrebbe la clausola di diritto a riscatto, dopo un certo tempo, per escludere che egli li venda per disperazione di causa; ed infine la garanzia che siano conservati nello stato di decoro e di rispetto artistico al quale hanno diritto (Comandini)
• Nota da Roma del ministro degli esteri di Francesco II, Canofari, al ministro degli esteri francese, Thouvenel, per far conoscere alla Francia e all’Europa le ragioni che indussero Francesco II a resistere in Gaeta (Comandini)
• L’indirizzo del Corpo legislativo all’Imperatore, letto in Comitato segreto, conferma che la liberazione dell’Italia è interesse nazionale e tradizionale per la Francia; loda gli sforzi dell’Imperatore per assicurare al papato la sicurezza e l’indipendenza e tutelarne la sovranità temporale, e rimettesi interamente alla saggezza dell’Imperatore.
• La Patrie ed il Pays di Parigi smentiscono che la Francia abbia l’intenzione di ritirare le sue truppe da Roma. [Comandini]
• Al Senato francese il senatore Larochejacquelin attacca vivamente la politica di Napoleone III e quella dell’Italia, che fu lasciata infrangere il trattato di Villafranca e fare liberamente quello che volle. Haeckeren parla nello stesso senso. Parla poi il senatore Pietri difendendo vigorosamente la politica di Napoleone III e gli atti della volontà nazionale italiana; proclama oramai perduta l’autorità temporale del papa, cessata, si può dire, dal 1848 in poi. Invoca l’accordo della Francia e dell’Italia per dare le necessarie garanzie al potere temporale: «è tempo di rendere a Dio ciò che è di Dio e agl’italiani la loro indipendenza e la loro libertà!» Auspica un giorno in cui: 300.000 italiani possano seguire sui campi di battaglia le bandiere francesi per completare i trionfi della civiltà!.. Parla i quindi Gabriac contro l’Italia unita e contro l’Inghilterra (Comandini)
• A Parigi al Senato vigoroso discorso del principe Napoleone in difesa della politica imperiale e dei diritti dell’Italia, di fronte al potere temporale del papa. «Non vi sono che due soluzioni possibili — conclude il principe — l’unità d’Italia con Roma capitale, o l’intervento della reazione.» Da Parigi a sera il min. dell’interno telegrafa nelle provincie, con ordine di fare affiggere sui muri: «Un magnifico discorso fu pronunziato nel Senato da S.A.I. il principe Napoleone, discorso che occupò tutta la seduta e fece una immensa sensazione.» A Napoli il principe di Carignano visita la nave ammiraglia inglese Hannibal. La squadra parte questa sera per Messina (Comandini)
A Parigi al Senato il cardinale Mathieu parla in difesa del potere temporale del papa e contro il non-intervento; biasima la politica di Cavour; e chiede se il discorso di ieri del principe Napoleone rappresenti il pensiero del governo. Il ministro Billault risponde che l’imperatore non è legato che dalle spiegazioni date da coloro che sono incaricati di parlare in suo nome davanti al Senato. Parla poi a lungo di tutta la politica dell’imperatore di fronte ai vari aspetti della questione italiana dal 1859 in poi; concludendo che Napoleone III continuerà a difendere i giusti interessi della Francia, l’indipendenza del Santo Padre e la libertà d’Italia. Il visconte de Juleau dice che il papato non può essere separato da Roma. Il cardinale Donnet difende vivamente il potere temporale del papa, pel quale chiede, in un emendamento, che la spada della Francia lo difenda. Il ministro Baroche dichiara che il governo respinge fin d’ora questo emendamento. Chiudesi la discussione generale (Comandini)
• Annunziasi che l’Imperatore Napoleone III ha indirizzato al principe Napoleone una lettera per felicitarlo dell’eccellente discorso pronunciato nel Senato sulle cose d’Italia, del seguente tenore; «Mio caro Napoleone. Sebbene io non sia teco interamente d’accordo su tutti i punti, ci tengo ad essere il primo a felicitarti dei sentimenti sì nobilmente patriottici che tu hai espresso con tanta eloquenza e dell’immenso successo oratorio che avesti al Senato.» (Comandini)
• A Parigi nel Corpo Legislativo è presentato un emendamento all’indirizzo di risposta al discorso del trono dai deputati di estrema sinistra, Favre, Darimont, Picard, Herman, Ollivier nel quale è detto esser venuto il tempo di applicare a Roma il savio principio del non-intervento, e di lasciare, mercè il ritiro immediato delle truppe francesi, l’Italia padrona dei suoi destini (Comandini)
«È uscito a Parigi un opuscolo intitolato La Francia, Roma e l´Italia. Il tema, trattato in maniera didascalica ma insieme provocatoria, sono i rapporti fra la rivoluzione italiana e la Santa Sede, alla luce della funzione di arbitro che esercita al loro interno, fra difficoltà sempre crescenti» la Francia. Il libro è stato scritto e stampato con l’approvazione di Napoleone III. «Si racconta che, in meno di un´ora, la prima edizione, mille copie, sia andata esaurita» (Nello Ajello, la Repubblica 7/3/2011) • «Il libello La Francia, Roma e l’Italia di A. de La Guérronière costituisce una difesa della politica di Napoleone nei confronti dell’Italia e di Roma dal 1849 in poi e, in particolare, dall’accusa mossa all’imperatore di partecipare alla lotta contro il potere temporale della Chiesa. Che il potere temporale del Papa sia in crisi è, per l’autore, indubitabile. Questo, però, non può essere imputato alla Francia, bensì al fatto che il papato è rimasto isolato dal movimento nazionale italiano. La politica riformatrice costantemente suggerita da Parigi mirava proprio a comporre questa frattura. Il pontefice, però, ha preferito seguire idee del partito avverso alla Francia ed all’Italia, peggiorando ulteriormente la propria posizione. A questo punto occorre che Roma accetti la realtà dei fatti e si ponga come obiettivo primario quello di riconciliare papato e nazione» (nota di Domenico Maria Bruni alla Cronaca di Roma del Roncalli)
Scoperta una misteriosa congiura per restaurare a Napoli la dinastia di Gioacchino Murat, al posto di Re Francesco II delle Due Sicilie e di Vittorio Emanuele II di Savoia. La notizia è diffusa martedì 6 marzo 1861, quando la «cospirazione è ormai sventata». Vera o falsa che sia, è indicativa dell’instabilità di questi giorni. Il periodico «L’Italia» riferisce che a scoprire «la trama» è stato un garibaldino d’origine francese, tale Inveler. Avrebbe rivelato che «ufficiali del passato governo borbonico e impiegati destituiti avevano accettato volentieri un partito che dava loro il destro di vendicarsi dei loro nemici e riacquistare la perduta dignità». Secondo Inveler «un tal medico svizzero, chiamato Whytand, andava attorno arrolando uomini, corrispondendo per lettere e missive segrete coi capi, spargendo armi e denari». «I documenti che sono venuti in mano alla polizia sono gravissimi» assicura «L’Italia». «Tra gli altri vi ha una lettera di un noto scrittore al Whytand in cui gli scrive ch’egli da Marsiglia porterà seco e fucili e revolver». Chi è questo misterioso scrittore? Nessuno lo dice. Si aggiunge però che «due giorni dopo che la lettera è stata intercettata dalla polizia fu pubblicato nel periodico “l’Indipendente” un lungo articolo, in cui dicevasi esser possibil cosa ripristinare a Napoli la dinastia di Murat». Si racconta che armi sono state sbarcate in Calabria e nel Salernitano. Ma «per fortuna solenni e alte rivelazioni sono state fatte alla polizia» (MAURIZIO LUPO, La Stampa 6/3/2011).
• A Parigi al Senato è adottato per il testo dell’indirizzo questo emendamento: «i ricordi degli amici di Magenta e di Solferino le fanno un dovere di tenerne conto.» Il periodo dell’indirizzo era questo: «Essa (l’Italia) si ricordi sopratutto che il cattolicismo le ha confidato il Capo della chiesa, il rappresentante della più gran forza morale dell’umanità: gl’interessi religiosi della Francia le domandano di non dimenticarlo: gli amichevoli ricordi di Magenta e di Solferino ci fanno sperare che essa ne terrà conto.» Circa il potere temporale del papa il paragrafo dell’indirizzo diceva: «Per l’avvenire noi continueremo a porre la nostra fiducia nel monarca che copre il papato con la bandiera francese, che l’ha assistito nelle sue prove, e si è costituito, per Roma e il trono pontificio, la sentinella più vigile e più fedele.» L’emendamento è questo: «Per l’avvenire continueremo a porre la nostra fiducia nel monarca che copre il papato con la bandiera francese e mantiene a Roma la sovranità temporale della santa sede, sulla quale posa l’indipendenza della sua autorità spirituale.» Casabianca, a nome della maggioranza della Commissione lo respinge; domanda la fiducia verso l’Imperatore: nè questi nè il suo governo pensano ad abbandonare il capo della cattolicità. Burqueney, il duca di Padova e Barthe appoggiano l’emendamento; questi rimprovera al Piemonte di avere seguiti i consigli dell’Inghilterra, disprezzando quelli della Francia. Baroche combatte l’emendamento: il progetto di indirizzo dice quanto basta: non vi è alcun indizio che debbano essere richiamate le truppe francesi da Roma; al contrario. L’emendamento è respinto da 79 contro 61 (Comandini)
• Nel Journal des Debats notevole articolo di John Lemoine, non sospetto di eccessiva condiscendenza verso il regime imperiale, favorevole al trionfo completo dell’unità italiana (Comandini)
Oggi l’Impero francese e il Regno d’Italia hanno ratificato a Torino i confini che separano il Piemonte dalla Savoia, annessa alla Francia. Dopo lunghe trattative l’accordo è stato raggiunto. Lo sottoscrive da parte sabauda Domenico Carutti di Cantogno. Aloys de Rayneval firma a nome della Francia. Nella convenzione si legge: «Sul lato della Savoia, la nuova frontiera seguirà il limite attuale tra il ducato di Savoia e il Piemonte». All’atto sono uniti come parti integranti alcuni documenti, fra i quali «la carta in scala della frontiera della Savoia a partire dal Mont Grapillon, sul lato Svizzero, sino al Mont Tabor, al limite tra la Savoia e la frontiera della Francia». Tale carta è copia di quella stilata nel 1854 dal tenente colonnello piemontese Vittorio Federici, Commissario di Re Vittorio Emanuele II. Il 25 novembre 1860 è stata sottoscritta anche dai francesi, rappresentati dal Colonnello Salinier e dal Comandante Ernet. Ma mentre la cartografia italiana ha sempre rivendicato il confine, sia sul Monte Bianco sia sulla vetta del «Dome du Gouter», quella francese si è impossessata di entrambe le vette. Gli originali del trattato sono due. Quello sabaudo è custodito all’Archivio di Stato di Torino, mentre la Francia sostiene di non possedere più il suo. Le sarebbe stato rubato dai tedeschi durante l’ultima Guerra mondiale (MAURIZIO LUPO, La Stampa 7/3/2011).
«I governi di Gran Bretagna, Francia e Spagna, sostenuti indirettamente dall’Austria e forse anche dal Vaticano, strinsero un accordo per un intervento militare in Messico (Convenzione di Londra - ndr) adducendo il pretesto della moratoria su alcuni debiti decisa dal governo liberale messicano (vedi 17 luglio - ndr). La forza d’intervento sarebbe sbarcata sulle coste messicane con due obiettivi: recuperare i crediti e istituire un protettorato francese sul Messico. L’intento di Napoleone III, tuttavia, era ancor più ambizioso: si proponeva di formare un impero fondato su un comune retaggio latino e cattolico, che arrestasse e controbilanciasse l’influenza anglo-statunitense sul continente americano. I francesi e i conservatori messicani avrebbero indicato nell’arciduca d’Austria Massimiliano il nuovo imperatore del Messico, provocando così l’abbandono dell’alleanza da parte della Gran Bretagna» (Alicia Hernández Chávez, Storia del Messico, Bompiani 2005).
«In un’azione congiunta truppe francesi, inglesi, spagnole e messicane invadono il territorio messicano passando da Veracruz e avanzando verso Orizaba» (Alicia Hernández Chávez, Storia del Messico, Bompiani 2005).
«Tra il 1853 e il 1862 a Parigi vennero demoliti molti quartieri medioevali, rei di essere bui, sporchi e fatiscenti. Furono abbattute quasi 20 mila case e ne vennero costruite 34 mila. Furono aperti 200 chilometri di nuove strade, larghe e arieggiate, intorno alle quali furono piantati 108 mila alberi. Molti spazi lasciati vuoti dalle demolizioni vennero destinati al verde: 24 piazze con giardini pubblici vennero costruite in diversi punti della città» (Lorenzo Pinna Autoritratto dell’immondizia Bollati Boringhieri 2011).
Reagendo alla decisione di Benito Juárez di non pagare i debiti per due anni (vedi 17/7/1861), le flotte inglese, francese e spagnola approdano a Vera Cruz con intenzioni bellicose.
Arriva a Vera Cruz, per costringere Benito Juárez a pagare i debiti del Messico (vedi gennaio) anche un corpo di spedizione francese comandato dal generale Charles de Lorencez.
Spagna e Gran Bretagna, soddisfatti nelle loro richieste da Benito Juárez, sospendono i negoziati della Convenzione di Londra (vedi 31/10/1861) e abbandonano il Messico. I francesi non vogliono abbandonare la partita e arrivano al punto di insinuare che il capo del corpo di spedizione spagnolo, gen. Joan Prim i Prats, conte di Reus (1814-70), ambisca al trono di Montezuma. La Spagna è inoltre contraria alla nomina di un imperatore straniero e insiste per un capo di stato messicano a che il vertice dell’esecutivo fosse uno straniero, preferendo piuttosto un capo di Stato, espressione dei messicani stessi (Giovanni Armillotta. Leggi qui il suo racconto).
«Gli occhi del mondo repubblicano sono puntati sul Messico: nelle parole dello scrittore francese Victor Hugo, “il destino della Repubblica si decide in Messico”. Le truppe repubblicane, guidate da Ignacio Zaragoza e Porfirio Diaz, sconfiggono gli invasori nella battaglia di Puebla» (Alicia Hernández Chávez, Storia del Messico, Bompiani 2005).
Dopo la sconfitta di Puebla, la Francia ha inviato «nuovi quadri militari e 30 mila uomini di rinforzo, che riescono a prendere Puebla e ad avanzare verso la capitale nonostante i continui attacchi della guerriglia. Il governo liberale di Juárez - facendosi carico dei destini della repubblica - si sposta verso nord dando inizio a un periodo di attività itinerante. Oggi, tra l’esultanza della Chiesa e dei conservatori messicani, viene proclamato il Secondo impero (il primo impero essendo stato quello di Iturbide nel 1822» (Alicia Hernández Chávez, Storia del Messico, Bompiani 2005).
In un discorso pubblico Garibaldi si scaglia contro Napoleone III, grande protettore della sovranità pontificia su Roma: lo accusa di essere «mosso da libidine di rapina», da «sete infame d’impero», di essere «il primo che alimenta il brigantaggio»; dice che è necessario che «sgombri Roma» e invoca contro di lui la sollevazione di un «nuovo Vespro».
Gli Stati Uniti pongono improvvisamente fine al programma di aiuti previsto dalla Legge Affitti e prestiti (Lend-Lease) varata nel 1941. Un totale di 50,1 miliardi di dollari in materiale fu fornito agli Alleati.•11,3 miliardi all’Unione Sovietica; • 3,2 miliardi alla Francia; • 1,6 miliardi alla Cina. Alla Gran Bretagna fu venduto materiale al 10% del valore, con un interesse del 2% pagabile in 50 anni. Il debito inglese per questo ammontava inizialmente 1.075 milioni di sterline, ridotte poi a 42,5 milioni pagabili entro l’anno 2006. Secondo gli accordi con l’URSS per il Lend-Lease, tutti i sistemi di armamento dovevano essere restituiti agli USA alla fine delle ostilità, oppure distrutti sotto supervisione statunitense. Un gran numero di aeromobili fu così distrutto. Numerosi mezzi navali furono invece restituiti agli Stati Uniti negli ultimi anni quaranta. I rimanenti materiali bellici e i debiti residui del Lend-Lease pesano tuttora sulle relazioni Russo-Americane.
Stanotte le unità navali inglesi e francesi stanno dirigendosi verso l’Egitto. domattina, all’alba, le truppe dei due Paesi tenteranno di occupare la zona del Canale. Ad ogni resistenza degli egiziani risponderanno con la forza. Il pericolo di guerra, dunque, è imminente. La situazione precipita. Al conflitto fra Israele ed Egitto sta per sovrapporsi quello fra Egitto ed anglo-francesi. Si annunciano giornate di estrema gravità per oil Medio Oriente e per il mondo intero. L’azione anglo-francese è stata decisa oggi. Mollet e Pineau, dopo l’aggressione di Israele, sono venuti in volo a Londra per conferire con Eden e con Lloyd. Dopo affannose consultazioni i due governi hanno deciso di mandare a Tel Aviv e al Cairo due ultimatum: essi hanno chiesto innanzi tutto, a quei Paesi, di sospendere le ostilità e di ritirarsi da una parte e dell’altra del Canale, ad una distanza di dieci miglia. All’Egitto hanno poi chiesto di permettere l’occupazione di Ismailia, Porto Said e Suez da parte delle forze anglo-francesi «in via provvisoria» per garantire il libero passaggio del Canale. L’ultimatum è stato consegnato a Londra ai rispettivi ambasciatori, alle 4.30 del pomeriggio (ora di Greenwich), e chiedeva una risposta entro dodici ore. Esso scade domattina alle 4.30. In caso di risposta negativa, l’Inghilterra e la Francia useranno la forza. Alla Camera Eden ha detto: «La situazione è molto pericolosa. Se le ostilità non cesseranno immediatamente, il libero passaggio attraverso il Canale sarà minacciato».
TEL AVIV - Alle 20.50 ora locale squadriglie di bombardieri a reazione della Rovai Air Force hanno attaccato simultaneamente gli obiettivi militari egiziani del Cairo, di Alessandria, di Porto Said. di Ismailia e di Suez. Contemporaneamente, l’esercito israeliano ha reso noto che un suo gruppo corazzato d’attacco è entrato in territorio egiziano per tagliare fuori la striscia di Gaza. Altre forze israeliane avanzano sulla strada per Ismailia, avendo infranto le difese egiziane ad Abu Agheila. L’attacco aereo di stasera, portato dalle basi di Nicosia e Akrotiri (cipro), senza reazioni da parte della contraerea egiziana, è durato dodici minuti. Un primo attacco agli obiettivi del Cairo si era registrato nel pomeriggio, alle 18.30 (17.30 italiane), pure da parte di bombardieri a reazione della R.A.F. e da parte di aerei francesi. Prima dei bombardamenti, gli aerei da ricognizione britannici avevano lanciato appelli, attraverso manifestini, alla popolazione perché evacuasse immediatamente le abitazioni nelle immediate vicinanze degli obiettivi militari e obbedisse alle precauzioni già ordinate dal Governo egiziano. Nonostante questi appelli, Radio Cairo informa che nel primo i bombardamento sette civili sono rimasti vittime degli spezzoni britannici e francesi, mentre i danni risultano « ingentissimi». Entrambi i bombardamenti sono stati massicci, effettuati da centinaia di aerei di ogni tipo. Bombe di grosso calibro e spezzoni incendiari sono stati sganciati sugli obiettivi militari, segnatamente sulle caserme, sul concentramento di truppe pronte a partire per la linea del fronte, e sugli aeroporti. Tale operazione, che il Comando franco-britannico ha definito « operazione-ombrello », è stata ordinata evidentemente allo scopo di assicurare il completo dominio del cielo egiziano, e di preparare l’eventuale entrata in azione delle truppe avio-trasportate e dei paracadutisti. L’incrociatore inglese « New Foundland » ha affondato una fregata egiziana. L’annuncio è stato dato dall’Ammiragliato britannico.
Titolo del Corriere della Sera: GLI ISRAELIANI OCCUPANO LA PENISOLA DEL SINAI mentre l’aviazione francoinglese martella gli aeroporti. Violenti scontri fra reparti corazzati - Affondata nel Canale di Suez una unità egiziana - Numerosi aerei distrutti al suolo • Nasser riafferma la decisione di resistere ad oltranza ed assume poteri eccezionali - Appello agli altri Stati arabi perché distruggano gli oleodotti - La Siria si schiera a fianco dell’Egitto
Titolo del Corriere della Sera: «Imminente lo sbarco degli anglo-francesi in Egitto dopo la distruzione delle forze aeree di Nasser • Centocinque apparecchi annientati • Le truppe egiziane nella zona di Gaza si sono arrese agli israeliani, che continuano l’avanzata verso Suez • Il Governo di Tel Aviv disposto a intavolare trattative con II Cairo»
Titolo del Corriere della Sera: «Nasser accetta il presidio internazionale dell’ONU mentre i paracadutisti franco-inglesi conquistano Porto Said»
Titolo del Corriere della Sera : «Francia e Inghilterra sospendono le ostilità in Egitto ma gli arabo asiatici chiedono l’immediato ritiro delle truppe • Porto Said e Porto Fuad in mano agli alleati • Il Cairo annuncia che l’Egitto continuerà a combattere finché le forze straniere non se ne andranno • L’ambasciatore sovietico da Nasser»
L’Irak — si apprende da Bagdad — ha deciso di rompere le relazioni diplomatiche con la Francia. Il ministro degli Esteri iracheno ha ricevuto l’ambasciatore di Francia a Bagdad e lo ha informato della decisione del suo Governo. Nessuna data è stata ancora fissata per la partenza, da Bagdad, dell’ambasciatore e del personale della rappresentanza diplomatica francese. Il Governo iracheno ha invitato oggi tutti i Governi e i popoli dei Paesi arabi a restare uniti e ha affermato che le sue forze sono pronte ad aiutare la Siria e la Giordania, Paesi i quali potrebbero « essere minacciati dal nemico». Alcuni aerei dell’aviazione militare egiziana si sarebbero rifugiati a Gedda, nell’Arabia Saudita. Non si sa il loro numero né il tipo degli aerei medesimi. Il colonnello Gamal Abdel Nasser — che l’emittente clandestina « Radio-Egitto Libera » ha definito in una sua trasmissione odierna «il Nerone del ventesimo secolo» — ha nuovamente parlato al popolo egiziano. È stata, come nei precedenti discorsi di Nasser, un’apoteosi: e quando la vettura su cui ha preso posto il « Premier » egiziano ha lasciato la Moschea, per riportare il Presidente alla sede del Governo, una marea di folla osannante, entusiasta, plaudente, ha circondato e accompagnato la macchina, come per un viaggio trionfale.
PORTO SAID - Alcuni reparti alleati hanno già cominciato a sgomberare la città di Porto Said, appena tre giorni dopo averla occupata. Il primo battaglione del reggimento paracadutisti è sbarcato oggi a Cipro. Il comandante del battaglione ha detto che se l’avanzata fosse continuata, le truppe anglo-francesi « sarebbero passate attraverso tutta la zona del Canale come un coltello attraverso il burro ». È evidente un certo rammarico fra i comandanti alleati per l’improvvisa tregua, che ha loro impedito di eseguire i piani per la completa occupazione della zona del Canale. Caratteristico è, del resto, il tono dell’ordine del giorno odierno del comandante francese, ammiraglio Barjot, in cui si dice: «Soldati, marinai e aviatori, nel momento in cui voi siete penetrati vincitori nella città principale del Canale di Suez una tregua è stata ordinata per ragioni politiche di cui il Governo è il migliore giudice. Anche se interrotto, il vostro intervento è presagio favorevole per l’avvenire della Francia ». Entro pochi giorni i paracadutisti e i « commandos » che hanno conquistato Porto Said verranno sostituiti da unità di fanteria, mentre si prevede il rientro in Gran Bretagna di alcune squadriglie di apparecchi da caccia e da bombardamento, attualmente a Cipro. Non sono ancora giunti a Porto Said gli osservatori dell’O.N.U. ma si ritiene imminente il loro arrivo. In città la vita sta tornando lentamente alla normalità (da un articolo di Arrigo Levi).
In Francia, seriie televisiva dedicata all’Agenzia O, un’invenzione letterari di Georges Simenon che risale al 1941. Se ne occupa Marc Simenon, figlio di Georges, che ha affidato la parte di Berthe a Marlène Jobert, a Michel Robin quella di Barbet, a Pierre Tornade quella di Torrence e a Jean-Pierre Moulin quella di Émile.
Primo turno delle elezioni politiche in Francia.
Secondo turno delle elezioni politiche in Francia.
Simenon scrive a Gide: «Nel centinaio di romanzi che ho scritto sino al 1946 e che voi avete letto, credo di non aver mai parlato dell’amore se non come di un incidente, oppure di una malattia, quasi di una malattia vergognosa; in ogni caso, qualcosa che non poteva che indebolire l’uomo, togliendogli il dominio di se stesso. E questo è ciò che sentivo» (Lettera a André Gide, 18 gennaio 1948).

Georges Simenon e André Gide

Marcel Jouhandeau con la moglie Elise
Nella scala dei paesi colpiti dall’inflazione l’Italia è superata soltanto dalia Gran Bretagna. Nei sei mesi terminati a luglio l’aumento dei prezzi espresso in termini annuali risulta pari al 16,5% (contro il 13,0% dei dodici mesi terminati a luglio), per l’Italia, mentre per l’Inghilterra è pari al 22,3% (contro il 15,6% nei dodici mesi). La Francia registra una crescita del 12,2% dei prezzi (contro il 10,3%), e la Germania del solo 8,7% (4,6%). L’impennata dei prezzi al consumo ha riguardato anche il Giappone dove il tasso annuo nei sei mesi raggiunge il 7.9% contro il rincaro del 4,2% registrato nell’anno terminato a luglio. Preoccupante anche la situazione statunitense, dove i prezzi segnano una crescita del 14,4% nel semestre confro un tasso precedente dell’11,2%.
ROMA — Il tasso ufficiale di sconto (cioè il tasso d’interesse al quale la Banca d’Italia effettua prestiti al sistema bancario) e l’interesse sulle anticipazioni in conto corrente a scadenza fissa presso l’Istituto è stato aumentato dal 10,50 al 12 per cento. Rimangono invariate le maggiorazioni già in vigore. Il decreto di aumento, stabilito dal ministero del Tesoro su proposta del governatore della Banca d’Italia, è stato pubblicato ieri sulla «Gazzetta Ufficiale» e ha dunque decorrenza immediata. Timori di recessione. La decisione presa dalle autorità monetarle, ormai da alcuni giorni nell’aria, costituisce un «segnale» importante: la situazione congiunturale che aveva permesso il 4 settembre 1978 di abbassare di un punto il tasso di sconto e di mantenerlo immutato nei 12 mesi successivi è oggi profondamente diversa. Tassi di sconto nel mondoItalia 12 Belgio 10 Francia 9,5 Germania Fed 5 Giappone 5,25 Olanda 8 Regno Unito 14 Usa 11
PARIGI — «Solo Londra sostiene Carter, le altre capitali non s’impegnano». Con questo titolo l’Herald Tribune assume l’atteggiamento degli alleati europei al dopo-Kabul e alla decisione americana di "punire" con varie sanzioni l’URSS per l’invasione dell’Afghanistan. Soprattutto dopo il risultato delle elezioni indiane (che viene interpretato come un altro punto in favore di Mosca nel grande poker asiatico: lo spoglio è in corso ma Indira sta vincendo nettamente) gli americani scrutano infatti con attenzione se dall’Europa giungano segni di appoggio alla «politica di svolta» impressa da Carter ai rapporti Est-Ovest. Ma le fonti ufficiali Usa sono molto scettiche sulle «consultazioni ad alto livello» che dovrebbero tenersi tra i vari governi europei e la CEE sul «come e quando» cooperare con la linea Carter. Del resto, le risposte principali sono già state date e appaiono «negative o sfuggenti».Soprattutto la posizione assunta dalla Francia è indicativa del «clima generale di disimpegno», dopo le dichiarazioni rese pubbliche domenica dal ministro degli esteri François-Poncet. «Noi escludiamo ogni rappresaglia verso l’URSS — ha detto il ministro — e semmai intendiamo aprire consultazioni con Mosca per ritrovare il modo di salvare la distensione». Per il governo di Parigi le spiegazioni fornite dall’URSS sull’occupazione militare di Kabul restano sempre «discordanti con la realtà». Pertanto va sempre sostenuta all’ONU la richiesta di ritiro delle truppe russe, «ma tra questo e associarsi a una politica di ritorsione il passo è talmente grande che la Francia non intende compierlo». La tesi francese s’attesta quindi su questa logica: proprio perché l’evento afghano ha significato un’altra minaccia per la distensione globale, la Francia intende perseguire il dialogo con l’URSS al fine di salvarla: se possibile su scala mondiale, altrimenti su scala europea (Alberto Cavallari sul Corriere della Sera).
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