Nel 1968 Paolo Villaggio teneva una rubrica sull’Europeo dal titolo La domenica di Fantozzi
Esce l’Airone di Bassani.
Hai anche accennato ai tuoi rapporti con Heidegger e ai seminari che seguisti con lui a Le Thor nel 1966 e poi nel 1968. Cosa ti è restato di quegli incontri?«L’incontro con Heidegger, come quello con Benjamin, non è mai finito. Nella mia memoria è inseparabile dal paesaggio della Provenza, allora ancora non toccato dal turismo. Il seminario aveva luogo la mattina, nel giardino del piccolo albergo che ci ospitava, ma a volte in una capanna durante una delle numerose escursioni nella campagna circostante. Il primo anno eravamo cinque in tutto, oltre al seminario c’erano i pasti in comune e io ne approfittavo per porre a Heidegger le domande che più mi interessavano, se aveva letto Kafka, se conosceva Benjamin. Ma questi sono solo aneddoti» (Giorgio Agamben ad Antonio Gnoli)
Pasolini (concorre con Teorema), denuncia il ricatto degli editori al Premio Strega.
Esce Le vol d’Icare di Queneau.
Sull’Europeo esce la rubrica di Paolo Villaggio "La domenica di Fantozzi".
romanzo di Philip K. Dick Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (1968). Nel romanzo di Dick, ambientato in un immaginario 1992, la terra è un paesaggio post-apocalittico. A San Francisco l’aria mattutina è traboccante di «granelli di polvere radioattivi» così «grigi da oscurare il sole». Tutto il pianeta è contaminato dalla polvere, «la pioggia radioattiva era sporadica e assai variabile». Il cielo degli androidi descritto da Dick è inevitabilmente «vacuo» e «squallido». Esattamente come il mondo e gli esseri umani che sono ancora in vita. Ma che si tratti di uomini o di androidi, in cielo si proiettano sempre fantasie e miserie.
Zygmut Bauman espulso dalla Polonia.
Morte di Salvatore Quasimodo.
«Quando Salazar nel 1968, a seguito di una caduta dalla sedia, ebbe un ictus il potere passò nelle mani di Marcelo Caetano e molti pensarono che le cose sarebbero migliorate. Così non fu. Caetano era un pavido. Incapace di rompere col passato». In che mondo vivevate? «Nell’isolamento più puro. Dove era vietato che due fidanzati si potessero baciare pubblicamente ed era considerato provocatorio perfino che un uomo girasse con dei sandali ai piedi». (Maria José de Lancastre ad Antonio Gnoli).
In Russia lo scrittore Viktor Erofeev, colpevole di aver editato l’almanacco letterario Metropol, è espulso dall’Unione degli scrittori.
Simenon scrive a Gide: «Nel centinaio di romanzi che ho scritto sino al 1946 e che voi avete letto, credo di non aver mai parlato dell’amore se non come di un incidente, oppure di una malattia, quasi di una malattia vergognosa; in ogni caso, qualcosa che non poteva che indebolire l’uomo, togliendogli il dominio di se stesso. E questo è ciò che sentivo» (Lettera a André Gide, 18 gennaio 1948).

Georges Simenon e André Gide
Muore a Lakeland in Florida, Hadley Richardson, prima moglie di Ernest Hemingway. Aveva 87 anni.

«Quello che più impressiona nei nuovi giochi elettronici esposti in questi giorni in quell’immenso, labirintico e anche un po’ angoscioso Salone del giocattolo che si tiene alla Fiera di Milano, oltre ai prezzi, è che quasi tutti prevedono che il piccolo ’ utente sia sempre solo. D’altra parte questo linguaggio fatto di in-put e out di circuiti e frequenze, di variabili, impulsi e pulsanti digitali come potrebbe coinvolgere nel gioco, per esempio, la mamma, i genitori o i nonni? E d’altra parte alcuni di questi giochi portano l’avvertimento: -Troppo difficile per gli adulti». Quali sono allora i giochi e i giocattoli permessi anche agli adulti? Quelli con cui si può giocare, raccomandati dagli psicopedagogisti che ricordano con malcelata nostalgia il gioco dell’oca, e la tombola degli animali capaci un tempo di radunare tre generazioni almeno intorno a un tavolo? Per restare sempre fra gli elettronici — che naturalmente saranno i best-sellers del 1979 — c’è per esémpio «Wall Street», un Monopoli riveduto e corretto con il computer che dà le quotazioni del rialzo e ribasso delle azioni, della vendita e acquisto dei lingotti d’oro, argento e rame. Che allegria. E c’è la battaglia spaziale elettronica col monitor calcolatore delle diverse zone di guerra fra le galassie. Forse la mamma può ancora giocare col suo bambino di tre anni a cui è dedicato il più facile — ma forse più divertente — gioco elettronico: una matita collegata a un piccolo amplificatore che passando e ripassando su una tastiera disegnata su un cartoncino crea musichette e suoni o soltanto rumori, che però sono quelli voluti da chi muove la punta di grafite». (Giulia Borgese sul Corriere della Sera)
«[...] Poi ha cominciato a parlare lui, Grotowski. E raramente lo si è sentito più appassionato e partecipe. Ora, davvero, parlando del romanticismo polacco, fenomeno che non ha riscontro per le sue implicazioni esistenziali e sociali nelle culture di altri paesi, - risposta della vita alla storia -, andava alle sue radici e nello stesso tempo in qualche modo usciva allo scoperto: non più avvolto, cioè, come ci era apparso finora, nelle teorizzazioni, spesso finalizzate a fini teorico-critici, ma anche deformanti, dei suoi esegeti. La continuità di una cultura, lo sbocco naturale di una tradizione, adattata, con genialità, attraverso il ritorno all’essenziale, alle nuove esigenze espressive, trasparivano nelle sue parole. Ha parlato a lungo, rispondendo a domande, ma più spesso traendone lo spunto per nuove variazioni e precisazioni, con quel suo caratteristico sistema dialettico, della progressione nell’argomento attraverso una serie di successive esclusioni. Non una parola sulle esperienze delle attività cosiddette para-teatrali, su cui pure il CRT ha già programmato, con il Laboratorio di Wroclav, un nuovo seminario per il prossimo autunno. Ma è chiaro che molti dei temi trattati da Grotowski a quelle esperienze alludevano; soprattutto quando ha parlato di liberazione dagli stereotipi e dalle maschere (sociali e teatrali) di ciò che egli chiama, coniando un verbo nuovo, il «disattorizzarsi», cioè cessare di rappresentarsi per «essere», semplicemente. Ecco: ma l’impressione di chi ascolta è che sia giunto a una svolta, il Gran Capo della ricerca teatrale. Un giorno, e magari neanche tra non molto, tornerà a fare spettacoli, vedrete (Roberto De Monticelli riferisce, sul Corriere della Sera di oggi, intorno alla giorni grotowskiana che, per iniziativa del CRT - Centro di ricerca per il teatro -, si è tenuta sabato e domenica al Palazzo della Permanente, con una tavola rotonda cui hanno partecipato studiosi, critici e qualche teatrante e un pubblico abbastanza numeroso).

Andrea Pazienza
Bruce Chatwin è a Albany, Londra. Spedisce a Clarence Brown una cartolina dei Wrapped Walk Ways di Christo, 1977-78, Loose Park, Kansas City, Missouri (4,4 chilometri di sentieri coperti da 12.540 metri quadri di stoffa). Scrive: «Non saprei spiegare perché, fra tutte le cartoline, lei debba ricevere proprio questa. È l’unica che ho trovato in giro. Saluti, Bruce Chatwin».

I sentieri che Christo ricoprì di stoffa nel Loose Park di Kansas City

Marcel Jouhandeau con la moglie Elise
Kevin MacKenzie disegna per la prima volta faccine adoperando i soli segni di interpunzione. Nascono, cioè, gli «emoticon».

Mino Maccari fotografato da Pino Settanni
Lo scrittore Lucio Mastronardi, 49 anni, è scomparso da martedì mattina. E’ uscito dall’abitazione di via Naviglio Sforzesco 24, vicino a piazza Ducale, nel cuore della vecchia Vigevano, verso le 7.50 per recarsi in ospedale e poi ha fatto perdere le proprie tracce. La moglie Lucia Lovati, 38 anni, insegnante elementare, dopo una giornata di vane ricerche presso parenti e conoscenti, ieri mattina si è recata in commissariato e ha denunciato la scomparsa del marito al vice questore, dottor Pedone. La donna appare gravemente preoccupata per il marito, che negli ultimi tempi era molto depresso. Recentemente Lucio Mastronardi era stato ricoverato per circa un mese al Policlinico di Pavia per una grave malattia. Le prime indagini svolte dalla polizia hanno permesso di accertare che Mastronardi lunedì mattina si è recato in ospedale a Vigevano, dove è stato notato da alcuni infermieri, senza tuttavia sottoporsi a prelievi di sangue per alcune analisi cosi come aveva detto alla moglie prima di uscire di casa. Secondo le testimonianze raccolte dagli inquirenti lo scrittore è stato visto per l’ultima volta alla stazione ferroviaria della città lomellina. Erano circa le nove e trenta. Non è stato possibile stabilire se Mastronardi è salito sul treno. La cosa, comunque, appare probabile. Per questo gli agenti del commissariato di Vigevano hanno esteso le ricerche in tutta la Lombardia. Al momento della scomparsa lo scrittore indossava pantaloni di velluto blu, una giacca di lana con risvolti in renna e camicia di colore beige. In tasca, secondo quanto ha dichiarato la moglie agli inquirenti, Mastronardi aveva pochi soldi; non più di ventimila lire. La moglie Lucia Lovati per tutta la giornata di ieri è rimasta in fiduciosa attesa assieme alla figlioletta Maria di cinque anni nella casa di via Naviglio Sforzesco. Al vice questore, dottor Pedone la donna ha detto: “E’ la prima volta che mio marito manca da casa per tutta la notte. Altre volte, invece, era rientrato con un certo ritardo, anche di due o tre ore. Non vorrei che avesse commesso qualche sciocchezza». Già nel novembre 1974 Mastronardi aveva tentati di uccidersi gettandosi dal balcone di casa, al quinto piano (Giuseppe Gallizzi sul Corriere della Sera del 26 aprile)
VIGEVANO (Pavia) — Man mano che passano le ore, diminuiscono le speranze di rintracciare ancora vivo lo scrittore Lucio Mastronardi, 48 anni, l’autore di «Il maestro di Vigevano». Per tutta la giornata di ieri, i vigili del fuoco hanno scandagliato le acque del Ticino, dopo che nella prima mattinata è giunta in commissariato la segnalazione di un ragioniere vigevanese. Secondo quanto questi ha riferito al dottor Pedone, vicequestore dirigente del locale commissariato, Lucio Mastronardi la mattina di martedì alle 9.20 si trovava sul ponte del Ticino ai confini tra Vigevano e Abbiategrasso; Mastronardi era uscito di casa verso le otto dicendo alla moglie che si sarebbe recato in ospedale per alcune analisi. In nosocomio però l’uomo si è fatto soltanto vedere per qualche minuto, ma non è stato sottoposto ad alcuna visita. «Pioveva a dirotto — ha detto il ragioniere — e Mastronardi era a piedi, bagnato fradicio. Si stava dirigendo verso Abbiategrasso. Io rientravo da Milano e non ho dato molta importanza al fatto, anche perché lo conosco bene. Poi, quando attraverso la radio e i giornali ho saputo della sua scomparsa, mi sono preoccupato di segnalare l’episodio». La moglie dello scrittore, Lucia Lovati di 38 anni, vive momenti di drammatica attesa nella sua casa in via Naviglio Sforzesco 24, la stessa da dove — nel novembre di cinque anni fa — Mastronardi in un momento di sconforto si buttò dal quinto piano. La caduta venne attutita dal baule di una autovettura sul quale lo scrittore precipitò rimanendo solo ferito. Mastronardi guari dopo due mesi di degenza in ospedale. La signora Lovati continua a tenere contatti telefonici con la polizia. La donna ha lanciato anche un appello attraverso le radio locali. C’è chi dice di avere visto Mastronardi alla stazione ferroviaria, chi in corso Milano, chi sulla provinciale per Pavia. Tutte le segnalazioni vengono vagliate con particolare attenzione, ma la scomparsa di Mastronardi rimane — a tre giorni di distanza — un vero e proprio mistero. Le ricerche, sospese ieri all’imbrunire, saranno riprese questa mattina sempre nel fiume Ticino, in direzione di Pavia. Sono ricerche difficili e laboriose — sottolineano gli inquirenti — perché il fiume ha un’estensione vastissima ed è costellato di insenature e fosse. (dal Corriere della Sera del 27 aprile)
VIGEVANO - «Cara Lucia, non ce la faccio più. Grazie per avermi voluto bene e assistito. Grazie per la Maria. Perdonami, tuo Lucio». Poche brevi righe drammatiche, scritte con grafia incerta sul foglio a quadretti di un blocknotes. Forse rappresentano l’ultimo scritto di Lucio Mastronardi, 48 anni, l’autore del romanzo «Il maestro di Vigevano». Lo scrittore è scomparso da martedì mattina dopo avere detto alla moglie Lucia Lovati, 38 anni, che sarebbe andato in ospedale per analisi del sangue. La lettera d’addio trovata dalla moglie soltanto ieri mattina in uno dei cassetti della scrivania ha reso più improbabili anche le ultime residue speranze di trovare ancora vivo lo scrittore. Ora le ricerche nel Ticino sono state intensificate. I vigili del fuoco hanno continuato a scandagliare il corso d’acqua fino a Pavia. Da oggi le battute per cercare di recuperare il corpo verranno circoscritte a 300-400 metri di distanza a valle del ponte ferroviario, da dove si presume che Lucio Mastronardi abbia messo in atto il disperato proposito. Prima di fare intervenire i sommozzatori del gruppo di Genova, si cercherà anche di scandagliare le decine e decine di insenature e fosse che costellano la vallata del fiume. Verranno ispezionati anche i numerosi capanni che sorgono ai margini del Ticino. Lo scrittore — dicono amici e conoscenti — conosceva queste zone alla perfezione per averle ampiamente descritte nei suoi romanzi e racconti. «Un maestro — dicono a Vigevano — aveva un amore per il fiume. A volte vi passava intere giornate in solitudine con i suoi problemi, le ansie, le insoddisfazioni di una vita sempre movimentata e introversa». Forse pensando alla sua malattia Lucio Mastronardi ha scritto l’ultimo messaggio alla moglie e alla figlioletta e ha deciso di farla finita. Quando martedì mattina verso le 7,50 è uscito dalla sua abitazione di via Naviglio Sforzesco 24, aveva già fissato il suo appuntamento con la morte e le è andato incontro sotto l’acqua scrosciante, rivivendo scene descritte nel suoi libri. In via Milano, dal solito giornalaio ha comprato un quotidiano del mattino e si è incamminato verso il passaggio a livello, in direzione del ponte sul Ticino dove si perdono definitivamente le sue tracce. (Giuseppe Gallizzi sul Corriere della Sera del 28 aprile)
ROMA — È morto a Roma, per collasso cardiaco, nella sua casa di piazza dei Carracci, Ugo Spirito, uno dei massimi esponenti della nostra cultura filosofica. Era nato ad Arezzo il 9 settembre 1896 e, partito dal giovanile cattolicesimo, si era convertito presto al positivismo per aderire poi ardentemente all’attualismo, schierandosi con la sinistra gentiliana. Nel 1932 fu il maggior esponente della dottrina corporativa, sognando uno stato etico e una «corporazione proprietaria» superatrice della proprietà privata oltre che dei contrasti di classe. Conseguenza di questa sua scelta, l’emarginazione dal sistema fascista, che nel 1935 gli tolse la cattedra di Economia corporativa occupata a Pisa per confinarlo nell’insegnamento della filosofia a Messina. Nel 1936 ottenne la cattedra di teoretica all’università di Genova e nel 1938 passò a Roma alla facoltà di magistero.Nell’immediato dopoguerra fu sottoposto a un processo di epurazione da cui usci prosciolto con formula piena, e finalmente ottenne nel 1952 la cattedra alla facoltà di lettere e filosofia all’università di Roma. Con Volpicelli fondò, nel 1927, la rivista Nuovi studi di diritto economia e politica. È stato fino all’ultimo, dopo aver abbandonato l’insegnamento universitario per raggiunti limiti di età, presidente della «Fondazione Giovanni Gentile» per gli studi filosofici, direttore del Giornale critico della filosofia Italiana, direttore della collana I classici della filosofia (editore Sansoni), direttore della Storia antologica dei problemi filosofici in otto volumi.

Ugo Spirito
VIGEVANO — L’ha trovato un pescatore, là, immerso nel suo Ticino che tante volte aveva descritto nei suoi romanzi. Il suo corpo è «stato conservato perfettamente dall’acqua gelida. I sommozzatori dei vigili del fuoco di Milano hanno impiegato più di tre ore per issarlo a bordo della barca e strapparlo al ramo dove era impigliato. Lo scrittore Lucio Mastronardi non aveva dato più notizie di sé da martedì scorso. L’ultima volta era stato visto da un amico sul ponte che attraversa il fiume alla periferia di Vigevano. Pioveva a dirotto e l’amico, che si trovava imbottigliato in una colonna di auto, non ha fatto in tempo a chiamare lo scrittore. Ieri mattina verso le 10 un pescatore, Claudio Cesani, mentre si trovava a bordo della sua barca a motore, ha intravisto, a circa mezzo metro di profondità e a quattro metri dalla riva, un corpo sospeso nell’acqua del Ticino. Immediatamente è tornato a riva ed ha dato l’allarne. Da qualche giorno tutte le barche in navigazione sul Ticino erano condotte da uomini con gli occhi puntati nell’acqua o intenti a scrutare le rive. Polizia e carabinieri sono giunti in riva al Ticino alle 11. I sommozzatori invece, che stavano perlustrando il fiume qualche chilometro più a nord, sono giunti nei pressi della località «Pubiè» (cioè Pioppeto) dove era stata segnalata la presenza del corpo nell’acqua, un po’ più tardi. Quella che sembrava una facile operazione si è dimostrata estremamente difficoltosa. Gli indumenti dello scrittore si erano impigliati ad un ramo in un punto del fiume dove la corrente è estremamente violenta. I due sommozzatori dei pompieri di Milano, Nicola Galizia e Gino Villa, hanno dovuto lavorare oltre tre ore per imbrigliare il cadavere con una corda che impedisse al fiume, una volta liberato il corpo, di portarselo via. Su una barca ad osservare e guidare le operazioni c’erano anche il commissario di Vigevano, Giorgio Pedone, e il procuratore della Repubblica, Antonio La Penna. Infine il corpo di Mastronardi è stato issato a bordo. Vigevano detiene un triste primato, quello dei suicidi. «Ma questa volta — dicono in un ristorante — non è la solita roba. Questa volta si è trattato di un artista, del nostro artista». Massimo Alberizzi sul Corriere della Sera del 29 aprile)

Lucio Mastronardi e il Ticino
«Un anonimo redattore di “Controinformazione”, rivista vicina alle Brigate Rosse, adopera a proposito delle edizioni Adelphi la parola “dissoluzione”. L’articolo si intitolava “Le avanguardie della dissoluzione” e definiva la Adelphi “aurea struttura portante della controrivoluzione sovrastrutturale”. Il legnoso estensore guardava con preoccupata ammirazione quel catalogo di autori eccelsi e un po’ tenebrosi “al cui fascino si piegano devotamente i rivoluzionari stessi”. Il Don Giovanni editoriale, dunque, prima che dissoluto era dissolutore, e chissà che i brigatisti non avessero in mente il “Verdampfen” della nota frase di Marx ed Engels: “Tutto ciò che è solido si dissolve nell’aria”» (Guido Vitiello).
A Castelporziano, spiaggia di Roma, si apre il Festival di poesia, che si concluderà il 1° luglio.
Esce Un uomo di Oriana Fallaci, romanzo ispirato ad Alexandros Panagulis. La dedica del libro: «Ghia sena. Per te». È il titolo di una poesia che Panagulis aveva scritto per lei.
A causa di un’emorragia cerebrale muore a Stamberg, in Germania, il filosofo tedesco Herbert Marcuse. Aveva 88 anni.
Salinger scrive a Michael Mitchell: «Ho dovuto avere a che fare con due universitari del cavolo che mi hanno fotografato per il loro giornaletto davanti all´ufficio postale: andassero tutti al diavolo». Dopo aver parlato di una vecchia signora e di una coppia di Biarritz, Salinger racconta dei suoi figli, Matthew è al secondo anno di università, Peggy è sposata e vive a Boston. Che disastro invece l´ultimo viaggio a New York. Mangia cibo indiano e cinese, va a vedere il musical Ain´t Misbehavin´, che però detesta. «Troppo leccato, teatrale: tremendo». L´unica cosa che lo diverte è una corsa in metro, «attraversando la città in una notte calda d´estate.
Nessuno (proprio nessuno) osa avvicinarsi alla piazza di Palermo dove la grande fotografa Letizia Battaglia ha messo in mostra i suoi scatti sui “padroni” della Sicilia.
Esce l’edizione americana di Penthouse, «rivista di sesso, politica e protesta». In copertina la bruna Evelyn Treacher. Costo 75 centesimi. Se ne vendono 235mila copie.
A Milano è morto Giovanni, detto Giò, Ponti, uno dei più grandi designer e architetti italiani, fondatore delle riviste Stile e Domus. Aveva 86 anni.
Essendosi Prezzolini lamentato con Montanelli del fatto che il Giornale abbia ripreso la voce di una sua possibile vittoria al Nobel (««Io non sono uno scrittore, sono soltanto uno che scrive e vende i suoi scritti a chi li vuole pubblicare in giornali o libri»), Montanelli così gli risponde: «Caro Prezzolini, la notizia non era passata sotto i miei occhi. Quando la lessi già stampata, mi dissi: “Ora c’è da sentirlo...”, e infatti ti abbiamo sentito. Ma, visto che siamo in argomento, e anche a costo di farti prendere un’altra delle tue solite arrabbiature (che, a quanto pare, fanno bene alla tua salute, se seguiti a prenderle da quasi novantott’anni), lascia che ti dica fino in fondo ciò che penso. Non te lo daranno di certo, ma il Nobel a Prezzolini farebbe molto più onore al Nobel che a Prezzolini. Così come il Senato a vita farebbe molto più onore al Senato che a Prezzolini, il più grande animatore, ispiratore e impresario della cultura italiana di questo secolo. Ecco, ora l’ho detta e tiéntela. Toglimi pure il saluto, o scrivimi una seconda lettera di protesta: te la pubblicherò. Ormai ho perso ogni speranza di liberarmi di te, mio bisbetico e insopportabile, ma inimitabile e sempreverde maestro. A costo di procurarti addirittura un travaso di bile, ti avverto che noi del Giornale ci apprestiamo a erigerti una statua per il tuo centenario. E, salvo quelli a Stalin, il tuo sarà – credo – il primo monumento dedicato a un vivente».
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